9 Novembre 1989 di Mara Cristina Dall’Asen

9 Novembre 1989 di Mara Cristina Dall’Asen

Era il 9 di novembre, una giornata normale nella Berlino Est, come tante altre, il sole era calato da poco e il freddo cominciava a diventare pungente . Io ero solo un ragazzo, avevo diciassette anni, una vita grama fatta di stenti, di futuro segnato. Eppure poco più là da questo casermone che è sempre stata la mia casa, c’era la vita, c’era la speranza. Ma la mia speranza era murata, un muro lungo come tutta la mia vita, l’avevo sempre visto lì a ricordarmi chi ero e quello che non sarei mai stato.
Me ne stavo disteso sul letto, le mani sotto la testa e guardavo il soffitto attraverso i miei occhi chiusi, tanto sapevo che era uguale alla mia vita, immobile e grigio di fumo.
Poi improvvisamente dalla finestra ho sentito gridare, non un grido di disperazione… di gioia. Gioia in questo luogo? No, stavo delirando, ma le grida si moltiplicavano e diventavano un canto. Ho sentito che bussavano rumorosamente alla porta e poi mia madre che gridava e piangeva, era corsa su per le scale e mi aveva urlato: “andiamo, andiamo!”
Non sapevo dove, ma la seguivo, seguivo la sua gioia e le sue lacrime. Correvamo per la strada, ci dirigevamo dalla parte del muro, vicino alla Porta di Brandeburgo e vedevo la gente sbucare da tutti gli angoli bui, non sapevo cosa stava accadendo, ma mi sentivo investire da una strana euforia. Avevo perso mia madre fra tutta quella gente, ma non mi sentivo solo, c’era qualcuno che mi teneva la mano e tutte le mani si tenevano fra loro, eravamo una cosa sola.
Non ho avuto il tempo di pensare, potevo solo sentire, potevo solo stringere le mani mentre intravvedevo la Porta di Brandeburgo e un fiume di gente che passava … passava dall’altra parte!
Il futuro era lì, libero! E ho lasciato le altre mani, i miei piedi volavano e gridavo e piangevo e… oltrepassavo il muro per cadere in ginocchio ansante e incredulo. Nessuno mi aveva seguito, non c’era nessuno che sparava e i pezzi di pietra si sgretolavano e cadevano a terra, il muro cadeva.
Non pioveva eppure le mie ginocchia erano umide, erano sulle lacrime di tutte le persone che erano morte, che erano state sconfitte dal muro, su tutte le lacrime di innamorati costretti a vivere lontano, su genitori separati dai figli, sul futuro rubato. E il lago formato da quelle lacrime era diventato una pozzanghera in cui affondavo il viso sino a baciare quella terra, e rotolavo, mi sporcavo e continuavo a piangere, non riuscivo a smettere di piangere. Sino a quando la gioia era esplosa e il muro era stato sconfitto, sconfitta la stupidità dell’uomo e il mio domani era diverso, non sapevo se migliore o peggiore, ma almeno potevo lottare, potevo sperare.

Quel ragazzo è diventato un uomo ed ora sta piangendo, sono passati venticinque anni e lui ha realizzato il suo futuro, ha la sua bella casa, la sua vita stupendamente normale, ma sa che il muro c’è ancora e non lo riesce ad accettare, gli fa ancora male. Quel muro non è più nella sua vita, ma nella vita di qualcun altro che in questo momento è suo fratello, sua madre o suo figlio, perché dietro ogni muro c’è solo dolore, diseguaglianza e oppressione.

Quella sera di tanti anni fa una donna guardava le immagini della caduta del muro di Berlino alla televisione, in un altro paese e lontana migliaia di chilometri da quel dolore, teneva in braccio la sua bimba di quattordici giorni e sperava, e credeva che il futuro del mondo per la sua creatura sarebbe stato diverso, che la pace alla fine avrebbe travolto tutto.
Si sbagliava. Quella donna ero io.
Ci sono ancora muri che distolgono lo sguardo dalle bidonville nelle città sudamericane o c’è il muro che divide i palestinesi dagli israeliani. Non abbiamo imparato niente, ne abbatteremo ancora di muri e ridaremo il futuro ad altri uomini e donne. Invece ad altri la toglieremo quella speranza, perché l’uomo non sa stare senza muri, non conosce la pace, li costruisce da sempre e sempre ci saranno due mondi con una piccola porta da qualche parte per far credere che comunque la speranza è possibile.

19 Risposte a “9 Novembre 1989 di Mara Cristina Dall’Asen”

  1. Le votazioni si sono chiuse domenica, 23 novembre, alle ore 23.59

  2. voto questo testo, primo perchè mi piaccono il testo e il contenuto, secondo per il pensiero rivolto alla piccola creatura che stava in braccio.. che sono io. Grazie mamma.

  3. Problematiche sempre attuali. Chissà se mai cadranno gli altri muri…

  4. “…perché l’uomo non sa stare senza muri…” non esiste frase più vera. Davvero un bel racconto!

  5. Voto questo testo. Costruiamo tutti muri intorno a noi, per proteggerci, ma finiamo con il restare imprigionati con le nostre paure.

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