Alla ricerca di Fran di Castellani Fabrizio

Alla ricerca di Fran di Castellani Fabrizio

Genere: Romantico/fantastico/ fantascienza/storico

«Così buio e sono solo le undici del mattino. È strano davvero»
Guardando fuori del finestrino Francesco decise che per quella domenica di cose strane ne aveva già avute abbastanza e tornò a fissare il vuoto di fronte a sé. La giornata era appena iniziata ed era già un disastro. Non vedeva l’ora di ritornare a casa.
La sera prima, in un moto di felice follia, aveva deciso di raggiungere la sua ragazza, nonostante il fatto che per quel week end avessero stabilito di non vedersi.
In teoria Ambra avrebbe dovuto studiare, e lui lavorare tutta la notte.
Invece appena finito era saltato sul treno delle sei, con la voglia di svegliarla con un bacio dolce, al sapore di cornetto e cappuccino. Una pazzia da innamorato. Immaginava che avrebbero mandato al diavolo i libri, trascorso assieme la giornata, e alla fine sarebbero andati in cima alla collina, a guardare il cielo. Non era ancora arrivata la primavera, ma le serate erano già abbastanza piacevoli anche all’aperto. Con un po’ di fortuna forse avrebbero visto il passaggio di quella cometa dorata di cui parlavano i giornali.
La sorpresa invece l’aveva ricevuta. Una di quelle che lasciano il segno.
Entrare in casa e trovarla a letto con un altro era stato un pessimo modo di iniziare la domenica.
Lei lo aveva guardato con quegli occhioni azzurri, poi aveva chinato il capo, senza dire nulla. Neanche lui aveva detto niente. In effetti, niente c’era da dire.
Semplicemente aveva poggiato sul comò i cornetti freschi ed era uscito, percorrendo a ritroso il cammino per la stazione ferroviaria.
Adesso, seduto nel freddo scompartimento del treno che lo riportava a casa, pensava che avrebbe potuto gridare, magari spaccare qualcosa. Forse prendere a pugni quel tizio nel letto lo avrebbe fatto sentire più leggero.
Ma sapeva che sarebbe stato inutile.
Si sentiva svuotato. Non era la prima volta che una relazione si rompeva, forse non sarebbe stata neanche l’ultima. Sapeva già come sarebbe andata. Avrebbe tenuto la rabbia per un po’, cercato di capire, e poi sarebbe ripartito.
Stavolta però sarebbe stata una ripartenza difficile. Lei gli sarebbe mancata.
Ambra era riuscita ad arrivare dove altre prima non erano riuscite. Lo aveva toccato in profondità, lo aveva incantato.
Non aveva creduto molto in quella relazione all’inizio, spaventato da quella donna troppo bella e troppo allegra. Ma in poco tempo la cosa era decollata, tanto che ad un certo punto aveva iniziato a credere davvero che avrebbe funzionato.
Aveva messo in conto che vivere in due città diverse prima o poi avrebbe creato delle difficoltà. Ma si aspettava di meglio. Anche da una vivace e egocentrica come Ambra. Si attendeva più coraggio, più impegno. Più cervello. Invece ora si sentiva come un uomo appena pugnalato.
«Ha buttato via tutto. Stupida. E stupido io che ci credevo. Lo sapevo, sapevo com’era e mi sono fatto trascinare in questa storia» pensò con amarezza «Ma che ha diavolo cerca quella donna? Che diavolo voleva di più?»
E ancora non metteva in conto l’orgoglio di maschio ferito, che senza dubbio nei giorni a seguire sarebbe venuto a galla.
Tornò a guardare fuori. Si era fatto buio. Un buio denso, da notte fonda e senza stelle.
Il treno gli sembrava un igloo. Non ricordava di aver mai viaggiato così male.
L’orologio da polso marcava le undici e dieci. Ancora quasi un’ora all’arrivo. Ancora un’ora al gelo.
Nel tentativo di riscaldarsi si alzò in piedi e, incuriosito, si affacciò al finestrino sul lato opposto.
«Buio totale. Piena mattina e sembra mezzanotte. A malapena si vedono i binari»
Cercò di ricordare se al TG avessero accennato ad un’eclissi, oppure a qualche fenomeno particolare legato alla cometa d’oro, ma non rammentò niente del genere. Accese il palmare che teneva con sé, con l’intenzione di frugare il web.
«Niente, nessun segnale. Oggi dev’essere proprio il mio giorno buono» ironizzò.
