Una voce arcana di Angelo Francesco Anfuso

1 Parte
Vagavo nella notte, girando per la periferia, senza avere un minimo di orientamento, senza nessun punto di riferimento, come se cercassi chissà che cosa. Ero stanco, ansimante, il freddo gelido mi gravava sui sensi, il respiro si faceva sempre più lento, si faceva sempre più fitto e denso, come se fosse una nube bianca.
Qualcosa mi impediva di vedere oltre…
Non c’era nessuno, tutto era buio, a stento si intravedeva un misero raggio di luna piena che filtrava miseramente la nebbia.
Sentivo una voce, delicata, di un bambino che mi diceva di non fermarmi, di andare dove lui voleva. Ma non riuscivo a comprendere dove mi volesse portare.
Ad un certo punto, mi sfiorò il viso, mi prese per la mano dicendomi di andare con lui.
Ero bloccato, non avevo la forza di dire chi sei, cosa vuoi, dove mi porti…. Insomma avevo il senno bloccato.
Mi lasciai portare, fissando lo sguardo tra il fitto buoi della periferia, senza sapere dov’ero. Strada buia, ignota. Ero solo, non vedevo nulla, anche la luna si eclissò, l’unica cosa che sentivo a parte la sua voce era il calore della sua mano, ma non lo vedevo.
Ero stanco, non avevo più forza mi lasciò la mano ed io e caddi per terra.
Dopo qualche istante, la sua mano mi accarezzo i capelli, e mi sussulto all’orecchio parole che non comprendevo, sentivo il suo alito, ma non capivo cosa dicesse.
Alzo gli occhi ero un bambino di quasi dieci anni. Il suo volto era pieno di luce, pelle chiara e gli occhi pieni di lacrime.
Sulla fronte aveva un marchio, uno strano simbolo, una stella che mutava, prima a cinque punte di colore rosso carminio e poi a sei punte di colore blu oltremare.
Mi abbracciò e iniziò a cantarmi una ninna nanna, triste, con una cadenza a dir poco spenta.
Ripeteva sempre una strofa “Vieni con me, ti porterò dove la notte prevale, dove ti aspettano lacrime amare”.
Ma perché mi dici questo, dicevo a me stessa, un bambino dal nobile aspetto, con un sorriso angelico, perché mi vuoi condurre nel modo della sofferenza. Perché quel bimbo è crudele, che cosa ho fatto mai.
Ad un certo punto, si senti un boato, la sua voce cessò e mi fissò negli occhi.
Mi parlò con la forza del pensiero, dicendomi che era inutile che mi ponessi tutti quei perché.
Restai fermo, rigido non riuscivo nemmeno a batter ciglio, ero pietrificato in tutto e per tutto.
Ancora continuava a parlarmi, con quel sorriso a dir poco diabolico.
Mi sfiorò il volto, e mi disse sotto voce: “ sei stato tu a chiamarmi, io ti ho detto che cosa vuoi e ti sei abbandonato a me”.
Stavo male, io ho chiesto un po’ di serenità, un po’ di forza per alleviare il mio dolore, invece sei arrivato tu.
Lui mi disse: “ tu, mi hai invocato, ed io ho ascoltato la tua voce disperata. Non chiederti il come, il quando e il perché, il tuo grido è stato tanto forte, che mi ha destato dal sonno di mia madre: la morte”.
Non credevo, stentavo a crederci, facevo fatica, quel bimbo che mi ha preso per mano, che mi teneva fra le sue braccia era il mio fato, era il figlio della morte, lui era la morte, con lui stavo tracciando il mio ultimo percorso di questa misera vita terrena.
Cominciò a inneggiare versi lugubri, dei carmi tristi e angoscianti, in cui il soggetto ero io, vittima infelice, anima pietosa, la quale non aveva nessun riparo nessun conforto, ero imprigionata da me stessa, la morte si era presentata al mio cospetto senza pensarci due volte, sotto le sembianze di un fanciullino, candido alla vista ma tremendo nell’intimo del cuore.
Chiedevo pace, imploravo misericordia, ma nessuno mi ascoltava. Un coro di angeli, fecero da cornice a quel paesaggio lugubre semibuio. Tutti lentamente e con voce bassa iniziarono a recitare le stesse parole di quella dannata ninna nanna avevo canticchiato qualche attimo prima.
Non è un canto ma un lamento, non era una ninna nanna ma un inno alla disperazione alla dannazione eterna.
Ero presa dalla paura, dal timore, il mio corpo era gelato, iniziai a sudare sangue freddo, ero cosciente che mi mancavano pochissimi istanti, la richiesta della mia serenità non era altro che l’invocazione della morte…
Lui mi lasciò, mi fissò per l’ultima volta e svanì nel nulla…
Rimasi solo, avvolto da una luce soffusa, solo in lontananza si sentivano dei lamenti, strazianti e bagliori di folgore che andavano da oriente ad occidente…
Mi addormentai…
Mi sentii come un angelo con le ali spezzate…

2 Parte

Dopo essere stato abbracciato da quel disperato sonno, tra sospiri di angoscia, mi ritrovai nei pressi di una collina, piena di alberi, colma ad alberi simili a cedro del Libano.
Mi sollevai da terra, ero pieno di melma, e sui rami stavano fermi decine di gufi, che mi fissavano, come se fossero pronti a precipitarsi sulla mia carne, mezza putrefatta.
Iniziai a percorrere il viale, a solo pochi metri di cammino, vidi una sorgente luminosa, cercai di riprendermi la forza perduta e sentii una voce.
Che mi disse: “mio amato, mi tutto”.
Appena spalancato gli occhi, mi ritrovai il suo volto dinnanzi al mio, era sospeso nell’aria, come se fosse una nube vagante.
Allungò le sue mani, mi sfioro le guance, erano calde, e mi sussurrò sotto voce: “ormai sei pronto”.
Non capivo a cosa alludesse, ma un brivido freddo tornò a paralizzarmi.
Mi sentii agitato, scosso, il cuore iniziò a battere velocemente, la paura si era impossessata dei miei sensi.
Mi offrì una coppa colma di sangue umano, mi invitò a berlo, solo in questo modo mi avrebbe liberato da questo tormento.
Inizia a sorseggiarlo, man mano che bevevo, il suo volto si trasfigurava, iniziava a prendere una forma quasi umana.
Non era più puro spirita, ma assumeva la forma simile a un uomo, di nobile aspetto, canuto, dai modi gentili.
Si avvicino e mi strinse, ad un certo punto mi strappò il cuore senza tanti scrupoli recitando la sua ninna nanna, che finalmente era giunta al termine. In quel momento fu come se uscii dal mio corpo come un fantasma e potevo di nuovo vedere e sentire. e sentii queste parole:
“Tu sei la vittima innocente di un destino senza uguali.
Non puoi fuggir la morte, in questa vita.
Mi hai invocato, visto, udito, toccato.
Sei tu che suggelli il patto con me.
Si celò quel poco di luce che era rimasta, e tutto precipitò nell’abisso.
Anima dannata, spirito impuro, fina dalla nascita….