Louis Gitanes e il Signore dei Sogni di Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni

Louis Gitanes e il Signore dei Sogni di Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni

Genere:  Surreale/Umoristico/Noir.

Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni
PRESENTANO
Xavier Morales, che
PRESENTA
Le straordinarie avventure del detective Louis Gitanes

L’agente Xavier Morales, dell’Interpol HID, per far colpo sulla bella Sarah Kelvin contesa con il collega Mike Barnes e onestamente disinteressata alle avances di entrambi, si improvvisa giallista e crea le avventure di un detective francese degli anni Trenta. Il tentativo di seduzione letteraria fallisce miseramente, nonostante la giovane agente adori le belle storie, ma ormai il detective Louis Gitanes ha preso vita e, come tutti i personaggi che si rispettino, non accetta l’oblio e costringe il suo autore a continuare a scrivere.

* * * *
Louis Gitanes e il Signore dei Sogni

Parigi, la città più straordinaria del mondo, era anche straordinariamente calda in quei giorni. Un’ondata straordinaria di caldo, quell’anno straordinario degli straordinari anni Trenta, metteva in seria difficoltà anche persone straordinarie come il detective Louis Gitanes. Michel de Barnée, il meno straordinario degli assistenti, era a letto con l’influenza. Il suo mentore, datore di lavoro e unico amico al mondo avrebbe potuto concludere che non ne combinava mai una giusta, ma Gitanes era preoccupato. Non molto, ad essere sinceri, ma un pochino sì.
Il buon detective ne stava giustappunto parlando con la sua fidanzata, Danielle, mentre passeggiavano mano nella mano nell’ombroso giardino della villa di famiglia dei du Bois. Il parco attorno all’antico maniero du Bois era un luogo incantato: ordinato, elegante e allo stesso tempo naturale e delicato. In questo rifletteva la natura della splendida Danielle. La ragazza dai lunghi capelli biondi raccolti in un elegante chignon parlava con Gitanes di fronte a una fontana di marmo coperta di muschio.
“Sei troppo sensibile, Louis” osservò la giovane, carezzandogli dolcemente il viso. “Il tuo assistente è un tipo un po’… originale. Sono convinta che abbia trovato un qualche sistema, ingegnoso e strampalato come al solito, per prendersi un’infreddatura estiva e che il caso degli invasori ultradimensionali, durante il quale è rimasto accidentalmente esposto ai macchinari di quello scozzese pazzo, non c’entri nulla con la sua recente indisposizione.”
Gitanes era un tipo straordinario, ma questo era risaputo. Alto, muscoloso e dotato di un paio di virili mustacchi neri, univa la bellezza alla rude prestanza. I suoi occhi scuri potevano terrorizzare il più malvagio dei criminali parigini ma si addolcivano sempre quando era in compagnia della sua fidanzata. L’uomo si strinse nelle spalle. “Non vorrei che intervenissero i sindacati. In effetti non so neppure se esista un sindacato degli assistenti degli eroici detective.”
“Ti senti in colpa perché sei una persona onesta e buona, Louis” gli disse la ragazza, guardandolo con i suoi occhioni blu colmi di amore.
Lui le sorrise. Non che si sentisse particolarmente buono né del tutto onesto: per sopravvivere in quei tempi caotici, gli investigatori privati dovevano possedere quel pizzico di malizia che li escludeva dal novero degli aspiranti boy scout. Comunque, per sollevare il suo piccolo senso di colpa, avrebbe chiesto alla dottoressa Larsen di dare un’occhiata a de Barnée.