Si guardò intorno, sconsolato. Era l’unico essere umano a viaggiare in quello scompartimento sempre più freddo. Tornò a sedersi, scosso dai brividi.
Nuvolette di fumo uscivano dalla sua bocca ad ogni respiro. Una cappa di silenzio tutto intorno, rotta solo dal lento sferragliare del treno. E nell’aria un forte, penetrante, odore di vegetazione umida.
«sembra di stare in un bosco invece che in treno» gli passò nella testa «è tutto sempre più strano»
Il dolce profumo di sottobosco entrò prepotentemente attraverso le narici dilatate. Tirò a sé le redini.
Il bosco si apriva davanti a lui simile ad un vecchio muro verde pieno di crepe. Pochi passi oltre lo sguardo le crepe divoravano la luce, lasciando solo stracci neri, tessuti di buio.
Aveva cavalcato sin dall’alba e adesso si sentiva stanco quanto la sua cavalcatura. Anche le vesti gli sembravano più pesanti del solito.
Il sentiero di fronte appariva scosceso. Troppo impervio per affrontarlo in groppa, decise che sarebbe stato più sicuro attraversarlo a piedi.
Con cautela scese da cavallo. Tutt’intorno, i fusti bianchi del lecceto si mischiavano alla nebbia lattiginosa, umida eredità delle prime luci del mattino.
Nel silenzio quasi assoluto Francisco Ronsisvalle, terzo duca Nero di colle d’Ossidiana, si avviò lungo il sentiero. Pensieri scuri come le ombre del bosco affollavano la sua mente.
Il suo viaggio si era rivelato infruttuoso e tornava deluso verso casa. Aveva cavalcato diverse lune per attraversare i Regni di Pietra e raggiungere il Ducato d’Ambra. Su ordine del padre, Gran Duca Nero d’Ossidiana, avrebbe dovuto chiedere in sposa la figlia del Duca Giallo, e stringere così un’alleanza tra i due regni.
Il Duca Giallo lo aveva ricevuto con grandi onori, in quanto figlio del buon amico Nero, ma senza tanto girarci attorno aveva frenato le sue speranze con poche parole, confermando quel che si diceva in giro. La giovane non aveva ancora intenzione di accettare alcun corteggiamento.
-temo che tu, terzo figlio del sangue Nero, a lungo abbia viaggiato ma solo aria nei sacchi, indietro avrai portato- aveva declamato il Duca Giallo nel tipico parlare dei Regni di Pietra.
-la Piccola Duchessa Gialla d’Ambra al sentir di matrimonio già s’adombra.Di sangue è mia secondogenita, non posso io voler che sia contrita. Se un dì un nobile messer farà da calamita, sia perché a lei, tal mossa, sarà gradita. E io che sono Padre e pur Reggente, con tutto il mio potere tra le dita non posso comandare Amore, ed ordinare a lei tal scelta ardita.
Francisco aveva anche provato timidamente ad insistere ma le parole del vecchio erano state lapidarie.
-L’unione del matrimonio è laccio e lega il cuore. Non posso, sul sangue del mio sangue, imporre i nodi dell’amore.
Ecco qua. Tutte le speranze di Francisco erano naufragate come un piccolo vascello in una tempesta. Infrante sugli scogli della piccola duchessa. Suo padre, il Duca Nero, non sarebbe stato felice.
Durante la cena il vecchio duca si era mostrato più gentile e meno ligio al protocollo di corte di quanto Francisco si aspettasse. La conversazione era stata varia, piacevole e aperta. Dopo qualche bicchiere di buona birra scura si era anche lasciato andare a qualche considerazione sulle difficoltà di essere regnante e padre al tempo. Parlando della figlia, poi, gli aveva fatto capire che difficilmente la giovane avrebbe concesso i suoi favori facilmente, neanche ad un nobile guerriero come un Ronsisvalle.
Quella notte, ospite nelle camere del palazzo, Francisco aveva ponderato lungamente sulla ragazza.
Non aveva mai avuto l’occasione di vederla, ma si diceva fosse molto bella e intelligente. Dai lunghi capelli ricci color dell’oro, e con pietre acquamarina incastonate agli occhi. Dedita all’arte, ma inquieta e d’indole ribelle. Troppo spesso, si diceva, persa nel piacere delle carni. Voci circolavano, raccontando di quante volte la giovane fosse fonte di imbarazzo per il vecchio padre e per la corte. Era noto però che il Duca Giallo adorava la minore delle sue figlie, e che le perdonava ogni atteggiamento non consono al protocollo. Avrebbe scelto da sola, e di certo, su questo Francisco avrebbe potuto scommettere, non un vero cavaliere.
