La fine del viaggio di Gabriella Grieco

griecoLa fine del viaggio

La casa era piccola, in legno e muratura, abbarbicata sul fianco della montagna. Una volta forse era stata nuova, anni e anni prima. Adesso le travi avevano perso il loro bel colore marrone intenso. Erano sbiadite e screpolate come la pittura sull’intonaco, vittime del susseguirsi delle stagioni.
Nulla è più inclemente del trascorrere del tempo.

Dopo un ultimo sguardo al lettino, l’uomo chiuse silenziosamente la porta della cameretta al piano di sopra, con una delicatezza insospettabile in quelle grosse mani da montanaro. Scese poi le scale fino al pianterreno, un lento passo alla volta. Dopo averlo liberato dall’asse che lo bloccava, aprì con un cigolio il pesante uscio che portava all’esterno.
“Dove vai, papà?” gli chiese spaventata la bambina.
Lui si fermò, la guardò con un sorriso: “A fare una passeggiata” rispose. “Vuoi venire con me?”
“Adesso? Ma non hai sempre detto che è pericoloso, di sera?”
“Non andremo lontano. Solo fino in cima. Ti voglio mostrare una cosa.”
“Una cosa bella, papà?”
“Bellissima. Allora, vieni?”
Il viso della bambina si illuminò tutto. Certo che voleva andare!
“E il fratellino? Non viene con noi?” gli chiese all’improvviso mentre già stava indossando le scarpe, accennando col mento al piano superiore.
“No, sta dormendo. Lasciamolo stare.”
“Ma se si sveglia? Si metterà di nuovo a piangere!” La bambina si sentiva responsabile, come una piccola vicemamma.
“Non ti preoccupare. Si è appena addormentato, non si sveglierà. E poi non andremo lontano, te l’ho detto.”

Fu facile convincerla. Il suo papà non mentiva mai.
Si chiusero la porta alle spalle e si incamminarono lungo un sentiero appena visibile alla luce della luna, la manina di lei stretta nella salda mano dell’uomo. Aveva un po’ paura dei mostri che uscivano al calar del sole, anche se lì in montagna ce n’erano pochi, e cercava di guardarsi intorno senza farsi scorgere dal padre. Non voleva che lui pensasse che era una fifona!
La strada era in salita, faceva molto caldo e le sporadiche folate di vento portavano con loro un familiare odore di marcio proveniente dalla pozza d’acqua poco distante. Tuttavia lo spettacolo del cielo stellato sulle loro teste era così bello che la bambina non si lamentava, anche se si sentiva mancare il respiro e non riusciva a parlare.
Neppure suo padre parlava.
Il silenzio era assoluto, appena scalfito dal fruscio degli abiti contro l’erba ingiallita.

Lei non lo sapeva. Non lo sapeva com’era, prima. Ignorava il ronzio degli insetti, il canto degli uccelli, il frinire dei grilli. Non conosceva il profumo dei fiori né la loro bellezza.
Era un’altra epoca, quella in cui vivevano. Anzi, quella in cui morivano.

Prima erano partiti i nonni. Erano anziani e stanchi, quelli che più soffrivano per la scomparsa del mondo in cui erano vissuti. Quando il cibo iniziò a scarseggiare, si incamminarono per il viaggio verso la cima della montagna.
Poi sua madre. La ricordava a malapena. Rammentava solo quella volta che era uscita di casa come un automa, senza neppure salutarla.
Papà le aveva detto che qualcosa si era spezzato nel suo cuore e che non sarebbe più tornata, ma lei l’aveva aspettata lo stesso, per tanto tempo. Poi, lentamente, la sua immagine era svanita dai suoi ricordi. Erano rimasti solo loro tre. Lei, il papà, e il fratellino che piangeva quasi sempre, ammalato di una malattia senza nome.

“Ecco, siamo arrivati.”
Il sussurro del padre spezzò il silenzio e il corso dei suoi pensieri. Lei abbassò lo sguardo al suolo: il sentiero terminava bruscamente, sul ciglio del precipizio.
“Dov’è la bella cosa, papà?” Lei non vedeva nulla a parte il vuoto. Il vento su quel piccolo spazio proteso sull’abisso si era fatto più forte, ma non sapeva più di marciume. Era quasi piacevole.
“Laggiù tesoro, vedi? Laggiù ci sono i nonni e la mamma che si sono avviati prima di noi. Dobbiamo solo fare un piccolo salto un po’ più in là.”
“Ma… papà, e il fratellino? Non riusciremo a tornare in tempo!”
“Non temere, piccola mia. Il fratellino è già lì che ci aspetta anche lui.
Vieni in braccio a me e chiudi gli occhi. Ti sembrerà di volare…”

12 Risposte a “La fine del viaggio di Gabriella Grieco”

  1. alle 00:01 di domenica 26 giugno 2016 si sono concluse le votazioni, vi ringraziamo per aver partecipato.

  2. Voto questo testo. Un racconto che leggi con il fiato sospeso e con un gran finale

  3. Voto questo testo. Sei un mostro di bravura e di finale a sorpresa 🙂

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