Lucky Strike! di Sauro Nieddu

Lucky Strike! di Sauro Nieddu

Genere: Realismo Magico/Biografico

Claudio sedeva vicino alla porta del supermercato. Il culo poggiato sul nudo asfalto. Una donna sulla cinquantina, capelli bianchi, trasandata, si accostò all’ingresso. Claudio sfoderò il suo sorriso migliore.
«Signora… qualche spicciolo, oggi non ho ancora pranzato…».
«Per te non ne ho!» rispose lei brusca «Tanto lo so che voi ci comprate la droga!».
«Ma no signora…» replicò Claudio cercando di non far trapelare l’ironia nel sorriso «si figuri… se vuole, può prendermi un panino, e mi da quello invece dei soldi…».
«Vediamo…»
Rispose passando oltre frettolosamente.
Da quando aveva perso in rapida successione lavoro e casa, per Claudio si era aperta la porta per una dimensione parallela. Ora faceva parte di quell’umanità cui prima di allora non aveva mai attribuito un volto. Vaghe figure agli angoli di strada, con la mano tesa a carpire una moneta. Ora che era passato dall’altra parte, erano gli altri a non avere più un volto, e quelli che prima erano fantasmi, erano diventati improvvisamente importanti. Erano le uniche persone importanti. Quelle con cui condividere una bottiglia di vino, la sera, e con cui accordarsi: “Se il tabacchino vicino alla stazione lo prendi tu, io mi faccio il mercato civico…”.
La donna burbera uscì dal negozio, prese un incarto dalla busta e Guardando severamente Claudio, glielo porse.
«E trovati un lavoro!».
«Fosse facile signora nessuno ci prende a lavorare, noi poveracci… la ringrazio davvero, mi ha allietato la giornata!».
Faceva quella vita da poco più di una settimana, ma si sentiva come se fosse nato e cresciuto in strada. L’essere umano ha una notevole capacità di adattamento. C’erano stai quei primi due giorni abbastanza duri, ma aveva capito in fretta come muoversi. E ora si sentiva bene, spendeva la mattinata a tirar su un po’ di soldi – quindici, venti euro, si raccattano in un paio d’ore – e il resto del tempo era libero da pensieri ingombranti. Il suo migliore amico, Duilio, conosciuto appena cinque giorni prima, gli aveva fornito due insegnamenti importanti e a quanto pare non c’era nient’altro da sapere per vivere bene. Il primo: “Quando chiedi soldi, fallo sempre col sorriso, la gente ha ribrezzo della sofferenza”. Il secondo: “Da qualunque parte ti corichi, fai sempre in modo di avere un bello strato di cartone sotto di te”.