«chissà cosa le passa per la mente, passeggiando tra la neve e sotto il sole. E qual sentiero batte, per il cuore» si sorprese a pensare Francisco « Sarebbe stato bello corteggiare in fil di lama con una così ribelle dama. E magari poi far breccia in cuore, e con lei scambiare amore. Mi pare un danno, una perdita, invero, un grande errore.»
In ogni caso, e su questo il vecchio regnante era stato chiaro, ogni decisione in merito al matrimonio della Piccola Duchessa sarebbe stata presa solo dopo aver compreso la natura della novella, strana, stella d’oro. La nuova stella era apparsa nei cieli oramai da diverse lune. La sua lunga coda brillante era visibile da ogni angolo dei regni, da un po’ anche nella piena luce del giorno. Di uno splendore accecante, appariva ogni giorno più vicina.
Alcuni superstiziosi sostenevano che fosse portatrice di sventura. Altri, più ottimisti, invece la giudicavano segnale di buon auspicio per il Ducato d’Ambra.
Francisco Ronsisvalle non era solito dar credito a dicerie di bassa lega. Per lui era semplicemente come le altre stelle, un punto in più sul panno nero del cielo. Solo più vivace delle sorelle, come lo era la duchessina. Forse la comparsa improvvisa dell’una in cielo, e la presenza dell’altra in terra, avevano qualche legame?
Francisco si rese conto che non avrebbe mai risposto a questa domanda.
Con la tristezza della sconfitta aveva intrapreso la strada del ritorno. Partito alle prime luci dell’alba, era presto arrivato ai margini del bosco.
Era immerso nei suoi pensieri quando sentì il freddo farsi strada con violenza tra le sue vesti. Scosso da un brivido incontrollabile lasciò le redini del cavallo. Fu un attimo, uno scalciare, un nitrito, e il suo bel frisone nero prese a galoppare spaventato, allontanandosi lungo il sentiero già percorso. Francisco lo perse di vista dopo pochi istanti, come se fosse stato inghiottito dal buio. Si guardò intorno, allarmato.
La notte più scura che avesse mai incontrato si faceva strada tra gli alberi. Un minaccioso rumore di catene scosse correva con il buio, facendosi sempre più vicino.
Sguainò la spada. Uno strano formicolio passò dall’elsa intarsiata alla sua mano. Sentì i peli delle braccia rizzarsi, e poi, come un’onda, quella strana sensazione salì fino alla spalla, e poi ancor più su, fino alla nuca.
Una nenia monotona ruppe il silenzio.
-Metallo contro metallo e canti di guerra… oscura magia su questa terra- mormorò.
Oramai completamente avvolto dalle tenebre si preparò alla battaglia.
CARICA COMPLETATA CARICA COMPLETATA CARICA COMP…
FR6C0 staccò il braccio dalla presa di carica e lo passò in modalità OPERATIVO, dando pace all’interfaccia vocale del pannello energetico. Sentì i servomotori delle articolazioni ronzare e provò un paio di volte a flettere gomito e polso.
Il braccio artificiale funzionava perfettamente.
Adesso tutto il suo corpo era completamente sveglio. Aveva completato la carica delle parti cibernetiche, e si preparava controvoglia ad affrontare il giorno sette di sette.
Con una lieve pressione sul display dell’avambraccio attivò il video a parete.
-Notizie generali- pronunciò a voce alta -e caffè doppio.
Si trascinò stancamente verso il distributore della zona pranzo. Si sentiva a pezzi. Per un attimo valutò se tornare sotto le coperte, poi scartò l’idea. «Troppo vuoto» pensò.
4M3ER se ne era andata di prima mattina, dopo una notte di sesso sfrenato che aveva messo a dura prova la sua carica energetica. Pensare a quella femmina lo metteva in difficoltà.
FR6C0 ne era rimasto affascinato sin dal loro primo incontro, mesi prima. Lo era anche adesso, anche se non avevano nulla più da condividere. Era un conflitto permanente.
4M3ER era un artista di secondo livello, magnificamente assemblata dentro e fuori. Un vasto database mnemonico e ampie e bellissime parti organiche. Le parti cibernetiche visibili, una mano, gli occhi, la gamba sinistra, erano armoniosamente integrate e ne esaltavano fascino e bellezza.
