L’artigiano dei Sogni di Jill Parker

L’artigiano dei Sogni di Jill Parker

Genere: Onirico/Fantastico.

Le mani segnate dal tempo incastrarono con pazienza l’ultimo pezzo, le dita batterono sul legno scuro, intagliato con molta attenzione, per ascoltare l’eco che ne uscì. Soddisfatto del proprio lavoro, l’uomo sollevò la scatola tra le mani; amava l’estate, la luce calda, avvolgente, il modo sottile in cui voce del mare e delle montagne si faceva sempre più vicina, intessendo un invito a cui non si poteva resistere a lungo. Ma erano altri dettagli a spingerlo a creare le sue piccole scatole, i forzieri con cui custodiva i sogni e i desideri imprimendoli per sempre nel legno scelto con cura: ognuna aveva un profumo diverso, promesse bisbigliate da quella stagione ingannevole in cui ogni cosa sembrava poter durare per sempre, un desiderio, un sogno difficile da realizzare. Alcuni erano più sbiaditi, soffusi ed effimeri come se la trama dell’arazzo si fosse improvvisamente allentata e ne avesse lasciato soltanto il ricordo; altri erano forti, gridavano con le tempeste e con il vento, svettavano tra le nubi pigre nel cielo dell’estate come torri fantastiche. A lui non importava, non faceva distinzioni tra i suoi lavori… tutti i sogni meritavano una possibilità, e lui lavorava per crearla, plasmandola con le sue mani nodose e sagge. Soddisfatto, l’artigiano ripose la scatola – era piccola e leggera – su uno scaffale: la stanza ne era ricolma; grandi, tonde, quadrate, piramidi e forme che ancora non avevano un nome ingombravano ogni angolino, anfratto o ripiano. Alcune le aveva donate al vento, altre alla notte, perché li portassero in luoghi e tempi dove si sarebbero potuti avverare, dove lo spirito di un bambino poteva comprenderne l’essenza, ma la maggior parte erano ancora li, pulite e ordinate con precisione. Aprì la finestra ed il canto del mare riempì il silenzio lasciato dalla fine del lavoro: le onde si infrangevano sulla scogliera, la spuma giocava tra gli scogli rincorrendosi con l’acqua salmastra e innalzandosi verso la terra quando la brezza si alzava pigramente a carezzarla. Il vecchio artigiano sorrise con un misto di divertimento e apprensione, lo sguardo era quello di un padre che osserva i bambini correre nel giardino. “E che ne è della tua scatola?” Un gabbiano, uno di quelli piccoli e scaltri, si posò accanto a lui -abbastanza lontano da fuggire nel caso l’avesse irritato – e lo fissò con curiosità. Il vecchio tossicchiò, a disagio. “Nessuno ha fabbricato la mia scatola, amico mio. La Tua, ad esempio, è una delle più piccole… una di quelle che è facile regalare.” Il gabbiano saltellò più vicino alla sua mano quando la protese per accarezzare il piumaggio grigio come il fumo. Era giovane e avrebbe volato lontano, così come era impresso sul legno chiaro e sbiancato dalle onde con cui aveva fabbricato il suo sogno.

