Non sei più tu di Luisa Cagnassi

Non sei più tu

Tema: Cervello

Non sei tu

La vita è bizzarra, come un’ombra nascosta dai raggi del sole riflette le emozioni, risvegliando le nostre coscienze. È un mistero l’attenuarsi degli ultimi bagliori mentali.
Prima che il buio ti prenda, vorrei dedicarti un pensiero. Per me è importante, ti ho sempre voluto bene, ma non ho mai pensato fosse importante dirtelo.
È difficile accettare lo spegnersi dei tuoi pensieri, della loro luce, che tu non sappia riconoscermi. Mi si spezza il cuore a osservarti così, gli occhi persi nel vuoto, mentre tenti di ripetere il mio nome.
Eri per me un esempio, il mio riferimento. Poi, a un tratto ti sei smarrito sulla strada del ritorno. Nella tua mente è sceso il buio, ti ha trascinato altrove.
Un luminare, insieme a molti altri specialisti, ha sentenziato sicuro: Alzeimer. E tu non sei più tu.
E vorrei parlarti della nostra infanzia, vissuta insieme ogni tanto. Dirti del mio entusiasmo quando ci siamo incontrati per la prima volta, bambini entrambi, confusi, emozionati.
Vorrei dirti quanto ho amato il tuo talento d’artista, il tuo essere distinto, riservato e disponibile, generoso sempre. Confidarti, come non ho mai fatto, quanto sei stato importante per me, unico anello capace di collegare le nostre vite in una famiglia composta da radici ingarbugliate, sparse.
La mia ammirazione si perdeva nelle rare ore trascorse insieme a giocare. Sei sempre stato grande e posato. Vorrei parlarti, farmi raccontare di te, porti domande rimaste sospese per discrezione, però mi guardi accennando un lieve sorriso e capisco che i tuoi occhi vagano altrove.
«Ricordi il mio nome, Francesco?» chiedo, per stimolare ciò che ti resta della memoria.
E con voce quasi impercettibile inizi a balbettare: «Ma, ma…No, non riesco»
Percepisco un lieve imbarazzo o è solo una mia impressione, poi ti scivola la caramella dalle mani, hai difficoltà a trattenere le cose. Fumare ora ti è stato impedito, potrebbe essere pericoloso, non riesci a gestire la fiamma e ti sei bruciato più volte gli indumenti. La cosa ti innervosisce, motivo per cui continui a scartare caramelle, troppe: è un modo per far passare la giornata.
Per fortuna la tua casa ha un grande giardino, dove passeggi inquieto, chiedendo ogni minuto: «Andiamo,.andiamo fuori.» e il tuo tempo trascorre lento, in qualche modo e ti pesa.
Cos’è successo nella tua mente, non so spiegarlo. Troppo rapido è stato il declino, ti sei perso per strada all’improvviso, che sgomento!
Hanno telefonato a tua moglie, tu non ne sei stato capace, e ti sono venuti a prendere: non trovavi più la via del ritorno. Avevi accostato l’auto per chiedere aiuto a qualcuno: meno male, poteva finire peggio.
Si erano già accorti a casa, che qualcosa era cambiato dentro di te, ma sei sempre stato taciturno e questo ha fuorviato le valutazioni. E poi, come si può affrontare un discorso tanto delicato con un uomo poco più che sessantenne? Sicuramente non lo avresti accettato.
Troppo presto è accaduto. Tutto il mondo intorno a te è crollato; l’azienda, le tue passioni, dipingere per te è diventato difficile, non riesci a coordinare pennelli e colori. I tuoi quadri mi hanno sempre entusiasmato e, quando mi hai regalato questo raffigurante una bella composizione floreale, mi sono sentita onorata di poterlo esporre sulle pareti della mia nuova casa.
Il tuo cervello ha avuto un black-out, hai perso le informazioni della memoria, si sono mischiate, confuse, non so spiegarmelo, ma è successo proprio a te e mi fa male vederti ancora bello e prestante, vagare senza consapevolezza, come un bimbo impaurito.
Hai avuto tanto, lo hai ampiamente meritato, sul lavoro e fuori e ti è stato sottratto precocemente.
Mamma non sopporterebbe di vederti così, stravedeva per te e io, da bambina ne ero gelosa.
Chissà per quale ragione le raccontavi dei tuoi successi, poi esordivi con una frase: «Mi rammarico solo di una lacuna: vorrei essere nato intelligente.» Non me lo sono mai spiegato. Forse presagivi?
Spero tu non sia in grado di capire, me lo auguro profondamente, è umiliante farsi imboccare al ristorante, lasciar gestire le tue scelte, far guidare la tua mano, quando non riesci a portare il cibo alla bocca. Rimediare se ti butti addosso il gelato. Quello non deve mancare mai a fine pasto.
E, quando tua moglie interviene per aiutarti, hai come un gesto di stizza. Allora penso “non è vero che non si rende conto della situazione”. E’straziante per me.
Vorrei accadesse un miracolo, anche se hai superato ormai la settantina. Venisse trovato un rimedio per fermare questo regredire della mente. Magari testando una terapia di nuova generazione con particolari esercizi al computer, in quel caso potremmo ancora raccontarci di noi, di quando si era sereni e giocavamo a tirare di boxe con i guantoni di pelle del nonno.
Qualche giorno fa hanno parlato in televisione di questa nuova sperimentazione. Te lo auguro, non vorrei perdere io stessa la lucidità e anche il mio cervello andasse in confusione: purtroppo i nostri contatti si spegnerebbero per sempre.

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