L’indifferenza del mondo di Anna Ciraci

L’indifferenza del mondo

Tema: un urlo in mezzo al mare

Autore: Anna Ciraci

immagine tratta da pexel
Ci sono storie che non saranno mai raccontate.
Sono quelle vissute dalla gente della porta accanto o lontane, sperdute fra le migliaia di persone che vivono in tutto il mondo.
Sono quelle di cui nessuno vuole sentirne parlare figuriamoci se hanno voglia di vederle con i propri occhi o viverle sulla propria pelle, talmente assurde che potrebbero passare benissimo per storie inventate ed io così ve le voglio far sembrare.
 
C’era una volta un virus che si diffondeva attraverso l’aria che si respirava e una volta preso, l’aria te la portava via, correva l’anno 2020 quando il mondo si ritrovò a dover affrontare una vera e propria pandemia.
Dapprima colpì la Cina poi venne il turno dell’Italia e a poco a poco si diffuse anche in tutti gli altri paesi europei e la Russia, l’Africa, attraversò gli oceani e invase anche l’America, l’Australia, fu colpita tutta la terra disseminando morte in tutti i paesi del mondo.
 
Gli effetti del virus erano sconosciuti, non c’era nessuno in grado sviluppare cure precise e neppure era capace di dichiarare un piano pertinente per poterlo contenere, così ogni paese prese le decisioni per proprio conto come fosse una gara a chi arrivava primo allo sterminio di questo oscuro essere devastante.
 
L’Italia scelse la linea più dura, con restrizioni tali da far tremare la Costituzione rinchiudendo tutti nelle proprie abitazioni per due mesi e mezzo, col permesso di uscire solo per fare approvvigionamento e comprare i farmaci.
Per strada si sentivano passare solo le ambulanze a sirene spiegate.
Che successe però dentro le case?
 
La signora Pina sperimentava ricette, c’era profumo di pizza e brioche che invadeva tutto il condominio, facendo venire l’acquolina a tutti.
Carla, era tutta concentrata sulla sua tesi di maturità divisa tra le video lezioni improvvisate dai professori, oppressa tra la rabbia e la paura di non avere l’opportunità di sostenere un esame degno dei suoi sacrifici fatti in tutti questi anni. Giada sua nonna ormai fa fatica ad alzarsi anche dalla poltrona e da allora non esce più da casa.
 
Il signor Giangi solo per gli amici, che con quaranta e passa di febbre ha dovuto chiamare suo nipote Ginecologo perché il dottore di famiglia non rispondeva al telefono purtroppo ricoverato già da qualche settimana in terapia intensiva e non si sapeva se ne sarebbe mai uscito. Una notte come tante il suo vicino passando sotto la sua finestra lo sentì rantolare più del solito riuscì a entrare in casa e prendendolo di peso lo portò al pronto soccorso fregandosene completamente delle norme vigenti. Oggi il signor Giangi è vivo, è stato intubato due volte, ha passato l’ultimo mese in clinica per la riabilitazione fisica dopo quaranta giorni di coma indotto. Non sappiamo se soffrirà per gli effetti collaterali.
 
Il signor Franco al contrario non è stato così fortunato. Era anziano, passava i suoi giorni in giardino a leggere libri sempre solo e la sera la passava sopra la poltrona, con la copertina sulle gambe a pettinare il suo gatto Manfrì unico essere a fargli compagnia, dal pelo lungo e folto da sembrare un tappeto.
 
La febbre si alzò all’improvviso, non riuscì neppure a lavare i piatti dopo pranzo. Si mise a letto, gli girava la testa e sentiva di avere sul petto tutto il peso del mondo: «Mi stendo un attimo» disse. Si svegliò alle cinque del pomeriggio che faticando a respirare, prese il telefono e chiamò il suo dottore di fiducia, ma lui non rispose, si addormentò di nuovo, ancora con il telefono in mano. Il petto sembrava volergli scoppiare da dentro, si rigirò un paio di volte cercando la posizione in cui facesse meno male, poi il suo petto esplose davvero.
Passarono i giorni.
 
Il tanfo aveva invaso tutta la palazzina e i vicini si lamentarono col proprietario di casa. Lo trovarono così, sul letto in posizione fetale già in fase di decomposizione, solo.
I suoi vicini non sapevano neppure che avesse un gatto, morto anche lui probabilmente di sete e di fame, nascosto sotto il letto del padrone, sembrava uno scendiletto scivolato sotto.
 
Ci sono storie che non saranno mai raccontate, perché nessuno le vuole sentire, resteranno ingoiate dentro quell’urlo in mezzo al mare dell’indifferenza in cui noi umani annaspiamo ogni giorno.

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