“Non mi convince” ammise la dottoressa Larsen. “No, detective. Non va bene, non va bene per niente.”
Gitanes alzò un sopracciglio. “Esattamente che cosa è che non va, dottoressa?”
La dottoressa Larsen era uno dei migliori cervelli della Sorbonne; se non avesse perso tanto tempo a litigare con il dottor Seamus McKormick, probabilmente sarebbe stata ricca e famosa. Era una bella donna scandinava di quarant’anni, alta quasi quanto Gitanes, con un caschetto di capelli biondi e un bel sorriso ironico dipinto sul viso luminoso.
La donna aveva esaminato con attenzione Michel de Barnée con i costosi macchinari della Sorbonne, quindi aveva chiamato il detective fuori dalla stanza. “Le sue condizioni non sono dovute a un’infreddatura. L’organismo sembra indebolito perché il suo sonno non è abbastanza profondo.”
Il detective era perplesso. “Si spieghi meglio, per cortesia.”
“Lei sa che esistono diversi stati e che il sonno profondo è quello che…”
Gitanes la fermò. “No, non lo so, dottoressa. Mi fido ciecamente di lei, per cui mi dica cosa implica questa specie di anomalia del sonno.”
”Purtroppo non sono buone notizie: soffrirà di allucinazioni e alla fine perderà il senno…”
”E dove lo troverebbe il senno?”
La dottoressa lo ignorò. “E infine morirà.”
“Morirà?” Gitanes spalancò gli occhi. “Questo potrebbe essere un problema, in effetti. Sicuramente esistono pochi assistenti così…”
”Fidati?”
“Stavo per dire a buon mercato, comunque anche fidati va bene. Non si può evitare in qualche modo?”
“Bisognerebbe prima capire che cosa gli impedisce di arrivare al sonno profondo. In assenza di una spiegazione, posso fare qualche tentativo, ma non posso garantire nulla.”
“Una martellata in testa lo aiuterebbe a dormire?” chiese Gitanes. “No, dalla sua espressione vedo che non è il caso di insistere. Il problema non potrebbe dipendere dai recenti avvenimenti con gli invasori ultradimenati?”
“Ultradimensionali? Senta, ho ascoltato quella storia pazzesca di McKormick, ma onestamente…”
Lui la fermò. “Qualsiasi cosa possa pensare della sanità mentale del buon dottore scozzese, il nostro de Barnée è rimasto coinvolto in uno dei suoi esperimenti armorici per ristabilire la fase qualica.”
“Esperimenti armonici per la fase quantica, vorrà dire.”
“E’ quel che ho detto, dottoressa. Ammetterà che de Barnée, qualsiasi siano le cause, sembra fuori fase. Più del solito, voglio dire.”
“Esperimenti armonici, eh?” La dottoressa sembrava concentrata. Gitanes ne approfittò per accendersi una sigaretta.
“Le farà male” gli disse lei in automatico, senza perdere il filo dei propri pensieri.
“Diavolo! Siamo negli anni Trenta: fumano tutti!” protestò il detective. “Insomma, dottoressa, un enorme magnete a forma di forchetta da barbecue che vibra come un frullatore può disturbare il sonno profondo?”
“Non mi metta sotto pressione, giovanotto!” lo avvertì, severa.
“Vuol dire che lo chiederò a McKormick” sbuffò Gitanes.
“Vuole affidare la vita del suo assistente a quello scimunito?” si stupì lei, spostandosi per lasciar passare due uomini in camice bianco che trasportavano una barella con un paziente coperto da un lenzuolo di lino.
“Dottoressa, non voglio metterla in competizione con McKormick, voglio salvare la vita del mio assistente. Se il cervello di de Barnée è sfasato e non riesce a riposare, allora bisogna rimetterlo in fase. Lei sa come fare?”
“Francamente non sono neppure convinta della teoria del multiverso” ammise.
“Bene, allora per il bene del mio assistente e della Francia, dovrete collaborare!”
La dottoressa sgranò gli occhi. “Della Francia?”
“Certamente. La morte di de Barnée getterebbe scompiglio nella vita del miglior detective che la Repubblica abbia mai avuto.”
“In questo caso, e solo per la Francia, collaborerò con lo scimmione scozzese.”
“Bene, il piano A c’è.” Gitanes si affacciò nella stanza di de Barnée. “Peccato dover passare subito al piano B.”
“Perché mai?” si stupì lei.
“Elementare, mia cara” le disse lui con un certo imbarazzo. “Perché mentre discutevamo qualcuno ha rapito Michel de Barnée!”