A lui piacevano particolarmente i bulbi oculari, di un azzurro intenso. Erano stati modificati per una miglior percezione della scala cromatica, ma con un intervento di tale maestria da apparire quasi naturali.
Ma quello che più apprezzava in lei stava dentro. La personalità dirompente, l’amore per la musica e l’arte in genere, la sensibilità. Tutte qualità apprezzabili.
Purtroppo si portava dietro tutti i difetti seriali degli artisti. Era volubile, umorale, incostante. Tendente a disturbi della personalità di tipo egocentrico e borderline.
Lui, invece, era un operativo di prima classe. Pratico, efficiente, affidabile. Meno incline alla socializzazione, più idoneo a forme di convivenza stabili. Due personalità opposte. Questo però non aveva impedito una prepotente attrazione reciproca.
Da quando erano diventati coppia in progetto FR6C0 aveva ottimizzato la vita in funzione di quella di lei. Lei non aveva fatto altrettanto.
Le analisi conoscitive di routine avevano confermato un dato ovvio, ma che a FR6C0 sembrava impossibile.
Erano incompatibili per una unione stabile, sincera e duratura.
E se lei aveva accettato questo verdetto, riducendo i loro incontri a singoli momenti di piacere, per lui questa distanza era un paradosso permanente. Avrebbe voluto di più, avrebbe voluto poter essere complice e partecipe nella vita quotidiana della femmina, aiutarla a crescere di livello. Ma 4M3ER non era concorde, e tutto questo continuo lavoro affettivo era diventato faticoso ed inutile.
Sorseggiò il suo caffè. Aveva un aroma differente dal solito. «Fogliame. Bosco Umido » pescò nel database mnemonico.
Sembrava una di quelle essenze profumate che vengono aggiunte alle vasche di pulizia profonda.
Quella fragranza gli rammento il suo primo incontro con 4M3ER. Lei usciva, nuda, dalla vasca di sale. Le forme sinuose nascoste nella penombra del luogo, il metallo degli innesti luccicante, la parte organica lucida e profumata. Una dea che esce dal mare.
Con un gesto della mano, come a scacciare i pensieri, FR6C0 alzò l’audio al TV.
Sullo schermo il canale delle news trasmise l’immagine della cometa G07D, in transito ravvicinato con l’orbita terrestre. Da giorni era la notizia più diffusa a livello globale. Un noto fisico, del quale FR6C0 non si dette briga di ricercare il nome, ne descriveva per filo e per segno le particolarità.
Distrattamente lo ascoltò citare l’orbita fortemente ellittica e il particolare tono di colore dorato, unico nel suo genere. Il fisico raccontò anche che tutte le sonde inviate per studiarne la composizione non erano riuscite a prelevare dati. Terminò il suo intervento con un sorriso complice e, come se guardasse in faccia gli spettatori, la definì un mistero.
«si certo. Il più grande mistero dell’universo. Dopo le femmine come 4M3ER» pensò sarcastico FR6C0.
Anche la cometa lo riportava a lei. Questo non era un buon segnale, giudicò.
Come operativo non aveva alcun interesse nei fenomeni astrali, ma aveva seguito l’evento sotto l’impulso della femmina. 4M3ER, come tutti gli artisti, ne era affascinata.
-un avvenimento che non accadrà di nuovo se non tra circa trecento anni- gli aveva spiegato con un’allegria che a lui era parsa bella, ma eccessiva -un’opportunità unica. Qualcosa che neanche i nostri discendenti vedranno mai- e poi tante e tante altre affermazioni del genere. Non aveva parlato di nient’altro per giorni.
Infine quella mattina era partita per le montagne, per osservare il passaggio in condizioni ottimali.
FR6C0 aveva sperato che gli proponesse di accompagnarla. Sarebbe stato bello condividere questo momento con lei, tenerla vicina, vederla felice.
Invece solo un bacio, una scia di profumo, e un mare vuoto in lui.
Senza dubbio adesso lei stava in compagnia di qualche altro.
Sapeva da tempo di non essere l’unico maschio nella vita di 4M3ER, anche se lei affermava sempre il contrario.
