La Montagna e il Cacciatore di Jill Parker

La Montagna e il Cacciatore di Jill Parker

A Cima Cacciatori e ai miei compagni di scalata: il mio amore e sua sorella.
A mia madre, perchè quelle sono le sue montagne, e a sua madre perchè è lei che ci ha aperto la via per quelle meravigliose lande. Agli Uomini delle Valli, perchè restino a guardia di quel luogo, perchè rimanga sempre così bello e perchè possa incantare molti altri dopo di noi.

“Era lì, sulla cima della montagna.
Ce n’erano tante altre lì attorno. Alcune erano coperte da un manto di alberi, gentili pendii solcati da ruscelli sempre pronti a scherzare e costellati da prati dove i cervi quieti osservavano le valli.Altre erano più aspre, nudi speroni di roccia sbiancata dal vento e dal sole, morsa dai ghiacci e appesantita dalla neve: spesso le vette erano invisibili, coperte da un fitto banco di nubi cariche di pioggia. Alcune custodivano grandi tesori nelle loro caverne prima ancora che gli uomini nascessero, altre cingevano bellissime valli fertili o laghi che d’estate erano specchi limpidi.
La sua era una rispettabile via di mezzo: svettava tra le altre di una buona distanza, le sue pendici erano immerse nel bosco e bagnate da un fiume, la via d’accesso passava sui resti di una grande frana – una conca che d’inverno si riempiva di neve – e serpeggiava sulla cresta. Inoltre possedeva molti, comodi picchi su cui le aquile talvolta costruivano grandi nidi. Era la sua montagna, che rispettava il suo silenzio e che ascoltava le sue storie quando tornava dai suoi viaggi… accadeva di rado ormai che lasciasse il suo picco, ma una volta…. ah! Una volta non c’era un cacciatore migliore di lui! Poteva correre più a lungo, seguire una preda per giorni e giorni con la sola compagnia della sua lancia e attendere ore prima di scagliare il colpo mortale. Era difficile riconoscere le tracce del suo passaggio, faceva molta attenzione a lasciare ogni cosa come l’aveva trovata: se accendeva un fuoco aveva cura di spargere le ceneri tra gli alberi, se costruiva un bivacco ricopriva le sue impronte e sistemava con cura ogni sasso o ramo avesse spostato per star comodo tra il sottobosco e i letti dei ruscelli che d’estate di asciugavano. Tornava sempre con qualche dono per la sua Montagna, che fossero oggetti d’osso o legno che intagliava tornando da lei, o ninnoli d’argento e di bronzo che scambiava con gli abitanti delle Valli. Lei sapeva sempre come ripagarlo, facendo in modo che la sua dimora fosse sempre in ordine e che, il giorno del suo ritorno, il sole splendesse alto nel cielo limpido. Non passò molto tempo che gli abitanti delle Valli iniziassero a chiamarlo il Cacciatore, e a rivolgersi alla sua casa come al “Picco del Cacciatore”: né a lui né alla sua Montagna parve dispiacere.
Ma lui era sempre stato lì, sulla cima più alta, sotto la pioggia o la neve, incurante del ghiaccio e del vento. Perchè quella è la sua montagna ed il solo posto in cui può stare. Era così prima che gli uomini delle Valli parlassero e sarà così molto dopo che avranno smesso di farlo, anche se ora è vecchio e stanco e si limita a pazientare. I cacciatori si sa, devono esserlo… e lui, come ho detto, è il migliore.
