Solitudine di Ronni Corbari

Otto maledette ore passate a ribollire in fabbrica come un broccolo in pentola. L’automobile in tutto e per tutto simile a un microonde e via sulla statale, direzione casa. Badate alle facce che incrociate sulle strade, se non andate a duecento all’ora ovviamente. Gli occhi spenti e i nervi tirati. Facce da buttare. Zombi o mummie, fate voi. Fronti sudate e lucide, rughe fonde come tagli. Il mondo sta andando nella direzione opposta rispetto a quella giusta.
Arrivato a casa il solito rituale obbligato. Cibo e doccia. E poi più nulla. Computer in camera, ogni tanto lo stereo con vecchi cd a ricordarmi gli anni passati. Non sono vecchio, lo so, ma qualche anno è passato comunque da quando appena tornato dal lavoro, all’epoca non facevo i turni, volavo letteralmente dagli amici, quando c’era ancora la “vecchia compagnia”. Pelle d’oca a ricordare certe scene. Ora basta. Finito. Siamo diventati grandi, sposati, fidanzati, rincoglioniti. Ora basta ridere e scherzare, ora solo casa e lavoro, poi più niente. I pomeriggi d’estate poi, da creparci dalla noia, da lasciarsi cuocere dal sole e in fine evaporare via. E dicono che la morte in vita appartenga solo ai vampiri, alla faccia!
Ogni tanto mi metto a scrivere, meno male che ho scoperto questa cosa, anzi, meno male che è cresciuto questo bisogno in me. Unica cosa che insieme alla lettura mi salva il culo da certe giornate apatiche e inutili. Tempo perso a cercare gente in giro, le voce quasi rimbomba per strada, meglio starsene zitti. A volte nemmeno gli uccellini volano divertiti come fanno di solito, quelle sono le giornate peggiori. Basta ridere, basta con la vecchia compagnia. E girovagare per i paesi vicini in cerca di ragazze? Follia pura! Siamo diventati grandi, grandi coglioni. A volte mi sento come chiuso in una scatola piena di ovatta, vorrei gridare ma non ci riesco, vorrei respirare, almeno, ma è fatica anche quello. Le serate le passo quasi sempre in solitaria. All’inizio non è una gran cosa, ovvio, ma poi mi sono abituato a certe cose. Per prima cosa credo di conoscere tutti i gestori di pub e baristi della provincia, perché quando giri solo è fondamentale conoscere quelli a cui devi i soldi e chi ti da da bere. Seconda cosa ho imparato a osservare le persone. Mi metto tranquillamente su un qualche sgabello al bancone di un qualche pub e ordino qualcosa, due chiacchiere col “capo”, una sbirciatina al culo della cameriera, quasi sempre molto carine quelle ragazze, poi con la coda dell’occhio comincio a scrutare la clientela. Quando individuo qualcuno lo osservo, sento cosa dice, a volte mi metto a ridere mentre altre volte vorrei alzarmi e andarmene. La gente è davvero spaventosa a volte, in altre occasioni si sentono cose interessanti invece. Poi come si muove quella ragazza, che voce ha, le gambe sotto il tavolo. Tutte cose che nel tempo mi hanno tenuto compagnia, e lo fanno ancora. La solitudine non la devi combattere, devi fartela amica, conviverci. E pensare che dopo essermi abituato a questa situazione certe volte quando sono con qualcuno mi pento di non essermela svignata da solo. La solitudine non mi fa paura, no. Con la solitudine ci ballo un valzer, la bacio sul collo e lascio andare a dormire quando ne ha bisogno. La solitudine fa paura solo a chi non ha il coraggio di vivere. Ci vuole consapevolezza di sé per farsela amica. Non è come una donna che la devi corteggiare, lei è lì, aspetta solo che tu la guardi e la inviti vicino a te. E’ bella, elegante, educata. Ci sei tu nella solitudine e lei è in te.