L’incontro di Paolo Fiorino

La individuò da lontano. Era davvero bella. Molto di più di quanto si aspettasse. Era alta poco meno di lui, magra ma non troppo, aveva capelli neri tagliati a caschetto e due splendidi occhi verdi.
E poi dicono che in chat si conoscono solo uomini, pensò.
Si avvicinò e si presentò. Lei lo gratificò di un sorriso luminoso.
– Dove vuoi andare? le domandò, con un po’ di imbarazzo.
Lei alzò le spalle e disse con noncuranza: – Facciamo quattro chiacchiere davanti a una tazza di caffè.
Aveva scelto di vederlo un luogo frequentato, non se ne stupiva. Era stata prudente fin dal principio e fino a quel momento non gli aveva dato modo di capire chi fosse davvero o dove abitasse.
Sedettero in un bar del corso Vittorio Emanuele, all’aperto.
– Perché hai voluto vedermi? – esordì lei.
Questa domanda giunse un po’ inaspettata. – Credevo che lo sapessi.
– Lo immagino, però voglio sentirlo da te.
– Perché ho voglia di conoscere una persona che mi aiuti a ricominciare.
Pareva una cosa fin troppo ovvia, però in realtà non lo era.
Lei annuì e domandò: – E perché la cerchi proprio in una chat?
Questa domanda se l’era posta almeno un milione di volte. La risposta che si era sempre dato era forse la più semplice, ma a volte lui stesso dubitava che fosse quella giusta.
– Perché così è più facile. Sono un po’ timido e spesso non riesco a dire quello che penso. Se non vedo l’altra persona le parole mi vengono più facilmente.
Lei non sembrò affatto convinta. – Sinceramente non mi sembra che tu sia timido né che tu abbia difficoltà a esprimerti.
– No. Effettivamente con te è diverso. Mi trovo a mio agio, mi pare di conoscerti da sempre – si difese Giovanni.
– Mi fa piacere.
– E tu?
– E io cosa?
– Cosa cerchi nella chat?
– Qualcosa… non lo so nemmeno io.
Restarono per un attimo in silenzio, poi lei lo guardò con un’espressione sicura e gli disse: – Senti…
– Dimmi.
– Vuoi venire a casa mia?
Giovanni era sempre più meravigliato. Tutta la prudenza e l’iniziale diffidenza di Angela parevano svanite nel nulla. Doveva averle fatto davvero una buona impressione.
– Certo – rispose, con gioia.
– Allora andiamo.

Dottoressa Angela Matelli, recitava una targa di ottone attaccata al muro vicino alla porta di ingresso.
– Dottoressa in cosa? domandò Giovanni, indicando la targa.
– Psicologia – rispose Angela mentre entrava in casa. Giovanni la seguì dentro l’appartamento poi la donna richiuse la porta.
– Quindi sei una psicologa?
– Sì. Ti pare strano?
– Sinceramente… un po’ sì.
– È il mio lavoro. È una cosa molto importante per me.
– Quanto importante?
– Più di ogni altra cosa. Vuoi sederti?
– Grazie.
I due si accomodarono su un divano azzurro molto confortevole. L’appartamento era grande e luminoso, con un bellissimo pavimento di marmo e piante rigogliose ad ogni angolo.
– Il lavoro non è tutto nella vita – disse lui.
– Per me sì, non c’è nulla di più importante – rispose la donna.
– E allora perché mi hai fatto venire a casa tua?
– Per il mio lavoro.
– Per il tuo lavoro? – domandò Giovanni, con una punta di risentimento. Cominciava a intuire la verità e la cosa non gli piaceva.
– Mi interessano molto le persone come te. Vorrei capire cosa vi spinge fuori dalla realtà. Perché cercate compagnia in un mondo virtuale – riprese lei.
Ora tutto era chiaro. Era questo il suo destino: incontrare solo donne che lo sfruttavano per i loro scopi. Sentì una fitta di dolore trapassargli il cuore. La delusione aveva un sapore amaro a cui non c’era modo di abituarsi.
