Tutto è Niente di Gianluca Santeramo

Tutto è Niente di Gianluca Santeramo

C’era una volta… Niente. Niente era tutto e tutto era niente. Non esisteva luce, ma non c’era neanche il buio. Non esisteva il passato, ma non c’era neanche futuro. Tutto l’universo così come lo conosciamo era una sorta d’impasto di dimensioni immense, ma anche nulle.
Per ragioni sconosciute, in un tempo preciso che pur è indefinito, Niente guardò senza guardare tutto quello ch’era intorno a sé ma non c’era. E vide il caos nell’ordine; e si accorse di quanto fosse stupendo pur essendo osceno. Ogni cosa era sé stessa ed il suo esatto contrario, in un amalgama ch’era il tutto ed il nulla, ch’era energia ma anche materia.
Si era sempre chiesto, senza averlo mai fatto, cosa sarebbe potuto succedere se il perfetto equilibrio fosse stato stravolto, di modo che qualcosa potesse essere sé stessa ma non il suo opposto. E si mise a giocare…
Spinto da indifferente curiosità decise, indugiando, che avrebbe generato e distrutto due esseri che fossero l’uno l’opposto dell’altro in totale disarmonia, ma che sommati sarebbero stati l’essenza stessa del tutt’uno.
Così dal Niente, in un atto d’amore ch’era anche indifferenza, vennero fuori Anima e Intelletto, unici due esseri assoluti in un universo di armonia.
Anima era energia. Intelletto era materia. Anima era sentimento. Intelletto era calcolo. Dove Anima vedeva speranza, Intelletto vedeva logica. Dove Anima vedeva bellezza, Intelletto vedeva praticità.
Per procedere nel suo esperimento, Niente diede ordine ad Anima e Intelletto di creare due mondi, ognuno il suo, popolati di genti che lui avrebbe potuto esaminare, ma anche no; forse un giorno, forse subito. E volle che entrambi escogitassero un metodo perché le proprie creature potessero riunirsi per tornare al caos originale e che l’unione fosse del tutto volontaria e senza intervento da parte loro.

Anima generò il suo mondo. Lo popolò di gente dedita all’edonismo più sfrenato, al piacere ed alla bellezza, senza che ciò fosse peccato. Li volle di puro spirito, che non fossero soggetti a nessuna forma di sofferenza. Diede loro vita infinita e possibilità di redimersi da ogni errore. In qualsiasi momento le cose si fossero messe male, Anima sarebbe intervenuta per rimettere tutto a posto prima ancora che il male fosse manifesto: sarebbe bastato chiedere. E forse neanche quello! Così la gente d’Anima fu soprattutto dedita all’arte. Inventò la scultura e la pittura per il semplice gusto dei propri occhi. Ed inventò la musica, per solleticare i propri orecchi. Inventò anche la cucina, per stimolare il palato con piatti succulenti. E filosofando, potevano comprendere ogni cosa. Quello d’Anima era un mondo di concrete speranze, dove il desiderio diventava sempre realtà: bastava volerlo e neppure con troppo ardore. Per ottemperare agli obblighi imposti dal Niente, Anima diede alle sue creature la possibilità di riunirsi in un unico essere quando, a loro discrezione, si fossero sentiti in sintonia l’uno con l’altro. E se quella sinfonia fosse stata tale da non riuscire a renderli indipendenti, due spiriti sarebbero diventati uno ed uno solo e per sempre.

Intelletto generò il suo mondo. E lo volle ordinato al punto che ogni effetto sarebbe succeduto ad ogni causa. Lo volle di materia. E di materia furon fatte le sue genti, perché non fosse scontata la loro esistenza. Non sarebbe mai intervenuto nei loro affari: se ne sarebbe rimasto in disparte lasciando che i meriti e le colpe facessero il loro decorso. Diede loro vita finita, ma concesse la possibilità di allungarla a dismisura, a patto che c’avessero messo impegno. La gente d’Intelletto era dedita al lavoro, alle opere che van fatte perché giuste, seppur contro desiderio. La gente d’Intelletto inventò la medicina per curare i danni al proprio corpo. Ed inventò la scrittura, perché ai posteri fosse concesso di procedere le opere dei loro padri. Dovendo tener traccia dei progressi dei loro avi in un mondo così ordinato, la gente d’Intelletto sviluppò anche la matematica, perché le cose fossero chiare e semplici anche quando si facevano complesse. Anche la gente d’Intelletto poteva creare dal nulla, ma non sarebbe bastato il solo desiderio: sicché s’inventò la chimica. E con la fisica, poteva comprendere il funzionamento del proprio mondo. Per ottemperare agli obblighi imposti dal Niente, Intelletto stabilì che quando per salute e prestanza fisica, ma anche capacità intellettuali, due persone fossero state succubi l’uno dell’altra, si sarebbero potute unire per generarne una terza che avrebbe vissuto in loro vece, rendendo così immortali i suoi genitori, nonostante essi rimanessero di esistenza finita. E nacque il sesso.