“Mi dispiace, mio caro Louis” stava dicendo il professor Cimierre. Il vecchio capo di Gitanes alla polizia era un uomo anziano dagli occhi leggermente a mandorla e una corta barba grigia. Aveva in bocca la pipa spenta e un’espressione di sofferta empatia nello sguardo. “I miei uomini stanno perquisendo tutta la Sorbonne, ma finora non hanno trovato nulla di significativo. Secondo me i rapitori saranno ormai lontani. Ho avvertito la centrale operativa e presto allargheremo la zona delle ricerche a tutta la città. C’è qualcos’altro che posso fare per te?”
Gitanes strinse i denti furibondo. “Mi metterò a caccia dei rapitori di persona, professore! Me l’hanno portato via da sotto al naso, è diventata una questione personale. Lei istituisca dei posti di blocco: eviti ad ogni costo che lascino Parigi.” Quindi si rivolse alla scienziata. “Dottoressa, posso aver fiducia in lei? Porterà avanti il piano per curare il mio assistente mentre io sarò impegnato nel suo salvataggio?”
La dottoressa Larsen annuì. “Lasci pure la questione nelle mie mani, detective. Farò del mio meglio, glielo prometto.”
Gitanes si accommiatò con un cenno e si allontanò rapidamente. Due uomini con un malato in barella avrebbero avuto bisogno di un’autoambulanza per non dare nell’occhio: il detective poteva seguire quella pista.
Senza rallentare il passo Gitanes raggiunse la sua auto, una Citroën Rosalie del ’32, e pochi istanti dopo sfrecciava per le strade di Parigi diretto verso il garage di madame Venimeux.

La migliore ricettatrice di auto di Parigi era una donna bionda sulla cinquantina, il viso sfregiato da una vecchia cicatrice. I suoi clienti e i suoi scagnozzi la chiamavano madame Venimeux, ma Gitanes era abbastanza certo che quello non fosse il suo vero nome.
Il suo garage era un edificio spoglio e sporco nella periferia nord della città, un ritrovo per criminali di basso calibro e uomini d’affari con la coscienza poco pulita. Gitanes entrò con una certa cautela: aveva ritirato i pantaloni in lavanderia la sera prima e non era il caso di ungerli con il grasso che ricopriva ogni cosa lì dentro. Posò la mano sul revolver alla cintura e avanzò tra pezzi di auto, gomme e pile di rottami sparsi, fino ad arrivare alla stanza adibita ad ufficio.
“Madama, i miei saluti” esordì allegramente, accendendosi una sigaretta.
La donna portò una mano al cassetto della scrivania, ma si fermò quando riconobbe il nuovo arrivato. “Ma guarda chi si rivede!”
“Non preoccuparti, non sono qui per arrestarti o qualcosa del genere” la rassicurò.
“Ti serve un’auto nuova? Hai deciso di disfarti di quella ridicola Citroën bordeaux?”
Lui digrignò i denti. “La mia auto è perfetta, grazie tante.”
“Se non altro con quel colore ti vedranno arrivare da chilometri di distanza” rise lei.
”A proposito di auto… Un uccellino mi ha detto che hai fatto un affare con un’autoambulanza, proprio stamattina.”
“Detesto gli uccellini, quando cantano fanno più danni di quando cag…”
“Voglio fartela breve” l’interruppe Gitanes. “Tu non ci interessi, madame Venimeux. Se ci dai le informazioni che cerchiamo, non avrai guai di nessun tipo.”
“Vuoi il nome del compratore?”
“So già chi è” le disse Gitanes. “Il nostro vecchio amico Smirnov, il rinnegato dei servizi segreti russi.”
“Sono abbastanza saggia da non intromettermi nella vostra piccola guerra privata” obiettò la donna. “Anche io ho avuto la mia parte di grattacapi con quel lurido verme, e ho un conto aperto lungo da qui a Lione con lui. Ma che vuoi che ti dica? Gli affari sono affari, dopotutto, e lui paga bene quando non ti tira un bidone. Cosa vuoi da me, esattamente?”
“Voglio trovarlo. Ha preso qualcosa che mi appartiene.” Gitanes buttò a terra la sigaretta e la schiacciò con lo stivale.
“Cosa ti ha rubato con un’ambulanza?” chiese lei con un’espressione beffarda. “Una nonna malata?”
“Te lo chiedo una volta sola: dove si è nascosto Smirnov?”
“Non ne ho la più pallida idea.”
“Andiamo! Sei una donna piena di risorse: vuoi farmi credere di aver fatto affari con lui senza premunirti? Avrai preso qualche informazione per tirarti fuori dai guai con la polizia, nel caso il piano di Smirnov fosse andato all’aria!”
“No, certo che no” ammise lei. “Ho sempre un piano di riserva. Ma il piano di Smirnov è andato all’aria?”
“Visto che sono qui…”
“Ma lui l’aveva previsto, Gitanes. Ha detto che saresti arrivato e che la cosa faceva parte del suo piano geniale. Ti ha lasciato un messaggio.” E gli passò una busta da lettere sigillata.
“Dannazione!”
“Mi dispiace quasi dirtelo, Gitanes, ma questa volta è stato più furbo di te!”