Quella mattinata, in ogni caso risultò particolarmente proficua, trentacinque euro e due panini. Il resto della giornata era per goderseli (i soldi, i panini erano già digeriti). Claudio si avviò alla piazza dove si riunivano gli studenti, almeno quelli che preferivano stare in piazza che non studiare. Comprò qualche canna d’erba a un pusher studente con cui aveva fatto amicizia, qualche birra al negozietto all’angolo, che le teneva sempre in fresco, e passò la serata a rilassarsi e conoscere gente nuova. Passò le ultime ore della serata – le più piacevoli in assoluto – in compagnia di un’universitaria alternativa che nella sua “altra vita” non se lo sarebbe filato neanche di striscio. Puzzava da far schifo, ma c’erano ragazze che non sapevano resistere al sorriso vissuto di un uomo di strada come lui.
E finalmente venne l’ora del meritato riposo. Claudio si diresse con calma all’ospedale psichiatrico abbandonato in cui aveva preso dimora da qualche giorno. Un posto perfetto per chi non avesse paura dei fantasmi… asciutto e con enormi cataste di calde coperte, anch’esse abbandonate. Appena arrivato, sistemò i suoi pochi averi. Stanco, ma soddisfatto come un emiro nell’harem, si sdraiò su un cumulo di coperte infeltrite ad attendere il sonno.
Gli occhi erano già chiusi da un po’, ma il sonno non aveva ancora preso il sopravvento sulla veglia, quando la stanza dove si trovava Claudio s’illuminò di una luce abbagliante. Lui aprì gli occhi, infastidito, e si trovò davanti una figura eterea che pareva composta da luce purissima, luce verde smeraldo, quasi abbagliante. Claudio si strofinò gli occhi, si chiese se per caso non stesse già sognando, poi scacciò quest’idea e si limitò a fissare la figura luminosa con gli occhi socchiusi e la bocca spalancata.
«Non temere Claudio»
Disse la figura. Ma Claudio non era per niente spaventato. Come avrebbe potuto impaurirsi davanti a quella forma angelica, a quella voce che suonava come l’essenza della musica?
«Che diavolo…»
«Claudio, non temere… non voglio farti del male, sono qui per portarti la salvezza…».
Claudio pensò tra sé e sé, o almeno ci provò, dato che in realtà a causa del sonno e dello stupore lo disse ad alta voce.
«Buon Dio… che sia un angelo?»
«No Claudio, lascia che ti spieghi. Io sono un essere al di fuori della tua dimensione… il nostro popolo, tu lo definiresti così, si trova al di fuori del vostro multiverso, e da fuori governa le innumerevoli razze che lo popolano, attraverso l’infinito numero di probabilità che esso abbraccia. Alcuni di voi ci chiamerebbero Dei, ma ti assicuro, Claudio, non lo siamo…».
Claudio, benché a quel punto si sentisse un pochino in soggezione, non riuscì a evitare che la sua domanda risuonasse spontanea.
«E che vuoi da me?»
«Niente…» mormorò la luce in una cascata di note armoniose «ho solo da darti un lieto annuncio. Il nostro popolo (scusami ma nella tua lingua non esiste un modo migliore per definirlo) si è reso conto che si era creato, all’interno del vostro continuum multiplo, un piccolo squilibrio. Perciò abbiamo deciso di utilizzare il quanto di probabilità in avanzo, per indire la prima edizione della lotteria multiversale. Tu, Claudio, sei il prescelto!».
Claudio sentì il cuore perdere qualche battito… in tutto l’universo, tra tutte le realtà parallele possibili… era toccato proprio a lui questo colpo di fortuna.
«E qua qua quale sarebbe il premio?»
Domandò in preda all’emozione. La figura di luce, in qualche modo – difficile da spiegare, dato che non aveva occhi – ammiccò.
«Avrai ciò che tutti sognano, in qualunque pianeta, e in qualunque realtà: avrai una seconda chance!».

Detto questo la luce svanì, e per un attimo Claudio si trovò immerso nell’oscurità. Poi si svegliò al suono insistente della sua sveglia. Strana sensazione, quella di svegliarsi senza neppure essersi addormentati. Eppure era appunto questo che gli stava succedendo… e c’era anche un’altra sensazione, ancor più strana, che lo pervadeva completamente. Nella sua mente c’erano dei nuovi ricordi. Sapeva, per esempio, che al suo fianco dormiva Elena, la sua ex… in quella realtà non aveva mai scoperto il suo tradimento e avevano finito per sposarsi. Sapeva anche che nell’altra stanza dormivano Martina, di otto anni, e il suo fratellino Roberto, di cinque, i loro due bambini… sapeva che quel giorno, non sarebbe stato licenziato dall’ufficio, ovvio… ora aveva una famiglia da mantenere, delle RESPONSABILITÀ, per cui era escluso che reagisse agli sfottò del suo capo mandandolo a cagare come aveva fatto nell’altra vita. No, sapeva che avrebbe continuato a incassare, e la sveglia avrebbe continuato a squillare alle sei del mattino per tanti, tanti anni ancora… fino a che gli avrebbero dato una pensione da fame, e lui troppo decrepito e incapace di godersela…
Si alzò dal letto silenziosamente per non svegliare Elena e si diresse verso il bagno. I sudori freddi gli imperlavano la fronte. Chissà se una bella doccia gelata avrebbe posto rimedio a quell’incubo.

7 Risposte a “Lucky Strike! di Sauro Nieddu”

  1. Voto questo testo.
    Avrei cercato un tono molto leggero (alla Adams o Brown) con questo spunto meraviglioso che tiI nvidio, la lotteria!

  2. Non so se è più triste l’inizio o il finale della storia. Di certo è un buon racconto. Merita il mio VOTO.

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