In un momento ch’è inesistente, il Niente chiamò a raccolta per esaminare, senza badarci, i mondi generati da Anima e Intelletto. Trovò interessante seppur noioso ogni cosa, e fu soddisfatto e deluso da entrambi i lavori. Quando chiese ad Anima e Intelletto di giudicare ognuno il mondo dell’altro pur senza prender posizioni, successe che Anima ed Intelletto entrarono in una guerra eternamente effimera. Anima sosteneva che il mondo d’Intelletto fosse troppo materialista; Intelletto sosteneva che il mondo di Anima fosse troppo spirituale. Anima sosteneva crudele la vita effimera della gente di Intelletto; Intelletto sosteneva che la vera crudeltà fosse nella vita infinita.

I due continuarono così per un istante eterno, finché Niente, divertito ed arrabbiato, prese ognuno di loro e li fuse alle loro genti. Poi prese le loro genti e le fuse tra loro. Prese tutto ciò che c’era ma era assente dall’universo ed, in un’esplosione di rabbia che pure era amore, con un fenomeno di formidabile distruzione, generò l’universo per come lo conosciamo oggi. Nacquero la luce ed il buio, il caldo ed il freddo, l’amore e l’odio, l’eterno e l’effimero, l’energia e la materia. E nacque il tempo perché ciò che successe fosse ben distinto da ciò che succederà.

Poi prese le genti ch’erano ormai sia d’Anima che d’Intelletto e le condannò a vivere da esseri armonici in un universo dove ogni cosa era ben distinta.

E le genti d’Anima ed Intelletto iniziarono la loro esistenza in un mondo nuovo dove non riuscirono più a discernere cosa fosse il bene e cosa fosse il male. Ogni confine era sfumato, ed ogni cosa era un po’ di qualcos’altro. Non era più chiaro se fosse l’amore ad unire le genti o se fosse semplicemente il sesso. Se fosse la scienza ad indicare la via maestra o se fosse l’arte. Se la morte chiudesse i giochi o se una resurrezione li avrebbe riaperti. Si racconta persino di genti che, seppur morte, nelle loro opere vivono all’infinito.

Così, ancora oggi trovi traccia di quel lontano passato in ogni cosa: nel tramonto, che non è né giorno né notte; nel presente, che non è né passato né futuro. Trovi segni di quel che successe in ogni madre che prega Dio perché un chirurgo salvi suo figlio; in un fisico che consulta l’oroscopo; in un mafioso devoto alla Madonna; nel dolore di una partoriente o nella morte, quand’è liberatoria.

Seppure nessuno tra le genti che sono sia figlie d’Anima che d’Intelletto può comprendere totalmente l’universo, in cuor loro tutte sanno che ci fu un tempo dove il tempo non esisteva e dove tutto era Niente.

E nei momenti in cui ogni dolore sembra fonte di gioia ed ogni domanda è anche risposta, in quei momenti dov’è il caos a regnare nelle loro menti seppur albergate dalla ragione, pur senza comprendere come, avvertono le loro origini. Sicché, se si prova a chiedere loro cos’abbiano, risponderanno con sciocca saggezza: «Niente!», pur senza sapere se sia un bene oppure un male.

17 Risposte a “Tutto è Niente di Gianluca Santeramo”

  1. Le votazioni si sono chiuse domenica, 23 novembre, alle ore 23.59

  2. Mi è piaciuta l’originalità e la sottile ironia che hai usato. Bravo

  3. Voto questo testo

    Assolutamente originale nuovo e colmo di verità descritte con magistrale ironia, scorrevole e ricco di significati.

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