Nella piccola sala della Sorbonne che utilizzavano come centrale di gestione della crisi, il professor Cimierre sprofondò nella poltrona, aggrottando le sopracciglia. “Leggilo un’altra volta, Louis.”
“Ebbene si. Questa volta ti o fregato x bene. Scordati il tuo kolega e preppara sedici lingoti doro senò libero il potere che tu sai sula cita” lesse il detective. “Mi faro sentire. Bacibaci. S.”
“Terribile” si lagnò l’anziano poliziotto.
“Sì, capo, ma d’altra parte è un russo.” Gitanes alzò le spalle. “Può migliorare facilmente la grammatica: basta un corso base di francese. Per esempio all’ambasciata…”
“Credo che si riferisse al contenuto” intervenne la dottoressa Larsen.
McKormick annuì. Era un ometto di mezza età, con corti capelli color topo e spessi occhiali dalla montatura di tartaruga. Per quanto fosse professore di fisica e avesse una mente geniale, la sua materia preferita era la parafisica: fantasmi, dimensioni parallele, alieni, mostri e folletti. Gitanes lo aveva ripetutamente tolto dai guai e in cambio lo scozzese gli forniva qualsiasi aiuto potesse approntare con i suoi marchingegni luccicanti e improbabili. Soltanto poche settimane prima, McKormick aveva fabbricato una macchina per varcare le membrane del multiverso e aveva provocato un vero disastro: Gitanes era stato costretto a una lunga caccia all’uomo per Parigi, lottando contemporaneamente contro Smirnov che cercava di impadronirsi dell’apparecchio. La vicenda si era conclusa bene, anche se il russo era scappato e l’assistente del detective aveva messo le mani dove non doveva.
“Non ho la più pallida idea di quale sia il potere a cui si riferisce” ammise Gitanes. Quindi puntò il dito su McKormick, guardandolo con severità. “Seamus, c’è qualcosa che vuoi condividere con noi, circa l’effetto dell’incidente occorso a de Barnée?”
L’ometto esitò. Strinse gli occhi porcini e si schiarì la voce. “Come voi tutti sapete, tranne la dottoressa Larsen che non ne vuole proprio sapere, de Barnée spinse bottoni a caso sul sintonizzatore multiversale che avevo costruito, ed evocò un certo numero di copie di se stesso da universi paralleli.”
“Impiegammo due settimane a rimandarli tutti a casa” confermò Cimierre. “Ce n’era una stanza piena: è stata un’esperienza raccapricciante!”
“E’ possibile che nel tempo in cui sono rimasti insieme abbiano avuto un processo di armonizzazione neurale, simile a quello in cui le donne che vivono insieme sintonizzano il ciclo mestruale.”
“Traduci, Seamus!” intimò Gitanes.
“In pratica potrebbe esserci un legame nell’inconscio che si manifesta nelle prime fasi del sonno” sintetizzò l’ometto. “Ora non capisco come questo possa nuocere alla città, però si dice che il confine tra sogno e veglia nasconda in sé il potere di realizzare le fantasie. Moltiplicando l’effetto per il numero di de Barnée implicati nella rete multiversale e tenendo conto che nel solstizio d’estate le barriere tra gli universi sono più sottili…”
“E’ semplicemente un’idiozia” protestò la dottoressa Larsen.
“No, dottoressa. Se c’è un modo di far danni, sia de Barnée che il dottor McKormick lo troveranno. Se quei due si mettono a pasticciare con la stessa apparecchiatura sperimentale, può star certa che i danni saranno inimmaginabili.”
“Questo è ingiusto” si lagnò McKormick. “Non è stata colpa mia!”
“Prima di distribuire le colpe, cerchiamo di risolvere il problema” intervenne Cimierre, con attempata saggezza. “In definitiva, quale potere e quale rischio derivano da questa sintonizzazione?”
“Il rischio è che, estendendo in un loop la fase del dormiveglia, Michel de Barnée impazzisca e muoia per mancanza di sonno” disse tristemente la dottoressa Larsen.
“E il potere, ammesso che la mia teoria sia fondata, dovrebbe essere quello di infrangere le barriere probabilistiche e apportare modifiche rilevanti nella realtà.”
Il detective alzò gli occhi al cielo. “Perché voi geni pazzi dovete sempre parlare in questo modo?”
McKormick tradusse: “de Barnée potrebbe avere il potere di materializzare le proprie fantasie, non quelle razionali, ma quelle pazzesche che popolano i sogni.”
“Molto bene” fece Gitanes, accendendosi una sigaretta. “Anzi, molto male. E come lo fermiamo?”
La dottoressa Larsen prese in mano un oggetto di metallo scintillante. “Con questo. E’ un percussore armonico. Ammettendo per assurdo che le cose stiano come dice l’orango con gli occhiali, colpendo il cranio del suo assistente in un punto specifico e con forza sufficiente, riporteremo il suo cervello allo stato precedente.”
“Ma è un martello!” esclamò Gitanes. “E io l’avevo detto fin dall’inizio che serviva una martellata in testa!”
Un agente si affacciò nella stanza. “Capo, sta piovendo!” annunciò.
“E allora?” chiese Cimierre. “Un po’ d’acqua non ha mai fatto male a nessuno.”
“Già, ma sta piovendo tè freddo.”