A FR6C0 la cosa non piaceva. Si era ripromesso di parlarne, ma aveva sempre rimandato.
Forse, pensò, era giunto il momento di mettere fine ai suoi incontri con 4M3ER, e cercare qualcuno diverso. Qualcuno migliore. «facile a dirsi. Meno lasciarsela alle spalle»
-MA COSA CERCA QUELLA FEMMINA?- gridò rabbiosamente alla stanza vuota.
Non riusciva a smettere di pensare a lei.
Si sentiva depresso, e considerò l’opportunità di aumentare le dosi di adrenalina e antidepressivi in circolo.
Improvvisamente un forte odore di erba e foglie si sparse per l’ambiente.
Cercò di alzare l’avambraccio cibernetico ma era spento, come tutte le apparecchiature attorno. Stava disteso lungo il fianco, completamente morto. Un inutile pezzo di ferraglia.
Dalla finestra non arrivava più la luce, e su tutto era caduto il buio più assoluto.
Nel silenzio si fece strada un rumore metallico, simile a quello della monorotaia di spostamento superficiale.
Terrorizzato, con la mano organica prese a battere furiosamente sul display, sperando in un barlume di luce.
Finalmente un numero lampeggiò.
-Tre, ne abbiamo tre in rete per questo giro.
Fran28 batté l’indice sul numero che lampeggiava sul display e alzò lo sguardo verso l’unico altro uomo presente nella Stanza dell’Accoglienza.
Come sempre, guardando Fran23, ebbe l’impressione di stare di fronte ad una foto di se stesso scattata vent’anni prima. Stessi suoi occhi scuri, medesimo sorriso. Il volto che aveva di fronte, dalla parte opposta del luccicante tavolo comandi, era imberbe, e la carnagione liscia e bianca come il latte. Era un umanoide basso di statura, tarchiato e dal collo largo e corto come un vecchio disco in vinile. Per i parametri della dimensione di ventotto, ventitré si sarebbe detto un adolescente con qualche problema di sovrappeso.
Nella sua realtà, prima di esserne prelevato, Fran23 era invece un adulto assolutamente normale perfettamente inserito nel suo mondo a coefficiente evolutivo elevato, come testimoniava la tunica bianca dove spiccava in rosso il numero ventitré.
Differentemente il volto di Fran28 era solcato da rughe profonde. All’apparenza appariva più vecchio della sua copia giovanile. Appena un poco più alto del compagno, sarebbe potuto facilmente passare per il padre, o per il fratello maggiore. Anche lui indossava la medesima tunica bianca, come del resto ognuno dei centoquaranta Fran dell’equipaggio, ma il suo numero ventotto era colorato in azzurro, ad indicare una categoria evolutiva inferiore.
-una buona pesca. Analisi in corso- riprese allegramente -Per il momento possiamo dire di avere uno standard, un sub-standard e, udite udite, un FranHQ. Altamente evoluto, migliorato fisicamente. Un buon pesce. Ma troppo metallo, non lo mangerei. Che ne facciamo?
Ventitré mantenne lo sguardo fisso sullo schermo inserito nel tavolo, poi, dopo alcuni istanti, si decise a rispondere.
-In accordo procedura base. Mantenimento in stasi. Minimo rischio shock, sempre possibile al primo giorno di reclutamento. Inizio trasmissione dati all’Arca, resto in attesa di ulteriori istruzioni.
Nel sentirlo parlare Fran 28 faticava a ricordare che ventitré, nonostante l’aspetto, fosse una versione più avanzata di se stesso. Anzi, a volte era quasi certo che nell’assegnazione dei coefficienti forse l’Arca d’Ambra avesse sbagliato. Certo questo non era ovviamente possibile, ma un piccolo dubbio restava sempre sullo sfondo della mente di ventotto.
-Quando sarà entrata nell’Eden e avrà toccato il loro Io profondo- e Fran23 indicò con un gesto della mano una fila di grandi contenitori cilindrici alla parete -verremo istruiti su cosa fare e come comportarci-
-Allora tutti a nanna nell’Eden, mentre la signorina decide. Magari se siamo fortunati sarà uno di questi l’oggetto della nostra ricerca- nel pronunciare queste parole la voce di Fran28 si abbassò di un tono.
Sapeva perfettamente quanto fosse un’accortezza inutile. All’interno della nave senziente qualsiasi parola pronunciata arrivava immediatamente ai sistemi di bordo. L’Arca d’Ambra sapeva tutto quello che accadeva al suo interno.
