Galeotto fu l’ascensore di Oliviero Angelo Fuina

Quel tuo sorriso complice e rinchiuso
nel metro quadro che respira insieme
correndo al paradiso del pulsante
che ferma questo moto e muove i sensi

E’ un attimo rubato in svelti gesti
ad esplorare pelle nei confini
è turgido il mio fiato tra le pieghe
nel nostro sussultare a piano fermo

Si spiegano i vestiti e gli indumenti
scendendo verso instabili caviglie
l’appoggio è gioco forza in verticale
la forza del proibito ci sostiene

Chetàti i nostri ardori nel rossore
ripreso una parvenza dignitosa
tempo sblocchiamo e continuiamo ascesa
nei posti più consueti del lavoro

“Buongiorno signorina mi stia bene”
“Arrivederci”, e lascio stretta alcova
la guardo nella gonna sua fasciata
nuotare il corridoio sul mio sguardo

e penso che l’ufficio al pianterreno
sia un attentato contro ogni diritto
trattengo il mio sospiro e riapro porta
scendendo in giusto orario a lavorare.