– Quindi per te sono solo… un soggetto di studio? – domandò, scoraggiato.
Lei si rabbuiò in volto. Pareva sinceramente dispiaciuta di avergli fatto del male. – Per la verità, sì. Mi dispiace.
La sua voce esprimeva rammarico, ma questo non poteva bastare.
– Allora mi hai preso in giro?
– Non la metterei proprio su questo piano. Io volevo davvero conoscerti. Possiamo ancora essere amici – tentò inutilmente di difendersi la psicologa.
Giovanni le lasciò solo il tempo di terminare la frase e poi sbottò: – La solita storia! Voi donne usate le persone e poi le gettate via quando non vi servono più. Sei come la mia ex. Siete tutte uguali!
– È questo che ti ha fatto? Ti ha usato e poi ti ha gettato?
– Sì, è quello che fate tutte!
La tensione nell’aria era diventata palpabile. Giovanni si sentiva sul punto di esplodere. La sua rabbia era quella di un animale ferito pronto ad attaccare.
– Sei arrabbiato con me? domandò Angela, con un’espressione di sfida che sorprese Giovanni.
– Sì – rispose, quasi timidamente.
– Abbastanza da comportarti da uomo? – lo provocò la donna. La sua voce era diventata ferma e autoritaria, come se stesse tentando di rovesciare su di lui la colpa di tutto ciò che era accaduto.
– Cosa? – disse Giovanni, disorientato.
– Ho detto: abbastanza da comportarti da uomo? Sai come si fa, vero?
L’attacco adesso era diventato ancora più violento. Giovanni sentiva la propria rabbia crescere di secondo in secondo ma ancora non comprendeva contro cosa dovesse orientarla.
– Non.. non capisco… – balbettò.
– E allora perché non te ne vai? concluse la donna.
Giovanni era sbalordito. – Adesso mi butti fuori? Ma non volevi essere mia amica?
– Amica di una nullità come te? Mai! Mi fai troppa pena.
– Adesso stai esagerando.
– Tutti uguali voi uomini. Davanti alla tastiera siete eroi ma poi in realtà non avete spina dorsale. Sei solo un fallito!
– Basta! – gridò Giovanni, alzandosi e colpendola con un violento schiaffo che la fece barcollare. – Non ti permetto di parlarmi così!
Quel colpo gli aveva dato una tale soddisfazione che stentò a trattenersi dal ripeterlo.
– Sai solo picchiare chi è più debole di te, vero? Fallito! – gli gridò Angela.
– Basta! Smettila! – Giovanni alzò la mano per colpirla, ma si fermò.
– Avanti! Picchiami di nuovo! – lo incalzò lei, con una voce sibilante.
Giovanni perse definitivamente il controllo. Allungò entrambe le mani per afferrarle il collo, fermamente deciso a spezzarle un paio di vertebre. Dopo un istante però si fermò. Sapeva di non poterlo fare. Non poteva uccidere per un accesso di rabbia, non era fatto così. Si ritrasse, con un pizzico di rammarico.
– Perché ti sei trattenuto? – disse lei, allontanandosi di un passo. Pareva delusa.
Giovanni respirò profondamente un paio di volte, per riprendere il controllo dei propri nervi e poi disse: – Credevi che ti avrei ammazzata per qualche insulto? Io non sono fatto così.
– Peccato.
– Come peccato? Avresti preferito che ti avessi strangolata?
– Non te l’avrei mai permesso – disse la donna, mostrando una piccola calibro .22 che aveva estratto dalla tasca posteriore dei pantaloni.
Lui sgranò gli occhi davanti all’arma. Era una pistola minuscola, pareva quasi un giocattolo, ma non era meno letale di un’arma più grande.
– Tu sei pazza! Ma che diavolo vuoi da me?