Ma lui conservava ancora le vecchie abitudini che aveva prima del prelievo. Si radeva ogni mattina, manteneva una dieta equilibrata, e quando parlava di cose importanti lo faceva con educazione, sottovoce.
Questa volta il giovane rispose con prontezza. -Non so, non ho sufficienti informazioni per stabilire se stiamo effettuando una ricerca mirata.
Anche la sua voce era stridula, coerente con l’aspetto giovanile -L’Arca non ha mai spiegato la ragione del reclutamento dei Fran. Agisce per ragioni che sono sue, e sue soltanto.
-Ma ci sarà uno scopo, un motivo- replicò poco convinto il vecchio ventotto -per cui ci diamo la briga di radunare i Fran di stessa impronta energetica, rastrellando le dimensioni. Ti sarai fatto un’idea, un’opinione.
-Certamente che ho la mia teoria. Anzi ne ho sviluppata più di una. Ma restano al livello di ipotesi. La vera motivazione di questo raggruppamento sfugge alla mia comprensione. Quando sono entrato a far parte dell’equipaggio l’Arca, come per tutti noi, mi ha fatto entrare in contatto con il suo io, ed ha toccato il mio. Nel cilindro Eden mi ha mostrato la bellezza del seguirla, e la pace del viaggiare con lei. Mi ha istruito sui miei compiti, e mostrato il cammino, ma non il motivo.
Qualcosa ci collega. Qualcosa rende noi Fran degli esseri unici, in qualsiasi dimensione ci troviamo. E l’Arca d’Ambra viaggia per radunarci. Forse desidera metterci in salvo da un grande male, forse espiare una sua colpa. Non conosco la sua motivazione, ma qualsiasi essa sia deve essere importante. Per il momento, so tutto quello che mi serve sapere.
Ventotto restò in silenzio per un paio di secondi, meditando sulle ultime parole di Fran23, dopodiché riprese il discorso.
-Spero tu abbia ragione, numero ventitré. Qui il viaggio sembra lungo. Io sono a bordo da prima del tuo arrivo. E queste dimensioni parallele in cui ci muoviamo sembrano non finire mai. Vorrei solo capire dove andiamo. Ad ogni ciclo d’incrocio dimensionale passiamo, preleviamo due, tre, quattro esseri dalle loro realtà e torniamo a nasconderci nel limbo. A volte mi pare un lavoro privo di senso. Io vorrei solo sapere cosa cerca la nostra Arca.
Fran23 si limitò a sorridere in risposta. In fondo l’Arca non era un brutto posto dove vivere. Certo attorno a te trovavi sempre persone molto simili. Alcuni Fran erano così uguali da sembrare dei cloni. Altri, con alle spalle un altro percorso evolutivo, si faceva fatica a considerarli come una versione di sé proveniente da una differente dimensione.
Alcuni si erano integrati particolarmente bene, altri purtroppo no, e riposavano in un bagno di realtà virtuale. Era il caso di Fran46, il cavernicolo, oppure di Fran17, lo psicopatico.
Che fossero dentro o fuori dei cilindri, comunque adesso il destino comune di tutti loro era servire l’Arca d’Ambra. Erano l’equipaggio di una nave senziente, fatta d’oro e d’ambra, nella sua ricerca dei Fran.
E la domanda che immancabilmente tutti si ponevano, prima poi, era la stessa: “cosa cerca l’Arca d’Ambra? Cosa vuole dai Fran?”.
-Stai tranquillo e abbi fiducia. Forse potresti chiedere di entrare qualche ora nell’Eden, per chiarirti il cammino ma…ci sarà pure un motivo per cui questa nave d’ambra si chiama Arca. Fede, questo serve, fede- Poi, cercando di cambiare argomento, continuò -Qui abbiamo terminato i nostri compiti. Propongo una sosta rilassante. Una birra?
-certo, perché no. Sempre disponibile ad una bella birra bionda. Ti ho mai parlato della donna che frequentavo prima di unirmi a questa nave? Anche lei era bionda. Uno schianto, folle e bellissima. Si chiamava Ahm-Bree. Mi piantò dopo solo tre cicli, subito prima che l’Arca mi venisse a prendere.
I due richiusero la porta della sala di accoglienza alle loro spalle, e si incamminarono lungo un condotto dalle pareti dorate.
Su tre mondi, uguali ma diversi, nello stesso istante tre esseri senzienti sparirono nel nulla.
Una cometa giallo d’Ambra passò, e scomparve.