“Come diavolo faceva Sherlock Holmes a chiarirsi le idee quando Watson era in vacanza?” si chiese ad alta voce Gitanes, mentre sfrecciava con la sua magnifica auto per Boulevard Saint Michel. “D’accordo Gitanes: pensa, pensa, pensa! La cura è stata predisposta, Cimierre si occupa del riscatto, tu devi soltanto trovare dove si nasconde l’agente Smirnov. Se fossi un disertore dei servizi segreti russi dove ti nasconderesti con un malato catatonico in grado di materializzare le fantasie dei sogni, un’autoambulanza e uno o due complici?”
C’erano pochi posti dove un’ambulanza non avrebbe attirato un’indebita attenzione: erano macchine moderne e non ne giravano poi tante per Parigi. Un ospedale abbandonato? Una caserma dei pompieri? Un edificio industriale in disarmo? I suoi pensieri furono bruscamente interrotti da uno sciame di farfalle variopinte che sorvolavano il boulevard. La più piccola aveva le dimensioni di un biplano.
“Dannazione alla tua fantasia malata, de Barnée! Cimierre dovrà chiamare l’aviazione per liberarsi di quei cosi.”
Gitanes svoltò a sinistra verso il Panthéon e accelerò. Avrebbe seguito a ritroso il percorso delle superfarfalle. Probabilmente de Barnée materializzava i suoi sogni vicino al posto dove era tenuto prigioniero e questi poi andavano a zonzo per Parigi.
Un centinaio di metri più in là, intravide con la coda dell’occhio l’ambulanza parcheggiata in una strada laterale e frenò bruscamente. Si mise il cappello in testa e uscì rapidamente dall’auto, impugnando il revolver. “A noi due Smirnov!”
Fece il giro dell’isolato, avvicinandosi con cautela da dietro. Balzò nel veicolo con la pistola spianata, ma era deserto. Gitanes imprecò. Ispezionò l’interno con una certa irritazione, finché non vide la sveglia in un angolo.
Che diavolo ci faceva una sveglia in un’ambulanza? A meno che…
Gitanes si catapultò fuori e cominciò a correre come se ne andasse della sua vita, probabilmente perché ne andava davvero della sua vita.
L’esplosione lo buttò a terra e lo assordò. Pezzi di ambulanza cadevano tutt’intorno; dove era parcheggiata restava soltanto un rottame infuocato. Il detective si alzò, stordito ma fortunatamente illeso.
“Davvero divertente. Pagherai anche questa Smirnov!” urlò Gitanes al cielo indifferente, pieno di colossali farfalle.
Quel caso stava mettendo a dura prova i suoi nervi: per quanto si sforzasse il suo avversario era sempre un passo avanti a lui. Era ora di uscire dagli schemi e portarsi in vantaggio.

