Vite di porcellana di Ramona Di Ventura

Vite di porcellana di Ramona Di Ventura

Genere: Realismo/Psicologico

Una bambina fruga nei bidoni della spazzatura all’angolo della strada. Indossa ciò che la sua mamma è riuscita a cucirle con la stoffa di un suo vecchio vestito. Ha i capelli biondi legati in due trecce, lunghe fino ai fianchi. La sua mamma glieli lava con acqua e aceto una volta a settimana. Le manine della bimba sono già arrossate e screpolate come quelle della sua mamma. Continuano a frugare, in cerca di qualcosa da poter usare o di un giocattolo con cui passare qualche ora spensierata. La sua mamma le ha raccomandato di non prendere cibo da quei bidoni. È meglio soffrire un po’ la fame, piuttosto che ammalarsi mangiando qualcosa di avariato, le dice sempre. La piccola fruga in maniera educata, come se non volesse disturbare le decine di sacchi ammassati lì intorno. La sua mamma le ha insegnato le buone maniere, perché l’educazione sta bene ovunque, anche tra i poveri. Finalmente, in una busta nera più lucida delle altre, la bambina trova qualcosa di meraviglioso: quattro bambole di porcellana, con i visi puliti e levigati, occhi contornati di lunghe ciglia dipinte e morbidi riccioli ad incorniciare i loro visi. Hanno ancora i cappellini incollati in testa, ma i vestiti non ci sono più. Qualcuna ha i mutandoni di pizzo e i guanti di seta, la più bella ha un filo di finte perle intorno al collo, ma i vestiti, che dovevano essere davvero magnifici, sono spariti, lasciando scoperti il corpo di pezza e gli arti di porcellana di quelle creature inanimate. Alla bambina non importa molto. Le prende con sé e le porta a casa. La sua mamma non c’è, ma tornerà presto. La piccola le chiederà di aiutarla a cucire qualche vestito per loro, come hanno fatto per la bambola di stoffa grezza che tiene con sé durante la notte. Nel frattempo, la bimba adagia sul letto le sue nuove compagne di giochi e le osserva. A ben vedere, hanno i capelli un po’ scarmigliati, così decide di inventare per loro nuove acconciature. Prende la sua umile bambola. La sua mamma le ha fabbricato dei lunghi capelli con le fibre di una vecchia corda. La bambina ne taglia dei pezzi e inizia a intrecciarli con i riccioli delle belle bamboline, come la mamma fa ogni mattina coi suoi capelli. Più gli intrecci diventavano complessi, più le bambole assomigliano le une all’altra, unite da un comune destino. I resti dei bei vestiti preziosi, che avevano indossato un tempo, testimoniano la loro provenienza da un ceto più agiato. Ora però avrebbero passato il resto della vita in una casetta spoglia e fredda, dove la ricchezza era solo un lontano ricordo. Proprio come era stato per la sua mamma, quelle bambole erano state buttate via quando ne erano arrivate di nuove, forse più ricche e più belle. Quando le acconciature sono concluse, la bambina dispone le creature in bell’ordine, accanto alla sua bambola più vecchia. In fondo, non sono poi così diverse. In fondo, sono un po’ come gli esseri umani: abbiamo tutti gli stessi problemi, gli stessi dubbi, le stesse paure, gli stessi sogni. A conti fatti, sotto i vestiti siamo tutti molto simili, intrecciati gli uni agli altri da invisibili corde, da sottili fili lucenti mossi da uno stesso burattinaio.

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