L’acchiappasogni di Maena Delrio

L’acchiappasogni di Maena Delrio

Fuori concorso

Un folle, ecco cos’era l’acchiappasogni. Ne avete mai visto uno? Sono esseri di indefinibile bellezza, ma con occhi vuoti come voragini, tanto profondi che se ci guardi dentro hai paura che ti possano risucchiare via l’anima. Mostri travestiti da musicanti, hanno voci suadenti, per attrarre a sé i sogni, e unghie affilate come rasoi per tagliarne i fili che li collegano al mondo. E i denti, dovreste vederli! Lunghi, lucenti, taglienti come lame, pronti a divorare speranze e illusioni della gente.

È una lucida follia, quella che spinge gli acchiappasogni: se non possono sognare loro, neppure gli altri hanno il diritto di farlo. Il mostro del quale vi racconterò era il peggiore di tutti: rubava i sogni dei bambini. Sapete, quelli al sapore di cioccolato e muffin, del colore dello zucchero filato, lievi come nuvole, che aleggiano sopra le teste di quelle dolci creature umane per le quali la vita altro non è che un mondo di scoperte ed emozioni… Ecco, il nostro demone si muoveva nell’ombra, dietro a un albero al parco, sotto una panchina, vicino a una culla. Aspettava il momento giusto, e con i suoi artigli carpiva le fantasie degli infanti.

A una rapida occhiata pareva non fosse successo nulla: per qualche istante la vittima stessa non si accorgeva dell’accaduto, e continuava nelle sue attività quotidiane; a un esame più attento della scena, però, si poteva notare il sorriso del bimbo derubato spegnersi in pianto, il colorito acceso delle guance impallidire, mentre la cruda realtà occupava a forza il suo cuore e infrangeva ogni desiderio, deturpandone la candida innocenza. In quel momento il ladro era già scappato, lasciando dietro di sé una scia di cupi presagi. Muovendosi come un’ombra, la malvagia creatura strisciava fino al suo castello di disillusione, in cima al monte più alto del mondo, e lì aveva inizio la lenta agonia: sezionava le fantasie che aveva rubato con bisturi affilati, affondava i denti nelle parti più tenere, frantumava, spremeva via ogni goccia di colore, lacerava, fino ad arrivare ai cuori pulsanti delle aspirazioni della gente.

E a quel punto si fermava, e aspettava: in religioso silenzio, guardava l’essenza dell’illusione che lentamente agonizzava, fino a che la fievole luce che fino a quel momento aveva resistito alle torture, si spegneva. Era quella l’apoteosi del delirio del pazzo! La bocca dell’acchiappasogni si apriva in un macabro sorriso, e una risata gutturale usciva dall’antro cavernoso della sua gola, mentre vi calava l’ultimo sogno spezzato. Ogni anima malvagia però è destinata a perire; presto o tardi, incontra sulla strada della perversione e della cattiveria qualcuno pronto a sfidare la sua perfidia. Fu per questo motivo che, in un giorno indefinito e in un tempo nebuloso, qualcuno bussò alla porta del castello. Il suono del pesante battente rimbombò tra le mura spesse, rese invalicabili da una fitta coltre di brutalità, che si propagava dalle fondamenta fin sulle alte torri. L’acchiappasogni, che stava preparandosi a banchettare con l’ennesima vittima, trasalì.

Per un istante non capì da dove provenisse quel rumore, tanti erano i millenni che si erano susseguiti senza che nessuno mai si presentasse al suo cospetto. E l’iniziale stupore si trasformò in confusione e poi in rabbia quando, aprendo il pesante portone, vide che il suo lauto pasto era stato interrotto nientemeno che da un bambino. Ma non un fanciullo qualsiasi: era colui che aveva formulato l’ultimo sogno, quello che ora il mostro si accingeva a divorare.
«Ridammelo, è mio!»

La bestia rise del coraggio del moccioso, che non solo aveva avuto l’ardire di presentarsi al suo cospetto, ma addirittura pretendeva la restituzione di ciò che gli era stato sottratto, e tendeva in avanti il braccio con il palmo della mano rivolto verso l’alto.
«Ridammelo, ho detto»

L’acchiappasogni urlò di rabbia, e aprì la bocca in un ghigno demoniaco, pensando che questo sarebbe bastato per scacciare il bambino. Ma quando la chiuse, lui era ancora lì, con la mano tesa.
E fu allora che se ne accorse. La luce dell’essenza del sogno aveva ricominciato a pulsare, e diventava sempre più calda tra le sue dita ossute. Una sensazione mai provata, di puro terrore, cominciò a fare breccia tra le crepe dello spirito dannato. Il lettore si chiederà come questo potesse costituire un pericolo per la bestia. Niente di più semplice, in realtà.

È una banalissima reazione chimica: l’animo di ghiaccio di chi infrange le speranze della gente nulla può contro la calda passione di chi crede nei sogni nonostante le difficoltà, di chi sa che il sole c’è sempre dietro le nuvole, anche nei giorni di pioggia; di chi guardando le stelle non vede semplici astri, ma immagina di cavalcare il Grande Carro sulla via Lattea.
E mentre l’acchiappasogni lentamente si scioglieva in una nube di vapore che svaniva trasportata dal vento, un bambino saltava giù dalla montagna e riprendeva la strada di casa, col suo bellissimo sogno colorato stretto sul cuore.

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5 Risposte a “L’acchiappasogni di Maena Delrio”

  1. Brava, un racconto che da la speranza del modo in cui si può sconfiggere il male. L’innocenza di un bimbo.

  2. Stupenda metafora del male sugli innocenti in particolare. peccato sia fuori gara. Complimenti Maena, sei davvero brava.

  3. Ultimo contest per l’anno 2017. Vi ricordiamo che avete tempo fino a sabato 23 dicembre (l’evento si chiuderà alle 23.59) per commentare questo testo.

    1. Colgo l’occasione per augurare a tutti un sereno Natale e un Nuovo Anno gioioso e positivo. Che ciascuno possa realizzare i suoi sogni e, soprattutto, sia circondato da un mondo d’amore. Con affetto vi abbraccio.

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