“Avete raccolto i lingotti?” strillò Gitanes. Il detective aveva i vestiti sporchi e laceri, le mani e le ginocchia sbucciate ed era di pessimo umore.
La task force improvvisata si era riunita ad ascoltare con stupore il racconto dell’attentato dinamitardo. Probabilmente non sarebbe stato necessario riunirsi, visto che la potente voce del detective raggiungeva tranquillamente ogni angolo dell’università.
“Cimierre, non gli può spiegare che lui è mezzo sordo ma noi ci sentiamo benissimo?” si lagnò McKormick.
“Glielo scrivo” si offrì la dottoressa Larsen, dando prova della famosa efficienza del nord Europa. Scrisse un biglietto e lo passò al detective, che annuì.
“Ci vorrà del tempo per raccoglierli” disse Cimierre, un po’ strillando un po’ accompagnando le parole con la mimica. ”La città è nel panico più assoluto. Un’orda di mammuth accaldati sta pascolando nel Jardin des Plantes, l’aviazione si sta occupando dei lepidotteri giganti, sulla Senna hanno avvistato una tazza di caffè delle dimensioni di un transatlantico.”
“Eh, sì. Smirnov non può controllare i sogni di de Barnée, può solo impedirci di porvi fine” osservò il detective. “Non abbiamo abbastanza uomini per rimediare ai guai, figuriamoci per dargli la caccia!”
“Cosa facciamo, allora?” chiese McKormick preoccupato.
“E’ ora di usare le maniere forti.” Il detective battè il pugno sul tavolo. “So esattamente come fare: anche se sarà un piano estremamente rischioso e totalmente idiota, funzionerà splendidamente.”
Cimierre sospirò. “Che cosa devo fare io, Louis?”
“I lingotti sono il nostro piano B, qualcuno deve continuare a raccoglierli per il riscatto.”
“Non siamo già alla lettera C?” s’informò la dottoressa Larsen.
“Quel che è.” Gitanes alzò le spalle. Poi si rivolse a Larsen e McKormick. “Voi due cervelloni venite con me: è ora di lanciare la controffensiva!”