– Speravo che avresti avuto almeno il coraggio di provarci, ma mi sbagliavo.
Angela era palesemente scontenta. Giovanni tentava ancora di far chiarezza nei propri pensieri.
– Per il mio lavoro – rispose lei, sempre tenendogli la pistola puntata contro.
– Ancora questa storia! Tu sei pazza, hai bisogno di cure!
– No, credimi.
– Ne ho abbastanza. Me ne vado – disse Giovanni. Si voltò e si incamminò in direzione della porta, ma lei lo fermò.
– Non muoverti o ti ammazzo!
Lui si voltò, spaventato, e disse: – Ma perché vuoi farlo?
Angela adesso era straordinariamente calma. Dimostrava di possedere un controllo praticamente perfetto dei propri nervi. Perché ho avuto un’idea e non ti lascio andare fino a che non dimostro che è giusta.
– Quale idea?
– È cominciato tutto quando in chat mi hai parlato della tua fidanzata che è scomparsa. Speravo che tu l’avessi uccisa e speravo di riuscire a provocarti a tal punto da convincerti a tentare di ammazzare anche me. In questo modo avrei avuto la conferma che hai l’istinto dell’assassino. Vedi… prima ti ho mentito. Il lavoro non è la cosa più importante per me. La cosa più importante è il mio hobby.
– Ma di che diavolo parli?
– Parlo del mio hobby. Colleziono assassini.
– Cosa?
– Non posso farne a meno. Colleziono profili psicologici di assassini. Con il lavoro che faccio non è affatto difficile trovarli: a volte vengono spontaneamente nel mio studio altre volte devo cercarli e la chat è un mezzo come un altro per farlo. Ho una specie di sesto senso, non mi sbaglio mai.
– Su di me invece ti sei sbagliata. Io non finirò nella tua collezione.
– Forse no, però non ne sono ancora convinta. Facciamo un altro tentativo.
– Cosa?
– Mettiamola così: adesso ti sparo. Però voglio darti una possibilità. In quel cassetto c’è una pistola. Io ti terrò sotto tiro, quindi non tentare mosse stupide. Prendi la pistola e spara dalla finestra. Se uccidi qualcuno ti salvi. O dimostri di avere la stoffa dell’assassino o muori. A te la scelta.
Giovanni scosse la testa. – Non mi serve la tua pistola.
– E perché mai?
– Perché ho la mia.
– Davvero? – la donna sorrideva. Chiaramente non credeva alle parole di Giovanni. Pensava che si trattasse di un bluff.
Era giunto il momento di togliersi la maschera. Anche se era venuto per un altro scopo non poteva più far finta di non essere ciò che era.
– Sì. Sono un poliziotto.
La donna sorrise. Bella trovata, complimenti. Però non ti salverà.
– Non sto scherzando – ribatté Giovanni, mettendosi con calma una mano sotto la giacca. Prese dalla tasca destra il tesserino di servizio e lo mostrò alla donna.
– Sei davvero un poliziotto… non posso crederci – disse la psicologa sbalordita, dopo aver guardato con attenzione il tesserino. – Comunque non hai nulla contro di me. Nel cassetto c’è solo una pistola giocattolo. Non volevo che uccidessi davvero qualcuno, mi bastava che accettassi la mia proposta per dimostrare che avevo ragione.
Giovanni prese dalla tasca destra della giacca la sua Beretta di ordinanza e la puntò contro Angela. La psicologa lasciò cadere la sua arma.
– Non mi servono le prove. Non ho intenzione di arrestarti. rispose l’uomo, raccogliendo con calma calibro .22 e mettendosela in tasca. Era un’arma interessante e probabilmente gli sarebbe tornata utile, una volta o l’altra. Sono un poliziotto ma per me il lavoro non è poi così importante. Anche per me viene prima il mio hobby.
– E quale sarebbe? chiese la donna, incuriosita.
– Colleziono cadaveri. Cadaveri di donne.