Occhi di Luna di Ramona Di Ventura

Occhi di Luna di Ramona Di Ventura

Genere: Drammatico

Ognuno di noi ha un compito da portare a termine.
Selene si aggiustò meglio il niquab che le copriva tutto il volto, ad eccezione degli occhi, azzurri e luminosi come poche donne della zona potevano vantare. Teneva la testa bassa, per non rischiare che i suoi occhi la tradissero. La conoscevano in molti in quel quartiere, uno dei più pericolosi e malfamati di Medina, e la conoscevano soprattutto con l’epiteto “occhi di luna”. E ora che si trovava in missione segreta, nessuno doveva accorgersi di lei. Si muoveva velocemente per le stradine affollate e polverose, camminando vicino ai muri delle casette, cercando di non andare a sbattere contro gli altri passanti. Un gruppo di bambini che correva, forse alle prese con qualche gioco, le tagliò la strada talmente all’improvviso che Selene rischiò di cadere per terra, lunga distesa. Riuscì a recuperare l’equilibrio in tempo per aggrapparsi ad un muro, graffiandosi però tutti i polpastrelli. Riprese a camminare, più velocemente. Doveva sbrigarsi se voleva davvero essere d’aiuto. Svoltò l’angolo un paio di volte e si trovò di fronte ad una casa più malandata delle altre. Non bussò alla porta principale. Si diresse sul retro e cercò il punto in cui non l’avrebbe vista nessuno. Si guardò attorno diverse volte, prima di salire su un bidone di spazzatura e scavalcare la recinzione che proteggeva il cortile. Quando fu all’interno, si spolverò il lungo e nero niquab e si diresse furtiva verso un’apertura nel muro della casetta.
-Fadwa… Fadwa, sono qui. – bisbigliò, entrando cautamente nell’abitazione. La stanza era buia e l’aria calda e polverosa le seccava la gola e le faceva bruciare gli occhi. Il solito odore di stantio le invase le narici.
– Fadwa!-
Selene oltrepassò il salottino e si diresse verso la stanza da letto dove spesso Fadwa la aspettava, in seguito alla nascita della bambina. La trovava lì, a cullarla tra le braccia, cantando una nenia che profumava di riti ancestrali di un passato magico. La bambina gorgogliava, gli occhi color ambra che luccicavano come gioielli e le manine paffute che sfioravano il viso sereno della mamma. Selene poteva scorgere la felicità in quel viso, troppo spesso teso per la paura in cui Fadwa doveva vivere costantemente.
Quel giorno invece non si sentiva nessuna ninna nanna. La bambina era nella sua culla e dormiva, Fadwa rannicchiata in un angolo, si copriva il viso con le mani, immobile.
“ Fa che non sia come penso!”
Selene le si avvicinò e le prese le mani nelle sue. Il volto di Fadwa era alterato da lividi scuri. Le labbra erano tumefatte e ancora lievemente sanguinanti. L’occhio destro, violaceo, era grande il doppio dell’altro.
– Ti ha picchiata di nuovo.-
Selene lo disse senza nessuna inflessione particolare nella voce. Ormai non si stupiva più. Il marito di Fadwa era alto e robusto, con mani enormi e piedi altrettanto. Quella povera donna subiva le sue violenze in continuazione. L’aveva picchiata anche durante la gravidanza, quando aveva scoperto che la creatura che aveva in grembo non era un maschio. Il sapore amaro della bile invase la bocca di Selene, ripensando alle confessioni di Fadwa sui comportamenti del marito.
Erano passati circa sei mesi da quando era partita per l’Arabia Saudita con un’associazione umanitaria per prestare servizio come medico. E in quei sei mesi aveva visto bambini venduti al mercato, donne uccise a colpi di pietre e picchiate in mezzo alle strade. Avrebbe dovuto esserci abituata ormai. E invece non riusciva a vedere tali azioni come normale routine.
– Forza, tirati su. Ce ne andiamo.-
La donna la fissò impaurita e scosse il capo, con lo sguardo stralunato. Selene la prese per le spalle e la fece alzare in piedi.
– Prendi le cose più necessarie, al resto penseremo noi. Stanotte ti facciamo scappare insieme ad altre donne. Sarete libere Fadwa. Libere.-
La giovane donna, incapace di parlare, guardò terrorizzata verso la culla.
– Porterai anche la bambina, Fadwa. Fallo per lei. Hurriya merita di avere un futuro. –
Rimase a guardarla per un po’, la sua piccola dolce creatura. Poi annuì con un cenno secco e determinato.
Poco dopo stavano ripercorrendo le strade in cui Selene prima aveva camminato da sola. Le operazioni di espatrio, “le fughe”, andavano avanti da mesi e servivano a salvare la vita a molte donne e bambini che venivano maltrattati. Quella notte sarebbe toccato anche a Fadwa. Selene aveva preso a cuore il suo caso. L’aveva aiutata a mettere al mondo la sua Hurriya. Libertà.
Selene faceva parte degli accompagnatori del gruppo di fuga quella sera. Aveva uno strano presentimento, come se da quella spedizione dipendesse la sua salvezza spirituale dopo la morte. Selene non sapeva se credere all’aldilà come è comunemente descritto. Sapeva solo che aveva paura, come non ne aveva mai avuta prima.

Un fucile.
Un proiettile nella sua schiena.
Fadwa che la fissava terrorizzata e in lacrime.
– Va’, non fermarti, continua a correre!-
Sentiva un forte dolore al rene sinistro, che si allargava come una ragnatela e le imprigionava tutto il corpo. Fino al cuore.
La sua paura era fondata, in fondo.
Qualcosa era andato storto e un gruppo armato li aveva seguiti, sparando all’impazzata. Selene, occhi di luna, aveva sacrificato la sua vita, per salvare la libertà di donne senza speranze e piene di paure. Occhi di luna aveva compiuto il suo destino, aveva adempito al suo compito.
Libertà.

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6 Risposte a “Occhi di Luna di Ramona Di Ventura”

  1. Voto questo testo! Viva le donne coraggiose che si sacrificano per gli ideali e viva le brave scrittrici

    1. Grazie di cuore! ogni volta che ricevo un commento, un segno che qualcuno abbia letto qualcosa di mio, mi viene da piangere dalla gioia!

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