Niente mimose di Claudia Lo Blundo

Niente mimose

Tema: 7 foto per 7 giorni – Max Olmi

La guardava, o meglio non smetteva di guardarla né di ammirarla: la piccola pianta a forma di cuore era ancora lì, l’aveva aspettata?

Riccardo gliel’aveva portata il 7 marzo e, davanti al suo sguardo stupito e quasi deluso per non aver ricevuto le tradizionali mimose, aveva capito che lei non aveva apprezzato.

“Sai, quest’anno ho pensato di non regalarti le futili mimose che dopo due giorni appassiscono, ti sporcano il tavolinetto con i fiorellini caduti e inoltre lasciano quella puzza… pardon… quel cattivo odore che ammorba l’aria a causa degli steli decomposti.“

A lei era stato sufficiente la frazione di un attimo per comprendere la spiegazione di quella scelta non tradizionale di Riccardo, e non solo perché aveva subito pensato che una pianta grassa non ha bisogno di tante cure, ma perché in bella vista, sul terriccio della pianta, c’era una bellissima spilla, una di quei gioielli eleganti e fini che solo la manifattura cinese sa ancora lavorare.
Lei aveva apprezzato il regalo, aveva dato un bacio a Riccardo e aveva subito messo la spilla sul lato sinistro della sua camicetta. Solo dopo aveva pensato che avrebbe dovuto farsi pungere da Riccardo.

Intanto Riccardo reggeva ancora la pianta e quando lei aveva pensato di prenderla, lui l’aveva trattenuta nelle proprie mani: la teneva quasi fosse un vaso prezioso e si era guardato attorno alla ricerca di un luogo adatto su cui posarla. Lei lo aveva lasciato fare: se non le fosse piaciuto il luogo scelto da lui, l’avrebbe spostata quando lui sarebbe andato via al termine di quella sera, che si sarebbe conclusa nel solito loro modo di volersi bene.
Nel corso della serata lui non aveva smesso di guardare la pianta e a un tratto aveva esclamato:
“ Devo dirti una cosa: sai perché ho scelto questa pianta!”
Lei lo aveva guardato interrogativa.
“Perché… perché ti somiglia. Guarda: questo petalo ha il colore rosaceo delle tue guance e questo verde? È il verde dei tuoi occhi. E, inoltre, guardala bene: non vedi nel profilo di questa foglia un volto femminile?”

Lei aveva guardato con attenzione ma non aveva notato nulla.
“Ma sì. Guarda, non vedi, qui il naso e la bocca, bella, rossa come la tua!”
Infine lei aveva sorriso e aveva annuito.
“Sì, in effetti, sì, è vero!”
“Ti piace? Allora ho fatto bene?”
“Ma certo, hai fatto benissimo! Hemm Sai…!”
“Dimmi.” Riccardo aspettava un seguito, ma lei aveva glissato. “No, niente, pensavo che mi piacerebbe venire in Cina con te una volta!”

Voleva che partisse sereno e non gli aveva detto nulla dei propri timori. Si era già dovuta giustificare con la madre: a causa di un malore, una sera aveva vomitato anche la pillola e quando, oltre venti giorni prima, lui era tornato dalla Cina prima del previsto, quell’episodio le era venuto alla mente… troppo tardi: volevano un figlio, certo, ma quando sarebbe stato il momento giusto.

Giorno 8 marzo Riccardo era ripartito per Wuhan, dove motivi di lavoro lo facevano andare spesso e dove, al solito, aveva trascorso circa venti giorni prima di quel rientro.
“Ti telefono al mio arrivo in Cina e ci vedremo tra venti giorni, se hai bisogno di qualcosa puoi telefonare a mia madre, lo sai!”
“Sì, tranquillo, lo so. Comunque, appena puoi fatti vivo su watsApp.”

***

Seguiva con ansia, spesso controllata e spesso no, le notizie sul virus che stava devastando Wuhan e il mondo.
“Amore, hanno limitato i voli di rientro in Italia, ho anche avvertito i miei. Sta tranquilla farò una specie di vacanza pagata!”

Poi una telefonata dalla madre di Riccardo: “Abbiamo saputo che Riccardo non sta bene, é stato ricoverato, ma mi ha tranquillizzata lui stesso, dice che è forte e comunque spera adesso di poter tornare.”
Il virus, dopo aver invaso l’Italia non aveva risparmiato lei.
Lei che, nella routine dei tanti test ed esami fatti aveva sussultato alla conferma della bella notizia. Avrebbe voluto farlo sapere a Riccardo, ma non era più riuscita a parlargli.

Poi, quando era piombata nel limbo dell’incoscienza, lo aveva sognato, o forse non era un sogno, forse non era nemmeno il limbo dell’incoscienza nella quale credeva di essere precipitata, era ancor peggio: era un incubo dal quale avrebbe voluto svegliarsi ma non poteva perché non era un incubo. Era la tristissima realtà: tre mesi dopo la sua partenza, chiuso in una piccola urna, Riccardo, anzi ciò che di lui rimaneva, era tornato a casa.

Anche lei era tornata a casa, sorretta dall’affetto dei suoceri e dei genitori che, finalmente come del resto era abituata, l’avevano lasciata sola.
E allora l’aveva vista.
La piantina che Riccardo le aveva regalato con tanta amore e anche con tanta premura era lì: l’aveva attesa, aveva mantenuto i colori che avevano conquistato l’attenzione di Riccardo e, mentre l’osservava, finalmente era riuscita a scorgervi il volto femminile che aveva i colori del proprio viso.

“Amore siamo qui. Anche se tu non verrai più, sappi che qui, adesso, ad aspettarti siamo in due Non mi hai lasciato soltanto la tua pianta con la sua anima; in me hai lasciato qualcosa di più prezioso e spero somigli alla donna che tu hai visto tra le foglie carnose di questa pianta.

Addio amore e… grazie… grazie… non solo per questa pianta ma per il bocciolo che sta crescendo in me e che amerà anche lei questa tua delicata pianta.”

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6 Risposte a “Niente mimose di Claudia Lo Blundo”

  1. Claudia, la lacrima mi è sfuggita, nonostante il dolore, quasi avessi vissuto personalmente la storia. Brava nel descrivere tute le emozioni e l’epilogo della storia. Triste, attuale e sempre portatrice di speranza

  2. Come sempre, come gli altri racconti della scrittrice, riconosci la mano, che saggiamente porta il lettore nella storia che viene narrata.
    Mi sembra che lo scopo sia stato raggiunto anche questa volta.
    complimenti.

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