La donna del sogno di Paolo Fiorino

Eccola, di nuovo, la donna del sogno, strana e irraggiungibile. Ai suoi occhi appariva come una presenza diafana in un mondo irreale le cui trame, fragili come tele di ragno, erano intessute di buio e luce. Era una figura sottile e luminosa ma, come sempre, la sua intuibile bellezza era parzialmente nascosta da un’ombra che ne velava il volto. Non era un’ombra reale ma piuttosto pareva che nella forma stessa del suo volto mancasse qualcosa, una parte minima e quasi non individuabile ma pur sempre fondamentale, una cosa senza la quale non potevano esistere né vitalità né bellezza. Eppure proprio questa incompletezza rendeva per lui quella figura ancora più desiderabile. Voleva con tutto se stesso completarla e godere della sua interezza, ma non sapeva come fare. Poi un giorno aveva capito, quasi per caso. Altre persone possedevano ciò che mancava alla sua donna del sogno, a volte era un dono che nemmeno conoscevano e lui poteva facilmente appropriarsi di un piccolo pezzo della loro complessità. Un piccolo pezzo di una vita inutile che improvvisamente avrebbe acquisito una nuova grandezza facendo crescere la donna del sogno. Era facile, anche troppo. Da allora la sua ricerca era stata ininterrotta: ogni piccola parte, ogni scheggia di luce che riusciva a carpire a coloro che popolavano il mondo reale contribuiva al disegno che cresceva continuamente dentro di lui, prendendo forma e avvicinandosi ogni giorno di più alla perfezione. C’era stata la concertista che aveva incontrato per caso all’uscita di un teatro e che gli aveva donato la sensibilità, c’era stata la ragazza di quel negozio del centro che gli aveva ispirato la razionalità, c’era stata la vecchia che aveva ceduto la sua saggezza e molte altre delle quali nemmeno si ricordava che avevano dato parte di sé, ciascuna contribuendo, con quel poco che aveva, alla nascita di un essere perfetto e indescrivibile. Ormai era come una droga per lui, aveva bisogno di vederla crescere sempre più per andare avanti, per sentire la sua vita che si prolungava giorno per giorno. Quando trovava qualcosa da donare alla sua amata sentiva dentro di sé una forza nuova e potente, una passione che lo consumava e lo rendeva forte, capace di superare ogni ostacolo. Sentiva un fuoco che lo bruciava dentro alimentando la sua volontà e amplificando la potenza del suo stesso essere, proprio come stava accadendo in quel momento mentre fissava la ragazza legata sul tavolo della sua cantina. La vedeva davanti a sé, impotente e terrorizzata, incapace di comprendere ciò che stava accadendo, di percepire la grandezza dell’attimo. Quella donna insignificante non riusciva a capire il suo piano, non vedeva la meta di perfezione alla quale lui tendeva e, come tutte le altre, nella sua limitata visione non arrivava a comprendere l’inevitabilità di quel momento. Lei non sapeva che ciò che avrebbe contribuito a creare con il suo sacrificio sarebbe sopravvissuto al tempo e agli uomini. Sarebbe stato un perfetto monumento, immutabile ed eterno, posto per sempre all’ingresso di un mondo nuovo. Lui vedeva quella ragazza disperata che si dibatteva per liberarsi dai lacci che la ancoravano al tavolo ma in realtà non percepiva altro che il suo bisogno di lei, il suo desiderio irrefrenabile di strapparle ciò che si teneva dentro e che spettava di diritto ad una creatura ben più importante di quanto lei sarebbe mai stata. E all’improvviso un pensiero lo sfiorò: questa sarebbe stata l’ultima volta. Prese il coltello e si avvicinò alla ragazza. Soppesò l’arma e assaporò per un istante il contatto con la fredda materialità dell’acciaio, gustando il piacere unico di quell’attimo e rafforzando dentro di sé la consapevolezza di ciò che stava accadendo. Sollevò la lama pronto a vibrare il colpo definitivo, quello che gli avrebbe dato la felicità e lo avrebbe per sempre affrancato dal suo gravoso compito. Quella lama avrebbe per sempre separato l’inutile corpo della sua ultima vittima da ciò che conteneva di buono e avrebbe donato quella minuscola scintilla alla creatura ideale. Ciò che le serviva era solo un pizzico di ciò che la ragazza poteva donarle, solo un pizzico di…

