Inizi anni ottanta. Non avevo neppure trent’anni e già una taglia sulla testa. Ne avevo combinate di tutti i colori e non mi credereste se vi dicessi il numero di coloro che mi volevano vedere morto. Chiamatela pure vigliaccheria ma feci l’unica cosa possibile: fuggire, andarmene dall’Italia. C’era un tizio alla Farnesina che mi doveva un favore e così riuscii a scappare a Tripoli. Mi aveva trovato un posto imboscato come cameriere al circolo del tennis dell’ambasciata e fu così che nelle ore libere iniziai a prendere in mano la racchetta. Scoprii inaspettatamente di avere del talento, fino ad allora avevo tenuto in mano soltanto le pistole, e a un certo punto mi proposero perfino di dare delle lezioni private. Nelle ambasciate occidentali il numero di funzionari non era elevato, Tripoli era considerata molto rischiosa e infatti pochi anni dopo gli Stati Uniti di Ronald Reagan avrebbero sferrato un terribile attacco aereo. Ma in quel momento la guerra era l’ultimo dei miei pensieri. Non me la passavo affatto male. I figli degli occidentali studiavano tutti in una scuola internazionale e mentre i funzionari erano al lavoro molte delle loro mogli, affidate le casi alle governanti, passavano le giornate al circolo. Non sto neanche a raccontarvi che essere un maestro di tennis rappresentava un bel lasciapassare e la maggior parte di loro non si limitava a chiedermi consigli sul modo migliore per impugnare la racchetta. Diventai presto il loro sollazzo, consolavo le loro vite noiose e a quanto pare ci riuscivo anche bene. Il passaparola aveva funzionato alla grande, non avevo nemmeno bisogno di corteggiarle. Cascavano semplicemente tra le mie braccia, una dopo l’altra. Non ce n’era una che credesse di essere la preferita, tutte erano ben coscienti di giocare la stessa parte. Mi avevano affibbiato anche un soprannome, il predatore del deserto. In realtà io non mi sentivo un predatore e loro non erano certo le mie prede.
L’ho rivista una sola volta, a Parigi, quasi un quarto di secolo dopo. Ci siamo incontrati per caso, in occasione di una mostra al Louvre. Hélène mi ha riconosciuto anche se non sono più un valente giocatore di tennis, né tanto meno un predatore nel deserto, ma soltanto un vecchio barbagianni. Ci siamo salutati e probabilmente non ci vedremo più. Ma una cosa la voglio dire.
Ho avuto molte donne nella mia vita ma posso affermare con certezza di avere amato soltanto lei.
[…] Il predatore del deserto (predatore e preda) CondividiTwitterFacebookEmailLike this:Mi piaceBe the first to like this. […]