Uno specchio d’acqua di Angelo Francesco Anfuso

L’ora si attarda,
sono stanco e solo.
Mi rifletto in uno specchio d’acqua
ormai putrescente.
I miei occhi sono stanchi,
non hanno forza e
a stento le mie palpebre rimangono aperte.
Vedo un uomo dal volto misero,
in lui rifulge l’immeritata sofferenza.
I suoi occhi sono ben aperti e in loro si riflette
un uomo dall’animo mesto
che fissa l’alba di un nuovo giorno.
Piange, nell’intimo del suo silenzio.
È un uomo ricco di sconforto.

Chiudo gli occhi,
sono stanco ormai.

Sento un lamento,
un singhiozzio latente.
Riapro gli occhi,
vedo un uomo dal volto meschino
che fissa il tramonto di un vecchio giorno.

È un uomo sofferente,
disperato e avvilito,
privato da ogni conforto
e coronato di ogni beata angoscia.
Piange,
dai suoi occhi
grondano lacrime senza cessare.

Chiudo gli occhi.
Sono sempre più stanco.

Io ho paura,
sono solo, abbandonato.

Riapro gli occhi,
e vedo in quel misero specchio d’acqua
una soffusa luce che man mano si spegneva.
Era la mia vita.

Mi rifletto ancora una volta.
Vedo un uomo avvolto da un’ombra.
Lo sfiora,
lo accarezza e lo prende tra le sue braccia.
Mi rifletto ancora una volta.
In quel dannato riflesso,
vedo me stesso.

Ero io che andavo incontro alla morte.
Non più luce…
Eterna oscurità!
Il mio riflesso,
in quel misero specchio d’acqua
mi ha ridato la vita.
Ero morto prima e adesso io vivo…