Uno schianto alle sue spalle lo svegliò di colpo strappandolo dal quel suo mondo irreale e perfetto e riportandolo con la forza di un pugno nella realtà terrena. Aprì gli occhi e si alzò di scatto. Uscì dalla stanza e si precipitò verso la porta d’ingresso. Una ventata d’aria gelida, proveniente dall’esterno lo schiaffeggiò. La porta era stata sradicata dai cardini e un uomo, ammantato della luce che proveniva da un proiettore acceso alle sue spalle, che lo rendeva splendente come un angelo e indistinguibile nei suoi tratti, era entrato. L’uomo angelo gli puntava contro una pistola.
– Non muovere un muscolo! – gli gridò l’uomo angelo, con una voce terrificante che paradossalmente sembrava provenire dall’inferno.
– Ma io devo finire il mio compito, non posso rinunciare – sussurrò in risposta, troppo piano perchè l’uomo angelo potesse sentirlo.
Si voltò di scatto e in pochi istanti percorse i pochi metri che lo separavano dalla porta della cantina. Afferrò la maniglia e tirò con forza. La porta si aprì, ma all’improvviso una sensazione di calore lo colse alle spalle, un attimo dopo aver sentito un forte schiocco seguito da un sibilo. Il calore crebbe a dismisura fino a diventare un fuoco che gli devastava il corpo. Il dolore divenne insopportabile, lasciò la maniglia e cadde in ginocchio. Mentre le forze lo abbandonavano chiuse gli occhi e sprofondò in un turbine di luce.
L’uomo angelo superò il corpo riverso e scese lentamente le scale, che conducevano in cantina controllando con attenzione che non ci fossero altri pericoli. Due uomini in divisa lo seguirono un istante più tardi.
L’uomo angelo, ormai ridiventato umano, si avvicinò al tavolo, guardò la ragazza e disse: – Stia tranquilla è tutto finito.

Erano passati alcuni confusi minuti, l’uomo angelo adesso era chino su di lui. La sua voce era troppo lontana perchè potesse percepirla chiaramente, ma ormai non gli importava più. Ormai aveva raggiunto la sua meta e ciò era stato possibile solo grazie all’intervento di quell’essere soprannaturale. Ora sapeva, con certezza, che ciò che cercava era più vicino di quanto avrebbe mai creduto possibile. Non doveva cercare negli altri ciò che mancava alla perfezione della sua visione, non ce n’era bisogno. Ciò che serviva era la sua stessa vita, la sua più profonda energia vitale. La donna del sogno ora era completa, e non sarebbe potuto accadere altrimenti. Lei aveva bisogno della sua morte per acquisire la vita e ora lo guardava con occhi fiammeggianti che gli trasmettevano gioia e speranza. Nel momento stesso in cui questo pensiero attraversava la sua mente, si sentì finalmente libero di superare il proprio livello di esistenza per raggiungere uno stato più elevato. Sentiva la vita che lo abbandonava, ma ne era felice perchè questo gli apriva un nuovo mondo, fatto di perfezione eterna. Poi all’improvviso lei scomparve, portando con sé la luce stessa…

Riaprì gli occhi in una fredda cella vuota, maledicendo una volta di più il destino che gli aveva impedito di portare a compimento la sua ricerca della felicità e che ogni notte lo torturava con quel sogno multiplo. Gli uomini gli avevano negato il privilegio della libertà, rinchiudendolo per sempre tra sbarre d’acciaio e mura di cemento. Quel maledetto ispettore non era nemmeno stato capace di ucciderlo. Aveva sfiorato la realizzazione del suo più profondo desiderio e alla fine lo aveva perso per sempre. Ormai non poteva fare altro che torturarsi nel rimpianto, perchè ciò che davvero lo consumava era l’amara consapevolezza che aveva acquisito nei lunghi anni della sua reclusione: non sarebbe potuto morire se non dopo aver contemplato la perfezione e non avrebbe potuto raggiungere la perfezione se non morendo. Il dilemma che lo consumava era troppo grande per la sua povera anima mortale, ma doveva sopportarlo. Era questa la sua vera condanna, non le sbarre o i muri. Lacrime di dolore solcarono le sue guance, come ogni notte, mentre il secondino passava accanto alla sua cella per il consueto controllo.