Cosa aspetta? Non lo ha mai detto a nessuno con precisione, perchè come altri simili a lui ormai non parla più così tanto. Osserva il sentiero che ha costruito con attenzione, calcato dai piedi di chi ha il coraggio di tentare. E’ difficile raggiungerlo: bisogna saper ascoltare la voce delle montagne e fare attenzione ai segni che rivelano il passaggio, perchè alcune sono fuorvianti, altre meschine, altre ancora non permettono a nessuno di scalarle. Ma se si ascolta con attenzione, in quel silenzio che nasconde le loro parole, si riescono a sentire le storie della sua Montagna, quelle che parlano del Cacciatore e di come sia disceso dalle stelle per inseguire il Padre dei Cervi, di come sia alla ricerca della sua preda che prenderà, un giorno, ma non oggi, non ieri, non domani.
Oggi aspetterà, come ieri e come domani, di trovare qualcuno disposto ad ascoltare.
Se si riesce a trovare la sua cima, lì in mezzo a tante altre, seguendo la frana e saltando tra le rocce, arrampicandosi sulla cresta e camminando in bilico sul tetto del mondo, quando il Cacciatore riapre il suo sentiero, e ci si siede ad ascoltare, si può sentire la sua voce flebile che sibila con il vento e sospira con le fronde più in basso. Ma devi essere coraggioso e forte e sicuro se vuoi tentare di scalare la sua Montagna: perchè è questo che lui aspetta. Io lo so, l’ho sentito.
Quando il sole fende le nuvole, lassù, sulla Cima del Cacciatore, sembra quasi di vederlo. Aspetta qualcuno a cui affidare la sua montagna, perchè presto partirà – presto, ma non oggi e non domani – per la sua ultima caccia. Deve seguire la sua pista, una via serpeggiante che attraversa boschi e fiumi, albe e tramonti, nebbia e vette più alte e più aspre, e che lo porterà tra le stelle che l’hanno spinto a partire per la sua lunga caccia.
Ma è ancora lì, dov’è sempre stato prima che l’uomo nascesse, a guardare il sentiero con occhi attenti. È saggio e gentile e, se saprai come trovarlo, ti indicherà la via più sicura per tornare a casa. È svelto ed astuto, con il sorriso di chi ha trovato l’armonia che è parte di tutte le cose, quel ritmo pulsante come un cuore che vive in ogni nostro respiro; non ti mostrerà il sentiero da cui sei giunto, perchè il suo è più rapido e sicuro e discende la Montagna senza darle fastidio. Io lo so, l’ho percorso. Mi ha preso la mano, stupito della mia paura di cadere. “Perchè mai” mi ha chiesto con una risata bassa e vibrante “Lei dovrebbe farti del male? Alla mia montagna…” ha continuato, guidandomi sul sentiero insvisibile che ha creato “…non dispiace la compagnia di chi ha lo sguardo acceso dalla mervaglia ed il cuore pieno di gioia selvaggia.”
Da anni il Cacciatore non discendeva la montagna, eppure l’ha discesa per guidarmi.
“Un giorno, quando sarò partito, ci sarà qualcun’altro a custodire questo Passo” sussurrava, chinandosi per bere da un torrente. “Quando sarò partito qualcun’altro dovrà curare i picchi e dire alle aquile dove costruire i loro nidi e dove cacciare per nutrire i piccoli.”
Ma più lo guardavo, alto e imponente, con i colori dell’inverno sulla chioma e sulla barba e quello del cielo negli occhi, più mi convincevo che non sarebbe partito mai: nessuno era forte abbastanza, sensibile al punto da riconoscere l’umore della Montagna o i capricci del vento, nessuno aveva cura di lasciare ogni cosa al suo posto o di portare un dono al Picco, là dove aveva scelto di abitare.
Lui non sarebbe andato perchè era innamorato della Montagna. Fidatevi di me, l’ho visto cogliere fiori candidi tra le pietre e, più in basso, intagliare per lei le forme della luna e delle sue sorelle dai rami caduti di una grande betulla. E nei suoi occhi, quando alzava lo sguardo per essere sicuro che lei lo osservasse dall’alto della sua dimora, brillavano le stelle da cui era disceso tanto tempo prima.