Il malandato furgone del latte correva sul Pont d’Austerlitz, seminando un fumo denso e acre nell’aria afosa del pomeriggio. Due auto lo inseguivano furiosamente e implacabilmente.
Alla fine del ponte l’autocarro svoltò a destra, quindi di nuovo a sinistra per seminare gli inseguitori. Dopo qualche istante fu su Rue Buffon, dove accelerò ancora, approfittando del lungo rettilineo che fiancheggiava il Jardin des Plantes.
Un paio di giovanotti che attraversavano la strada evitarono a malapena di essere travolti e finirono contro un cassonetto della spazzatura, rovesciandoselo addosso.
“Tutto bene dottor Bohmers?” chiese uno dei due, cercando di ripulire come poteva la camicia dell’altro, che doveva essere tedesco o olandese.
“Pazzi parigini delinquenti!” disse questi alzando il pugno con fare minaccioso. Due auto in rapida successione lo costrinsero a tuffarsi ancora nel mucchio di spazzatura.
Il furgone del latte sbandava furiosamente e le due automobili guadagnavano terreno, quando all’improvviso altri veicoli chiusero la strada davanti al fuggitivo. L’aria si riempì dell’odore disgustoso di gomme bruciate; il camioncino si fermò in mezzo alla strada.
Dopo un istante, Gitanes scese dall’auto e avanzò verso il furgone con il revolver in mano. “Arrenditi Smirnov! Sei circondato.”
Il russo scese dal furgone. Era un uomo ancora giovane, né alto né basso, né magro né robusto, né bello né brutto. Anonimo al punto che nessuno lo avrebbe mai guardato due volte. Vestiva in modo assolutamente comune e indossava un grembiule da lattaio. L’unica cosa che si sarebbe notata in quel momento era il mitra che impugnava minacciosamente, un Thompson 45, di quelli che sfoggiavano i gangster americani nel decennio passato.
“Come diavolo hai fatto, dannato francese dei miei stivali?”
“Il tuo piano era molto ingegnoso: girare per il centro di Parigi in un furgone qualsiasi. Con il pandemonio suscitato da de Barnée non ci sarebbero mai stati abbastanza uomini per trovarti e, non restando mai fermo, sarebbe stato impossibile localizzarti. Alla fine avremmo pagato il riscatto per la disperazione.”
“Infatti, ma tu hai trovato un modo di individuarmi lo stesso. Quale?”
“Non ha nessuna importanza, Smirnov. Posa l’artiglieria a terra e alza le mani.”
Dal furgone scesero due uomini armati di fucile che si accostarono al russo.
“Forse faresti meglio a posare il revolver e alzare tu le mani” disse il russo. “Sei in minoranza.”
Uno dei suoi scagnozzi alzò il fucile, ma una voce alle sue spalle lo fermò. “Io non ci proverei se fossi in te.”
Il russo si girò immediatamente. Louis Gitanes avanzava con il revolver spianato. Dietro di lui venivano altri tre Louis Gitanes, tutti armati e pronti ad aprire il fuoco.
“Per fortuna il buon McKormick aveva ancora il coso multicosale!” disse il primo Gitanes, mentre da tutte le direzioni altri Gitanes convergevano verso il furgone. Smirnov ne contò quindici, quindi buttò a terra l’arma, subito imitato dai suoi uomini, e un istante più tardi venne ammanettato da uno dei tanti detective.
“Ci sono mie versioni alternative che girano per tutto il centro, mio caro Smirnov.” Gitanes sogghignò. “Ride bene chi ride ultimo!”

“Visto che non vuoi neppure sentir parlare di tè freddo, ti verso una birra?” propose la dolce Danielle.
Gitanes annuì. “Una birra è sempre gradita. Vittorie come queste richiedono adeguati festeggiamenti.”
I due erano seduti sul prato, sotto l’ombra di un ciliegio. Un grande cesto da picnic era posato accanto al tronco.
Danielle rise. “I festeggiamenti stasera, in privato.” Versò un bicchiere di birra gelata e lo porse amorevolmente al fidanzato. “E così hai curato de Barnée in tempo?”
“Certamente. L’ho martellato di persona.”
“E i Gitanes alternativi? Devo ammettere che è inquietante l’idea di avere tanti fidanzati in giro per la città.”
Lui le sorrise rassicurante. “Sono stati tutti accuratamente martellati e rispediti a casa loro. Per fortuna li avevamo forniti di bigliettini con i loro timbri nonsocosa: questo ci ha permesso di sbrigarcela in un paio d’ore invece di impazzire per giorni e giorni come era accaduto la volta scorsa.”
“Non capisco una cosa” aggiunse lei. “Quando è successo a McKormick, la sua copia è impazzita ed è fuggita per Parigi combinando disastri a ripetizione, mentre de Barnée e i suoi cloni erano come rincretiniti. Invece le tue versioni alternative erano efficienti e disciplinate. Come mai?”
“Ma, tesoro mio, perché io sono un tipo straordinario. In tutti gli universi.”