“Secondo me dovresti farla.” Il gabbiano parlò con voce salda, ma la sua attenzione fu attirata presto dallo stormo che lasciava la terra per andare a cacciare in mare aperto. Il piccolo corpo fremette ed il vecchio lo lasciò andare. Mentre il suo amico volava con grazia, scivolando tra le dita del vento, l’artigiano storse le labbra: non era sicuro di ricordare come si facesse a sognare, ma il gabbiano aveva ragione… aveva costruito i sogni di quel mondo per più tempo di quanto riuscisse a ricordare, incastrando e tagliando, sussurrando con voce sottile le parole che sarebbero rimaste chiuse per sempre nelle sue creazioni. E l’estate portava sempre quella sensazione un po’ triste, intrisa dalla consapevolezza che quella stagione sarebbe presto scivolata nel fresco dell’autunno e che i sogni avevano il diritto di essere vivi come qualunque altra cosa; il vecchio decise che anche lui ne aveva diritto, e ringraziò mentalmente il suo piccolo amico.
Chiuse fuori l’estate, abbassando le tende di raso scuro e facendo piombare la stanza nella penombra placida in cui amava tanto lavorare. Il tempo divenne soltanto il rumore flebile delle onde all’esterno, notte e giorno si fusero assieme in un crepuscolo senza fine, accompagnato dai suoni familiari che scandivano la costruzione della scatola di legno, dal profumo delle tavole e dalla leggerezza degli strumenti precisi. Non seppe dire quanto a lungo lavorò sul suo sogno. Le prime tre scatole finirono nel camino acceso prima ancora di essere completate, troppo piccole, troppo grandi, troppo fragili. La quarta lo distrasse e prima ancora di rammentare per chi stesse intagliando sussurrò con amore “non piangere più, bambina… l’estate tornerà presto ed i tuoi occhi la guarderanno con la saggezza di una donna.” La guardò con tristezza prima di posarla assieme alle altre, e sedette a lungo, solo e silenzioso, prima di allungare una mano per prendere un nuovo ceppo. I ricordi fuggivano lontani dalla sua mente, come sempre quando era immerso nelle sue creazioni, e cercò di costringerli in una sola direzione: ripensare alla musica dolce, al fumo dei bracieri e alle risate di un tempo era difficile, dare forme ai colori privi di senso lo lasciò più frustrato di quando aveva dovuto bruciare le tre scatole. A rispondere era solo un ostinato silenzio, uno di quelli che stringono e che si rifiutano di lasciare andare la sua vittima: la scatola era pronta ormai, un contenitore vuoto e privo di vita, immobile tra le sue mani segnate dal lavoro e dall’inverno. Lo scagliò lontano con un grido irritato ed uscì senza voltarsi indietro: era notte, una notte estiva placida e calda. Le stelle brillavano orgogliose nel cielo e si specchiavano vanesie nel mare calmo; la risacca non era che un sibilo costante, ritmico come un cuore e implacabile come il tempo. Sedette su uno scoglio e lasciò che l’acqua tiepida lambisse i piedi nudi, stemperando il calore del fallimento che gli imporporava il volto.
“Non pensavo davvero che avresti potuto dimenticare.”
La voce di una donna parlò oltre la notte, sussurrando assieme al vento. Il vecchio sollevò il volto e fu sorpreso per la prima volta da molti anni: lei era lì, semplice e perfetta come avrebbe dovuto ricordarla, esattamente come la ricordò in quell’istante, avvolta da una veste azzurra che aderiva alle curve morbide, il volto, rischiarato da un sorriso di chi sa esattamente su quali strade i suoi sogni, l’avrebbero condotta era circondato da una nuvola di capelli castani come l’autunno.
“E’ stata solo un’estate.” ribatté il vecchio, alzandosi per fronteggiarla sulla sabbia umida. Gli occhi azzurri e limpidi di lei fremettero per il gelo di quella risposta e lui si maledì. “La nostra estate.” lo corresse, indietreggiando di un passo. Il mare l’accolse come una vecchia amica, alzando un’ondina a bagnarle le gambe. “E’ stato molto tempo fa.” l’artigiano era immobile, e non riusciva a muoversi ancora. Lei sorrise come aveva sempre fatto, con disarmante dolcezza, e allungò una mano per invitarlo a raggiungerla. “E il tempo che hai speso dietro ai sogni degli altri non tornerà più… ma puoi decidere di vivere quello che ti resta assaporando quello che sarebbe potuto essere.”
Era estate, un’estate meravigliosa come non ne capitavano da un’era, e lei era perfetta. Non c’era nulla, in quella figura, che avrebbe potuto scacciarlo, niente in quell’animo che avrebbe voluto sognare qualcosa di diverso: l’intensità del suo sguardo che era più profondo del mare e del cielo lo rapì ancora una volta, spingendolo a prendere la sua mano sottile. Era fresca tra le sue, accaldate dal lavoro di giorni interi, e il suo tocco lenì la malinconia e la tristezza dell’estate. Decise prima ancora di rendersi conto di ciò che avrebbe significato, perché non c’era altro che potesse significare: avrebbe seguito il suo sogno, così come tanti avevano fatto grazie al suo duro, solitario lavoro.
“Sapevo che saresti tornato. Sei stato lontano troppo a lungo, e finalmente mi hai richiamata.” Sorrise, e il mondo apparve come un paradiso perduto e ritrovato. Si lasciò condurre tra i flutti, salutando con un gesto il mare che l’aveva cullato e ispirato per tutta la vita. Il fabbricante di sogni seguì la donna dei suoi ricordi e sparì tra gli abissi, lasciando la casa e il lavoro che aveva amato ma non quanto aveva amato lei. Ci sarebbero stati altri in grado di finire ciò che lui aveva iniziato… ma era estate, e l’estate era fatta per sognare.

27 Risposte a “L’artigiano dei Sogni di Jill Parker”

  1. Bravo Jill, mi è piaciuta molto la morale: Anche se passi la vita a fare le scatole, prima o poi arriva il momento di toglierti dalle scatole. Lo voto!

  2. onirico all’estrema potenza. Complimenti! Voto per questo testo

  3. Voto questo fantastico testo, capace di estrapolare fantasie da sogni basati su domande spesso ricorrenti. Mi sono sempre domandato :chi si occupa dei sogni? 🙂

  4. Bellissimo Jill, carico di significati e scritto con una scrittura evocativa e potente. Complimenti!

  5. Un racconto ricco che vibra di emozioni.
    Voto questo testo!

  6. Suggestivo e delicato, decisamente piacevole da leggere.

    Voto questo testo.

  7. Un racconto ben scritto e piacevole. Voto per questo testo.

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