Il sogno di Kemal di Anna Cibotti

Quel pomeriggio era pieno di luce.
Il vecchio uscì dalla capanna di fango e paglia che, come poche altre, formavano il piccolo villaggio africano.
La sua casa.
Il suo mondo.
Alcuni ragazzi scalzi e vocianti si rincorrevano attorno all’albero frondoso posto al centro dello spiazzo arido e polveroso.
Lui li osservava sorridente.
Di lì a poco il sole avrebbe tinto d’arancione l’orizzonte e il suo improvviso tramonto avrebbe lasciato posto alle lunghe ombre della notte.
Come ogni giorno, sarebbero tornate le donne uscite per la provvista d’acqua.
Le avrebbe viste arrivare una dopo l’altra, silenziose e rassegnate, con le facce lucide di sudore e le vesti colorate.
Si stagliavano nella luce polverosa come fiori variopinti in mezzo al giallo spento della natura.
Come ogni giorno.
Come sempre.
Il vecchio canuto appoggiò il bastone sulla soglia e si sedette ad aspettare il tempo.
Era nero come l’ebano e le rughe profonde gli scolpivano il viso come una scultura lignea.
Il suo nome era Kamal e se ne stava lì, con la testa inclinata sul petto scarno, assorto in chissà quali pensieri, quando sentì il tocco di una mano leggera sulla spalla.
Era Kim, il più piccolo dei ragazzini del villaggio.
– Nonno – gli chiese.
– A cosa stai pensando?-
” Mi hanno raccontato che in certi luoghi lontani, le montagne, gli alberi, e le case sono coperte da una coltre bianca.
E’ la neve, che cade dal cielo come la pioggia ma è più grossa e bianca come farina.
Dicono che quando c’è il vento i suoi candidi fiocchi volteggiano nell’aria come farfalle.
Ci pensi Kim……come sarebbe bello poterla vedere almeno una volta!”
– Quando sarò grande, nonno, ti ci porterò io a vedere la neve!-
Gli prese la mano ossuta e rugosa tra le sue e rimasero lì a sognare insieme.
Prima del nero della notte……il loro sogno immacolato.