Memorie al borotalco di Luisa Cagnassi

Memorie al borotalco

Tema: Borotalco

Fuori concorso

«Lisa, mi sono macchiato!» un’altra volta gli occorreva il mio intervento.
Durante il pranzo, si era fatto cadere una goccia di olio sui pantaloni, o meglio una foglia d’insalata.
Chissà perché gli uomini siedono a tavola, lasciando tra il piatto e il corpo una sorta di baratro. Ovvio, che se qualcosa cade, finisce col macchiare i calzoni.
«Non metterci mano, ci penso io!» gli raccomandai, mentre scendevo in lavanderia a recuperare il barattolo del talco.
Non esiste rimedio migliore, se l’intervento è immediato.
Mentre maneggiavo il contenitore, cominciò ad arrivarmi alle narici il caratteristico profumo di quella polverina, per così dire, miracolosa.
Il mio uomo, come fosse un bimbo, stava lì inerme, ad attendere che le mie operazioni terminassero, restando con il fiato sospeso.
«Non toccare per qualche minuto, poi lo spazzoliamo!» gli ricordai.
Già l’impresa si faceva ardua: dire a mio marito di non toccare, è come consigliargli di farlo.
«Profumi come il culetto di un bebè…» lo prendevo in giro e la sua espressione era disarmante.
«Bella figura davanti al cliente!» si preoccupava.
«Perché? Profumi di buono!» tentando di convincerlo.
«Per favore, sembro davvero un neonato!» non sapeva cogliere il lato umoristico.
In quel frangente la mia mente, solleticata da quella fragranza, mi riportò indietro di quasi una vita.
Il borotalco allora era il simbolo dell’igiene.
Dopo il bagno (non la doccia), il classico bagno, caldo rigenerante e rilassante, era d’obbligo, potrei affermare.
La testimonianza tangibile del fresco pulito. Le particelle del talco ti si infilavano nelle mucose nasali, causando spesso e volentieri, una serie di sternuti, ma la sensazione era davvero unica.
Un rito in famiglia, quando nonna faceva il bagno aiutata da mia madre, voleva glie ne mettesse in abbondanza, affinché quella sensazione le restasse addosso a lungo.
Un modo per distinguersi da chi, forse per la difficoltà di farlo, quel gradevole aroma addosso non lo portava mai.
Ero bambina e i bagni erano per buona parte pubblici.
Le abitazioni del centro possedevano più che altro solo il gabinetto sul ballatoio, di solito da condividere con altre famiglie.
Anche a me piaceva portare addosso quel simbolo di freschezza, m’inebriava.
A quei tempi non esistevano i problemi dell’allergie da talco, o l’occlusione dei pori epidermici che tutto a un tratto, sotto quei granellini microscopici, qualcuno ha deciso diventassero causa un problema respiratorio.
D’improvviso, l’impalpabile soffio era diventato una probabile minaccia cancerogena. Depositandosi all’interno, avrebbe potuto causare danni permanenti.
Plausibile forse lo è, ma di fronte all’inquinamento chimico di oggi, mi sembra ridicolo.
Un sorriso me lo suscita il ricordo di mio figlio piccino, quando mi faceva sudare sette camicie dopo il bagnetto; impugnava rapido la scatola combinando un disastro, rideva da farsi mangiare. I mobili diventavano bianchi che ci potevamo scrivere su.
Poi lo abbracciavo forte e quella stretta che si amalgamava al profumo del talco, sulla sua pelle diventava come un’impronta, assolutamente personale e unica.
«Come fai? È sempre così profumato di buono tuo figlio! » ripetevano le amiche.
Un ricordo che la mente risveglia, quasi percorresse ancora le narici, per riportarmi con nostalgia a un periodo dove certe abitudini simboleggiavano la semplicità, ma anche cambiamento e innovazione.
Un’apertura verso le nuove tecnologie che avrebbero innescato un cambiamento radicale e positivo, portandoci tutti alla libertà di essere e di esprimerci.
Tutto sommato, nella naturalità di quei piccoli gesti, mi sentivo più libera e sicura, di quanto possa esserlo adesso.
Nulla è più genuino, il borotalco è desueto, quasi come le buone maniere, purtroppo.
Si corre e ci si ignora, stressandoci per avere tutti gli stessi identici status symbol.
Vincolati a dimostrare che siamo in fondo replicanti, in un mondo di insoddisfatti privi di personalità autentica.
Dovremmo tornare indietro un pochino per comprendere, che l’umanità e la sensibilità sono racchiuse dentro le piccole cose che nessuno ormai apprezza più.
Come il borotalco, purtroppo destinato ormai, a cancellare una macchia o ad allontanare le formiche.
«Lisa, sarà andata via la macchia?» mio marito impaziente mi riportava alla quotidianità.
«Guarda tu stesso pasticcione!» mi fece una smorfia buffa, poi mi regalò un bacio.
«Dai, che devo andare!» lo osservavo mentre si avviava verso la vettura: l’idea che profumasse di bebè mi faceva sorridere.

18 Risposte a “Memorie al borotalco di Luisa Cagnassi”

  1. se è fuori concorso vuol dire che non si può votare? Mi dispiace però… 🙁

  2. Dolcezza e un sacco di sensazioni piacevoli. voto questo testo

  3. Grazie a tutti, siete fantastici… Sono contenta che vi sia piaciuto, non importa se è fuori ara, è una soddisfazione averlo condiviso con voi. In bocca al lupo a tutti!

      1. Si è replicato il commento di Anna, scusa, può essere che abbia sbagliato qualcosa.
        Grazie Gabriella, mi fai felice. 🙂

    1. Sono contenta così, il vostro consenso è già un premi meraviglioso Antonella!

  4. Molto spiritoso. un racconto che fa venire alla mente nostalgia. Brava

I commenti sono chiusi.