27 Risposte a “Alla ricerca di Fran di Castellani Fabrizio”

  1. genere: romantico/fantastico/ fantascienza… essendo un racconto con tre racconti diversi è difficile dare un giudizio univoco…

  2. Voto questo testo…dalla prima volta che l ho letta, ho sempre pensato che questa storia, nel contesto delle realtà parallele, fosse quella che più centrava il tema proposto…complimenti!

  3. Voto per questo testo
    molti racconti in uno, si dipanano senza soluzione di continuità lasciando la sensazione di legami tra le realtà più forti di quelli espliciti nel racconto

  4. Voto questo testo!!!
    Mi sono piaciuti i salti da una realtà all’altra. Anche se improvvisi, la lettura sembra accompagnarti per mano al mondo successivo. Bella sensazione. Complimenti!!!

    1. Grazie Anna Maria. Molto incoraggiante per me avere avuto un tuo commento positivo.

    1. L’apprezzamento da parte di chi li ha letti tutti è davvero incoraggiante. Grazie

  5. Un bellissimo intreccio per dire che cuore…amore…dolore…sotto qualunque cielo é sempre vissuto allo stesso modo. Bravo

    1. Grazie Claudia. MI sono lasciato un po’ andare, esagerando in lunghezza forse., ma la storia che volevo raccontare era proprio questa.

  6. voto per questo testo

    complimenti per il suo crescendo in un moto circolare sempre più intenso!!!

  7. Voto per questo testo
    Un viaggio ben raccontato tra le “realtà parallele”. Bello.

  8. Voto questo testo
    Fantasia allo stato puro! Bravo Fabrizio, stupisci sempre di più.

    1. La prima volta che scrivevo di Fantascienza pura. MI sono divertito molto. Grazie, di tanto, di tutto

      1. WOnderful. Un viaggio pazzesco nel tempo. Complimenti!

        1. Grazie Patrizia. Tempo e dimensioni. Mi fa piacere ti sia piaciuto. grazie

I commenti sono chiusi.