Cecità umana di Luisa Cagnassi

Cecità umana di Luisa Cagnassi

Sono nata alla ricerca di qualcosa. Mi guardavo intorno senza sapere cosa stessi anelando, ma non vedevo la cruda realtà Lo imparo adesso immersa nella solitudine di un filo legato al niente, l’alleanza che non ho mai conosciuto. Nemmeno il legame materno, imprescindibile, ha avuto una lunga durata. I casi della vita. Lasciata in custodia per permettersi un lavoro, con mamma il sentimento si è creato più tardi, io non ho avuto radici. Oggi qui e domani altrove. Appariva la figura materna nel suo splendore. Mentre diventavo grande mi domandavo cosa fosse questo senso di non appartenenza che mi martoriava. Un vuoto incomprensibile, allora. Insomma io non ho mai vissuto in una famiglia normale.

Mio padre ha preferito crearsene un’altra, di me si è disinteressato. Conoscere l’atmosfera che si respira con un padre accanto, ti segue, ti racconta le fiabe, o ti accompagna a scuola sono stati d’animo e situazioni assolutamente estranei. Siamo entrambi vissuti ciecamente, privi di dialogo. Casi della vita.

Io sono quello che sono, socievole, altruista, leale il più possibile: Mi è stato trasmesso, insegnato come una poesia da imparare a memoria. Insomma, non ho mai avuto un alter ego con cui confrontarmi, i nodi si sono sciolti ancor prima di essere allacciati. Il mondo che mi sono costruita è irreale e sono sempre stata cieca alla vera indole umana, alle traversie, all’ipocrisia, all’invidia e alla cattiveria di troppi. In questo modo mi sono sempre adattata alla situazione, ho detto sì troppe volte, per far felici le persone cui tenevo. Ho una personalità docile, plasmabile, ma anche ribelle. Ho cento sfaccettature.

Indivisibili, è il mio concetto di coppia. Il mio uomo è diventato il mio due, con lui divento il contrario di uno, ma forse è troppo impegnativo per un uomo, me ne sono resa conto tardi. Ormai abbiamo trovato il nostro equilibrio, siamo come i gemelli siamesi, inseparabili: comunichiamo. In verità il legame più profondo è molto ridotto e viscerale: mio figlio e mio marito. Gli unici punti di riferimento, radici tardive a cui mi sono ancorata per non sprofondare dentro quel vuoto mai colmato, una voragine troppo profonda. Tuttavia, talvolta mi chiedo se loro vedono ciò che io sono.

Allora eccomi qua. Sono felice a fasi alterne, perché nella mia vita troppe incertezze hanno creato dentro di me molta confusione. A giorni sono malinconica, altre euforica e positiva. Sono tutto o il contrario di tutto, vivo nelle emozioni, nella musica dove rivivo la mia giovinezza. La conferma che esisto, si esprime dentro il mo interagire ed è una necessità quotidiana. Il mio comunicare dipende dagli altri: ho iniziato a “vedere” tramite le sensazioni che trasmettono.

Siamo tutti anime cieche, irriducibili esseri alla ricerca di qualcosa che già c’è, ma non la sappiamo scorgere. Greggi di pecore senza pensiero personale, seguiamo il branco correndo il rischio di precipitare nello strapiombo. Tutti spendono ore sullo Smartphone per comunicare ma, quando sei in loro compagnia, senza cellulare non sono in grado di formulare un pensiero, inesorabilmente distratti dalle notifiche a cui non mancano di rispondere, lasciandoti in sospeso e in imbarazzo, come un paio di perizoma sexy, lasciati allo sguardo di curiosi indiscreti.

Mi perdo in questo alieno mondo di ciechi dispensatori del nulla, incapaci di stringermi la mano per scambiare un saluto. Qualcosa non va, ma ce ne rendiamo conto? Un’epidemia dilagante di ebeti del display di qualsiasi genere, asettici e privi di emozioni. No, io non ci sto. Torno a vivere del mio due personale, un piccolo spazio protettivo, l’unico che ancora mi faccia sentire a casa, come stretta in un abbraccio. Arriveremo a parlarci con voci metalliche programmate, a seconda delle situazioni, sia sui computer più all’avanguardia, che sui telefonini? Basterà esprimere una parola, e penseranno loro per noi.