Era lì, sulla cima, e guardava la veste bianca dell’inverno e quella smeraldo dell’estate fasciare i pendii della sua Montagna. Ma ormai è difficile vederlo, è difficile sentirlo, è impossibile convincerlo ancora a discendere nelle Valli. Più le stagioni si susseguono, più il suo sguardo diventa triste e malinconico e la sua allegria si affievolisce come la luce del sole ad occidente quando la notte si avvicina ed il giorno svanisce.

Un giorno, all’alba, ho scalato la montagna: le ho portato un bracciale di pietre rosse e d’oro, l’ho lasciato sul picco e sono sicura che lei lo ha apprezzato. Le ho chiesto dove fosse il Cacciatore, lei con un sospiro mi ha detto che era in basso, nel bosco, a chiedere alla neve di sciogliersi e di liberare i passi, di ingrossare i fiumi per rendere di nuovo fertili le valli abitate dall’uomo. Dal tono sottile della sua voce ho capito che anche lei ama il suo compagno, che non vuole che se ne vada con la sua lancia e che ha paura, quando egli la discende, che non salirà mai più. Perchè Lei sa la verità: il Padre dei Cervi è passato ai piedi delle sue sorelle, correndo tra gli alberi e salutando la primavera con il suo sguardo saggio. Lei sa che quello è un richiamo a cui il suo Cacciatore non può resistere. La Montagna, quel giorno, era triste: le nubi accerchiavano i picchi, spargendo per lei le lacrime del cielo, le aquile si stringevano sulle rocce, mormorando parole di conforto. Quando ho sentito il suo dolore non ho potuto fare altro: ho preso la lancia del cacciatore e sono partita.
Non temevo la strada difficile e pericolosa che passa tra le nebbie e le albe, tra alberi e rocce, tra sogni e stelle. Non temevo di fallire la sua caccia -che ora è la mia – perchè sentivo il calore del suo sguardo e l’incoraggiamento della sua Montagna.

Posso vederli adesso, dall’alto, quando il cielo è limpido e la luna piena non acceca i miei occhi: chiamano le mie stelle come l’uomo innamorato della sua Montagna senza sapere la verità…ma a chi importa, d’altronde? Il Cacciatore è rimasto con Lei, così come dev’essere e come sempre sarà, e a me, che ho percorso una lunga caccia attraverso il mondo e che sono giunta tra le stelle, basta sapere che il Cacciatore può sorridere di nuovo: non era questo che aspettava, seduto tra le rocce, ma sono certa che la sua voce sia più limpida e che il suo sguardo sia più attento, perchè adesso può restare nell’unico luogo che gli appartiene davvero.”

24 Risposte a “La Montagna e il Cacciatore di Jill Parker”

  1. Voto questo testo
    Scritto bene, fluente, e poetico !
    Fa venir voglia di essere li’ sulla montagna assieme al cacciatore.
    Fa venir voglia di amare la montagna e la natura.

    1. Il commento è stato moderato, ma le votazioni si sono chiuse da tempo.

  2. Le votazioni si sono chiuse domenica, 23 novembre, alle ore 23.59

  3. Come posso non votare questo racconto che non solo parla delle MIE (e sottolineo MIE) montagne, ma mi è stato anche dedicato?
    Brava piccola, bella capacità descrittiva.

  4. Mi sono dovuto prendere un paio di minuti dopo la lettura, non per mala comprensione o altre quisquilie, ma per avermi colpito nel profondo. Come già ben esposto da altri prima di me, questo racconto è talmente ben descritto da farti assaporare l’atmosfera che solo le Montagne sanno dare. E nonostante io le veda da casa mia, ora mi mancano maledettamente.

    Voto questo racconto. Continua cosi.

  5. Voto questo testo.
    Sembra di essere esattamente li, sulle rocce, in bilico sul mondo, sensazioni che non si dimenticano e che leggendo tra queste righe si possono rivivere..proprio come fossi al fianco di un cacciatore, proprio come fossi su quelle montagne a vedere tutto intorno il resto del mondo, cosi piccolo, ma che fa rimanere senza fiato!

  6. Voto questo testo, e lo voto per mille e uno motivi. Ma soprattutto, lo voto perchè ogni singolo frammento di questo racconto è vivo, come se chi lo ha descritto conoscesse fin nell’intimo la natura e la realtà che ha dipinto, e forse è proprio così… 😉

  7. Voto questo testo. Saranno le parole con cui hai descritto dettagliatamente la natura circostante che mi ha colpito o sarà che leggendo questo testo con con una giusta musica di sottofondo mi ha dato l’idea di essere lì, in quel posto, insieme al cacciatore e in mezzo alle montagne. Non lo so, so soltanto che questo pezzo è veramente bello. Pieno di patos, di emozione e vita!!!

  8. Voto questo testo.
    Assolutamente spettacolare. Leggendolo mi sembrava di trovarmi davvero a Cima Cacciatori.

  9. Un ritratto di una storia descritta in modo tanto genuino e ingenuo da rappresentare nel proprio complesso l’essenza stessa della natura che descrive nelle proprie righe.
    Voto questo testo.

  10. Questo racconto riesce a tradurre l’emozione del sentire scorrere il differente corso del tempo sulla propria pelle; guardando dagli occhi di un monte immortale.

I commenti sono chiusi.