Regalo con sorpresa di Rita Angelelli

Regalo con sorpresa di Rita Angelelli

Tema: Il Quadro

Il corso di pittura che aveva organizzato Ludovica era giunto al termine e il retro della galleria d’arte si era svuotato del vociare dei giovani che avevano partecipato. Uno di loro si era distinto per simpatia ed estrosità.  Prima di salutarla, per l’ultima volta, le aveva fatto  un dono:  un quadro pensato apposta  per lei. Così aveva sottolineato il ragazzo.  Una tela  senza cornice, raffigurante  una rosa di colore rosso scuro con i petali appena arriciati verso l’esterno, come accade nella realtà quando il fiore comincia a perdere un po’ della sua vitalità, un paio di petali cadenti. Lo sfondo era scuro, ma attorno al fiore,  dal lungo stelo verde,  aleggiava un colore cremisi, quasi come se i contorni fossero in fiamme. E sullo stelo della rosa un sottile filo argenteo sosteneva un ragno.
Ludovica represse un brivido di raccapriccio, dovuto alla sua aracnofobia. Tuttavia, era un bel dipinto e decise di  portarselo a casa. L’avrebbe appoggiato sopra al camino, tra i due candelabri  d’argento e avrebbe tolto quell’orrendo dipinto, raffigurante una bambina imbronciata con un grande fiocco in testa,  dono della suocera, che le aveva lasciato il marito quando se ne era andato via portandosi appreso solo la roba di valore.
Contenta della miglioria, fotografò la parete e la pubblico sul  sito della propria galleria d’arte. Qualche giorno dopo, un commento, in mezzo a tanti altri, attirò la sua attenzione:  “Ho rubato questo fiore da una tomba in un cimitero; era così bello che sul vaso di quella tomba non esprimeva il proprio valore. Io ho voluto fermare il suo tempo e la sua bellezza. Bella come Lei, Donna Ludovica.”
Ludovica fu scossa da un brivido e pensò di restituire il quadro al ragazzo.
Il pensiero di quel fiore rubato le rimase in testa tutto il giorno.  Alla fine pensò di tenerlo:  restituirlo sarebbe stato un insulto a quel povero  ragazzo che cercava di farsi largo tra i tanti artisti in erba.
Tornò a casa dal lavoro e, come suo solito, si preparò una cioccolata calda. Non le piaceva l’inverno e non c’era più nessuno a scaldarla; quella bevanda   sostituiva, apparentemente, quello che non aveva più. Mentre stava sorseggiando la cioccolata, leggendo un libro, un suono, come di qualcosa che si stava trascinando, catturò la sua attenzione. Pensando che fosse uno dei suoi gatti si guardò attorno, ma nessun animaletto era in giro per la stanza. Però il quadro con la rosa era sul pavimento.
Si alzò dalla poltrona, raccolse il dipinto e lo sistemò di nuovo sulla mensola sopra il camino.
Ludovica tornò alla  poltrona, bevve un sorso della cioccolata e fece una smorfia:  si era raffreddata. Quindi tornò in cucina e pensò di preparasi un’altra tazza, quando un ticchettio le fece girare la testa. Pensò ai suoi gatti, sembravano zampe artigliate sulla superficie del parquet. Uscì dalla cucina e vide i suoi  tre gatti seduti sul divano, leggermente rannicchiati . Un sottile ringhio proveniva dalle loro gole. Fissavano il muro che avevano di fronte e i suoni  sembravano provenire da lì.
Accarezzò i gatti: “Va tutto bene, Molly… Micio… tranquillo.”  Il suono degli artigli si fece più forte per un attimo e poi si fermò.
Tornò alla poltrona e riaprì il libro. Lesse qualche riga e sentì  un tonfo.  Il dipinto era di nuovo a terra, questa volta appoggiato contro il vetro del camino,
La pittura le apparve diversa. Il fiore sembrava  più vivo: i suoi petali erano più pieni e qualcuno non aveva più l’arricciatura verso il basso.
Ludovica si costrinse a percorrere la distanza tra lei e il quadro. Si chinò a raccogliere la pittura e la sistemò sulla mensola del  camino.
Non aveva ancora appoggiato le terga alla poltrona che il ticchiettio di artigli riprese a spezzare il silenzio. Un movimento dietro di lei la mise in allarme. Qualcosa si stava muovendo. Il suo cuore perse qualche battito quando vide una moltitudine di ombre muoversi  attorno a lei. Urlò e si voltò, ma dietro di lei non c’era nulla.
Il suono si fermò.
Aveva  le mani sudate e ancora un brivido la fece tremare. Non volendo voltare le spalle alla parete da dove erano venuti i suoni, indietreggiò fino alla poltrona e fu in quel momento che buttò un ulteriore sguardo al dipinto. Il ragno era scomparso e uno dei petali, prima cadente ed essicato, pareva essere tornato alla vita.
Ludovica corse fuori dalla stanza,  senza girarsi indietro, fino al portone di casa. Pochi minuti dopo, fuori,  sotto la pioggia, si diede della stupida. Tornò sui suoi passi, si chiuse il portone alle spalle e andò verso il salone con il camino. I gatti erano immobili, rannicchiati insieme, ma le sembrò del tutto innaturale vederli così. Li guardò meglio. Il gatto grigio aveva gli occhi aperti, vitrei, e la bocca tirata indietro in una smorfia; Molly, mezza nascosta sotto il corpo del gatto grigio, non era più bianca e nera, ma tutta nera;  Pico sembrava un animale imbalsamato e secco, come se gli avessero risucchiato tutti i liquidi.
Ludovica perse conoscenza.
Quando si svegliò,  era buio. O più scuro di quanto non lo fosse stato prima. Le braccia e le gambe non rispondevano ai suoi comandi. Era a faccia in su sul pavimento e il ticchettio di artigli riempiva la stanza di una cacofonia fastidiosa.
Girò gli occhi a guardare il dipinto: era di nuovo sul pavimento. Il ragno mancava ancora e’ultimo petalo della rosa rossa era più vitale che mai.
Guardò verso i piedi. Sul suo corpo  otto gambe gigantesche e ispide si muovevano alacremente sulle sue gambe, avvolgendo un sottile filo di seta.
Poté guardare di nuovo il quadro: il petalo si era completamente raddrizzato. Presto non poté fare nemmeno quello.

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