Il cuore del pesce di Claudia Lo Blundo Giarletta

Il cuore del pesce di Claudia Lo Blundo Giarletta

Fuori concorso

Tema: Caldo

Adesso che tutto era finito doveva solo aspettare e nel frattempo, come si sentiva dire da chi l’avvicinava, doveva rasserenarsi.
Aveva sostituito il camice verde con quello bianco e ora non si allontanava dalla postazione che aveva scelto: il grande vetro che la separava dalla camera di rianimazione.
Voleva trovarsi li quando lui si sarebbe risvegliato. Si, si sarebbe svegliato! Era fiduciosa: il ticchettio regolare della macchina alla quale era collegato le faceva capire che tutto stava procedendo bene.
A un tratto l’assalì un’interna agitazione. Se ne meravigliò ma poi capì: ora stava scaricando l’adrenalina accumulata con la tensione emotiva e fisica vissuta in quelli che erano stati veramente pochi minuti cruciali ma che a lei erano sembrati interminabili. Solo quell’adrenalina le aveva dato la possibilità di essere fredda, decisa, determinata.
C’era stato un momento in cui aveva creduto che la sua razionalità stesse facendo a pugni con quel minimo di emozione che tentava di sopravvivere e resistere alla sua improvvisa freddezza.
Lui era li, steso dinanzi a lei e sembra volesse dirle: vedi come mi hanno ridotto?
No, lo aveva corretto lei mentalmente: vedi come ti hanno preparato?
Vederlo disteso, inerte, gli aveva portato alla mente l’immagine di un agnello sgozzato.
Occorreva fare presto e se fosse stato possibile, per recuperare qualche minuto importante, avrebbe voluto dare lei il primo colpo, quello che gli aveva squarciato il torace.
Aveva sobbalzato quando aveva sentito come lavoravano i suoi colleghi: era così che trattavano quei poveracci che capitavano nelle loro mani?
Si, era così e lo sapeva: era necessario, strano a dirsi, ma era per il loro bene.
Senza tanta buona grazia, gli avevano squarciato il torace: un colpo ben assestato, là dove era stato necessario, per ottenere l’effetto voluto.
Avrebbe detto che era stato un colpo rabbioso, forse perché rabbiosa era l’ansia che la sorreggeva
tra gli sguardi preoccupati dei pochi presenti che non sapevano come intervenire: quelli capivano il motivo della sua rabbia, ma avrebbero voluto farle capire che ormai era chiaro quanto fosse inutile infierire.
Quasi avesse percepito i pensieri dei presenti, lei aveva reagito mentre una sensazione di freddo intimo l’aveva inondata in tutta la persona e l’aveva fatta sentire come un automa:
“Fate presto, tocca a me!”
Nessuno dei pochi presenti avrebbe potuto fare quello che, purtroppo, poteva fare solo lei.
E di sicuro nessuno dei presenti avrebbe voluto trovarsi in quella situazione tragica.
E se avesse sbagliato?
Un attimo di indecisione: aveva avuto paura di non riuscire a completare quello che andava fatto!
Aveva detto a se stessa che la sua mano non doveva sbagliare nel dare bene il colpo finale, quello giusto: ma era stato necessario azzerare anche la sua emotività, la sua affettività.
Ora il cuore era del tutto scoperto, lì, dinanzi a lei; sembrava sul punto di dare gli ultimi battiti e, forse, nello stato in cui era ridotto, qualunque cosa gli fosse stata fatta sarebbe stato solo un modo come un altro per infierire su di lui.
Le venne in mente che, da ragazzina, amava esaminare le interiora dei pesci grandi e una volta, nel piccolo groviglio di quel materiale puzzolente, aveva trovato un cuore abbastanza grosso da poter essere aperto. Era un cuore strano, sembrava un piccolo sasso rosso a forma triangolare: lo aveva aperto per vedere se anche i pesci hanno i ventricoli.
Ma perché quel ricordo le veniva in mente in quel momento?
Adesso non aveva un cuore da esaminare, adesso doveva lottare contro quel cuore che gli stava dinanzi, voleva vincerlo, voleva…!
Poi, tra lo stupore dei pochi presenti, inserì due dita della mano sinistra nella cassa toracica, per toccare quel cuore che ancora palpitava, pur se in maniera sempre più flebile.
I presenti si guardarono tra loro: cosa stava facendo? Perché toccava quel cuore, o forse…no…forse voleva carezzarlo?
Tra lei e il cuore passò un intimo colloquio: era morbido, emanava un calore che per un attimo sciolse la barriera di ferro, di insensibilità, che lei aveva eretto attorno al proprio cuore. La sorprese constatare che il cuore fosse ancora caldo, un caldo strano, non di calore ma quasi uno scambio di vita…era ancora vivo! Ma per quanto tempo lo sarebbe stato ancora? Doveva agire subito.
E allora, mentre continuava a carezzare quel cuore, inaspettato, quasi a tradimento, con la rabbia che per un attimo la sua sensibilità aveva tenuta lontana, inferse al muscolo un colpo improvviso, deciso, così ben assestato che fece sobbalzare i pochi presenti ancora assorti dalla visione di quella pseudo carezza.
Nessuno disse nulla: ormai, non si poteva tornare indietro, dato quel primo colpo, tutti lo sapevano, lei avrebbe proseguito quel che aveva iniziato.
Quando tutto era finito, dai suoi occhi, protetti dagli occhiali di chirurgo, erano uscite fuori due lacrime come di gratitudine per essere riuscita in qualcosa di insperato perché quello che era stato appena chiuso non era il cuore di un pesce su cui curiosare, era il cuore di suo figlio e lei, lei sola lo poteva salvare e, forse…lo aveva salvato!

9 Risposte a “Il cuore del pesce di Claudia Lo Blundo Giarletta”

  1. Questo racconto mi ha particolarmente toccato… Claudia brava come sempre.

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