O Vere Maledicta nox di Mal’âq ‘Ȃnf Fràn’

Tutto trascorre nella misera normalità.
David, un giovane trentaquattrenne, aveva trascorso fino a quell’ora la sua vita sforzandosi di cercare l’affetto che gli era sempre mancato.
Provenendo da una famiglia di umili contadini, sin dalla più tenera età gli furono negati gli studi, perché doveva aiutare il padre nei campi, gli furono negati gli amici perché non poteva competere con loro, gli furono negati gli affetti da tutte le persone che aveva conosciuto fin dalla nascita.
David, trascorreva l’intera giornata nei campi, godeva della luce del sole, trovava compagnia tra gli animali, immaginava che le piante come amici che puntualmente ogni mattino a levar del sole lo attendevano, il vento che scuoteva i loro rami, il fruscio tra le foglie era come una sorte di benvenuto.
Davide si sentiva sicuro sotto il sole, ma quando le tenebre iniziavano a prendere il sopravvento, il viso di David diventava cupo, triste, cambiava aspetto, umido di lacrime. Insomma, il suo viso era l’immagine della sofferenza…
Odiava la notte, perché doveva rientrare a casa, era solo, era privato anche da un piccolo misero moccolo, per poter leggere il suo libro preferito “Cuore” di Edmondo de Amici, in cui David si immedesimava (con la speranza che diventasse realtà) nel piccolo Scrivano Fiorentino….
Non chiuse occhi tutta la notte, aveva paura del buio, del silenzio cupo che rimbalzava in ogni angolo della parete. Pregava, chiedeva pace, requie, un po’ di ristoro per la sua anima, tanto triste e dannata come la notte.
Si addormentò tra le braccia del suo nemico, la notte, oscura, chiedendo e richiedendo ancora una volta di risparmiarlo di così tanto atroce destino…
Ormai la notte a preso il sopravvento, ma quella notte era diversa da tutte le altre notti.
Quella fu la notte in cui tutto l’universo ne risenti.
David, si desta dal sonno come tutte le mattine, esce di casa va nei campi e si accorge che manca qualcosa: il sole è a levante, tarda ad uscire dalla sua culla.
David procede nei suoi passi, celeri, scattanti, ma il sole non fa un minimo passo rimane fisso, come se fossero due fenomeni naturali: alba a oriente e tramonto ad occidente, sole e luna segnano i due estremi contemporaneamente.
David cerca di raggiungere la luce, ma non ci riesce perché entrambi vanno nello stesso verso, un moto a dir poco armonico, che richiama il moto del sole e della luna attorno alla terra.
Ad un certo punto, un bagliore di stelle in lontananza, cercarono di chiamarlo, ma erano troppo lontane, erano piccolo e lui si sentiva impotente.
Solo dopo infiniti giri, per raggiungere la luce, prende coscienza di essere morto, e di essere diventato un tutt’uno con la Notte: due anime in pena.
La notte che aveva odiato, disprezzato, la notte che le aveva tolto il sorriso, la passione, la luce di cui aveva bisogno in realtà: era sua madre!
Non si comprende se questa è una maledizione o una benedetta liberazione.
David inizia a piangere, e dai suoi occhi iniziarono ad uscire lacrime, piccole gocce di luce simili a stelle.
Inondò la terra, ma nessuno si rese conto che quella notte era diversa da tutte le altre.
Le sue lacrime la maledissero e maledetto fu lui: maledetto da se stesso.
O Vere Maledicta Nox…..
Requiem in aeternam….