Resteremo così in santa pace, a goderci il meritato niente e non saremo in grado di inventarci altro per migliorare la situazione. Le antiche intelligenze evolute sono un vago ricordo ormai.
Incapaci di vedere perché ormai sconnessi con la mente, viaggeremo equipaggiati e dotati di telecamere microscopiche, capaci di osservare per noi. L’arte, la musica e tutte le bellezze che l’uomo ha saputo divulgare, saranno incomprese, cancellate. L’esistenza è costellata da bottoni, saranno quelli a gestire le nostre vite, è sufficiente che un folle clicchi su uno di questi.

È ciò che sta accadendo per l’incapacità di trovare un accordo, perché l’animo è ipovedente, privo di umanità. E cosa importa se milioni di persone pagheranno con la vita? Si può chiamare vita quella che stiamo vivendo? Voglio ancora sperare: parliamone guardandoci negli occhi.

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21 Risposte a “Cecità umana di Luisa Cagnassi”

  1. Le votazioni si sono chiuse il giorno 23/9/2017 alle 23:59. Vi ringraziamo per aver letto, votato e commentato i nostri autori

  2. Voto questo testo. Un brano che ha il sapore di vita vissuta e di dolori che ancora bruciano nell’anima. Brava, Lisa

  3. VOTO QUESTO TESTO. Ciao Luisa, come sempre riesci a emozionarmi. Un bellissimo racconto che, partendo da amare esperienze di vita, si interfaccia con la nostra realtà, con la sua pochezza e la sua cecità che ( come il nulla di Fantasia) sta avanzando e presto farà sprofondare l’umanità nel periodo più nero che l’uomo abbia mai conosciuto. Brava 🙂

    1. Grazie Angy. Mi lusinghi ed emozioni. Sono lieta tu abbia inteso il senso del mio testo. Sei davero gentile.

  4. Un bel testo che cattura l’attenzione (e anche l’anima)!
    Questa è un po’ l’analisi di una vita, piena di vuoti fin dalla tenera età, per quelli che possiamo dire “i casi della vita”. O destino? Fatalità?
    Questo è il viaggio di una vita, che nonostante il peso di grandi mancanze, è riuscita a creare un proprio equilibrio personale; questa, mi viene da dire, è la cosa più importante. Nonostante tutto, si cerca di trovare una stabilità.
    Questo è un testo bello da leggere, perché da modo di riflettere; mi ha colpito molto Luisa quando scrive che al giorno d’oggi siamo tutti, chi più-chi meno, assorbiti dalla tecnologia. Tramite cellulari siamo capaci di parlare anche ore con una persona, tramite sms, chat, ecc… Ma quando quella stessa persona è davanti a noi le parole trovano difficoltà ad uscire e si tende a controllare invece cosa succede nello smartphone.
    Amara realtà, ma vera. Per fortuna non tutti sono “drogati di tecnologia” allo stesso modo. C’è ancora speranza, purché si dia la giusta importanza agli “occhi altrui”, ovvero a chi ci sta davanti fisicamente.

    1. Grazie infinite per questo tuo commento che mi commuove. Condividere un’emozione è stupendo e tu mi hai regalato una gioia immensa. Hai saputo leggere molto bene tra le righe de mio testo, il senso di tutta una vita.

    1. Grazie di vero cure Natalia. E’ un grande dono questo tuo commento, mi lusinga ed emoziona.

  5. Per votare un testo bisogna apporre, nella sezione dedicata ai commenti, nella pagina del pezzo che si desidera votare la scritta “Voto questo testo”.
    Ogni brano che riceva un commento, a patto che sia un commento allo stesso, e non un ringraziamento dell’autore o un’eventuale conversazione successiva, varrà come 1 voto, per cui tenete conto della possibilità di farvi sia votare che apprezzare con un commento, ottenendo così ben 2 voti.
    Vi ricordiamo che le votazioni si chiuderanno il giorno 23/9/2017 alle 23:59.

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