L’assenza di te, tratto dal libro “Una donna come tante” di Adrena

Avrei dovuto comprarti una tutina più grande.
E non l’ho fatto.
Avrei voluto avvolgerti nella copertina che abbiamo cucito insieme.
E non l’ho fatto.
Avrei dovuto gridare la mia rabbia e dire a quel medico che un figlio non è un sugo come un altro attaccato al fondo di una pentola.
… E non l’ho fatto.
Così come non ho trovato il coraggio di toccare la tua mano o darti un bacio, l’unico, per paura di turbare la tua pace e la mia.
Chissà se quella donna che passeggia ignara nel corridoio, circondata da parenti premurosi, si rende conto effettivamente del grande dono che stringe tra le sue braccia. E se immagina quanto sia atroce essere privati della gioia di sentire il pianto del proprio bambino, il suo lieve respiro, il profumo della sua pelle.
Perché? Perché ci rendiamo conto di quello che abbiamo soltanto quando l’abbiamo perso per sempre?
Nonostante la puntura, per evitare la montata lattea, sono costretta a tirarlo via con il tiralatte e fasciare il seno con una benda strettissima. Tuo padre lo butta nel lavandino piangendo.
E io con lui.
Non so se è stato questo il motivo che ha scatenato una febbre insistente per tre giorni, toccando i quaranta gradi, o il catetere che mi hanno messo, o qualcos’altro che, i medici, non hanno voluto dirmi.
Adesso niente ha più grande importanza.
Domani tornerò a casa.
Nella tua stanza il vuoto rimbomba tra le mura, non ho avuto il coraggio di oltrepassare il riverbero bianco del sole che si riflette sul marmo del pavimento all’entrata, tuo padre ha cancellato i nostri pesci sul muro e ha portato indietro il lettino e il fasciatolo al negoziante che ce l’aveva venduto.
Qui, nella nostra casa, troppe emozioni mi parlano di te, i nostri sogni, no, quelli non potranno, mai, essere cancellati.
Ti ho immaginato sgattaiolare a carponi per la casa, ho sentito la tua vocina nitida chiamarmi mamma, ti ho visto arrampicare sugli alberi del giardino, ho sentito il profumo di scuola sul candido grembiulino e ho asciugato con i miei baci le prime lacrime d’amore.
Sogni ad occhi aperti, i miei, soltanto sogni!
Nell’amara realtà tu, bambino mio, sei l’angelo più bello che sinora sia salito in cielo.
Dimmi… Lì, dove sei, c’è il tuo adorato mare?
– …
Vorrei dirti che mi piacerebbe essere lì, vicino a te, se non lo faccio è perché ti sento qui, vicino a me.
Tu sei con me sempre; non è bastato tagliare il cordone ombelicale per sradicarti dal mio cuore, tu sei, e sarai sempre, il mio sogno più bello.
Quel sogno che mi aiuterà ad andare avanti nel difficile cammino della vita attraverso il quale ti accarezzerò ancora e vivrò di te, con te e per te.
Angelo mio, abbiamo molta strada da fare, non lasciarmi qui da sola, aiutami a trovare la forza e il coraggio di andare avanti per affrontare le piccole gioie e i grandi dolori.
Aiutami ad aprire gli occhi ogni mattina, a ringraziare Dio di questo nuovo giorno che mi ha regalato, a sorridere ancora nonostante la tempesta che impervia nel mio cuore.
Dammi un sogno affinché io possa continuare a lottare per esso, credere, e sentirlo crescere in me sino ad allietare le mie giornate buie. Stammi al fianco in modo da poter godere insieme la gioia della sua realizzazione e affinché sul viso di ogni bambino giunga la mia carezza e la tua.
Tieni in me accesa la speranza che quel poco che potrò fare non sarà mai cosa vana, se fatta con amore, e che la fatica e il lavoro che mi occorreranno, prima o poi, saranno resi vani da un sorriso.
Porgimi la tua mano, bambino mio, ed io saprò seguirti.