© 2014, Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni

NOTE DEGLI AUTORI

Le avventure di Louis Gitanes nascono come soggetto per una graphic novel (in parole povere un fumetto non specificamente indirizzato ai ragazzi), uno spin-off della nostra serie di Jacques Korrigan. Ispirate ai fumetti del secolo scorso (Nick Carter, Dick Tracy, persino l’Uomo Mascherato e gli universi Disney e Marvel), sono raccontate come lo spagnolo Xavier Morales, agente dell’Interpol-HID, narrerebbe una storia. Mentre il buon Morales inventa il detective Gitanes per far colpo sulla bella Sarah Kelvin, mettendo scherzosamente in difficoltà il suo rivale irlandese Mike Barnes, noi ne approfittiamo per un esercizio stilistico e per far sorridere voi lettori.
Chi non avesse mai letto Jacques Korrigan (per quanto possa apparire strano, è rimasto ancora qualcuno da assimilare) può leggere tranquillamente queste storie, che sono autoconclusive. Magari non capirà perché l’ispettore Gitanes abbia una Citroën bordeaux, o perché il narratore tratti così male il povero Michel de Barnée, ma sono particolari poco rilevanti. I personaggi che Morales mette nei suoi gialli sono caricature di personaggi che i lettori di Korrigan conoscono bene, per cui alla fine questa è metaletteratura; una cosa un po’ cervellotica, ce ne rendiamo conto. Speriamo che vi diverta lo stesso. Morales utilizza nei suoi gialli molte delle tematiche che saltano fuori nei casi di Jacques Korrigan. Il nostro detective è un buon detective: per quanto possa apparire disinteressato alle teorie cosmologiche, all’evoluzione e all’etnologia e invece appassionato di birra, ragazze, spiagge assolate, belle auto, sport e amenità del genere, apprende facilmente da quello che sente dire e rielabora le informazioni per farne un quadro utile alle indagini. O ai suoi gialli.

19 Risposte a “Louis Gitanes e il Signore dei Sogni di Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni”

  1. Bello, mi piacciono i polizieschi, anche se i francesi in genere sono un po mosci, questo Gitanes è rigido come una sigaretta. Vedo che anche qui si scrive in coppia, bravi ragazzi, dopo il lavoro, lo svago. 😉

  2. Bravissimi!!!Non c’è da aggiungere altro alla vostra bravura! Voto per questo testo

  3. Mi piace. Voto questo testo. Bello stile, equilibrato, divertente. Bravi

  4. Davvero molto divertente. Sto ancora ridendo! Per certi versi mi ricorda il film di Luc Besson: Adele e l’enigma del faraone. Voto!

  5. Divertentissimo e ben scritto. Surreale! Voto questo testo.

  6. Il tanto atteso spin-off di Morales non poteva deludere. Voto questo testo!!!

  7. Accattivante e con una bella ironia. Sì, piaciuto! Voto questo testo!

  8. Molto divertente… fortunatamente ho potuto apprezzare alcuni “sottili” riferimenti fatti da Morales… mi è venuto anche un altro dubbio, il narratore sarà un appassionato del detective Sam Space?

  9. Bellissimo spin-off dello spin-off, Korriganception. ಠ_ಠ
    Questa coppia di autori non riesce a deludermi, racconto divertente e scorrevole che non fa altro che mettermi hype per il prossimo.. che sia esso Jacques, Morales o Gitanes.
    Voto per questo testo.

  10. Scrivete in modo assolutamente ottimo, si legge tutto d’un fiato e si godono immagini e situazioni descritte sempre in modo egregio. Bravissimi, continuate a farci felici !!!

I commenti sono chiusi.