Presunte storie di Giuliana Guzzon

Presunte storie di Giuliana Guzzon

Genere: Prosa

Sara di parole ne conosceva tante, conosceva la tecnica per gestirne il fascino.
Ascoltava il suono dei pensieri per non sentirsi sola.
Di gesti ne conosceva pochi, pensando potessero bastare.
Viveva nella finzione di essere felice, imprigionata nei ricordi che usavano la sua voce e il suo cuore.
Un giorno scelse due occhi in cui guardare, mischiando le passioni e cancellando gli umori tristi, lasciando sfogare gli impulsi.
Fingeva di non averla un’anima, smaniosa di correre più veloce, pensando che poteva scegliere di non perdersi. Ma si sbagliava.

Rebecca cercava la resurrezione e nelle tenebre la certezza.
Due occhi non bastavano a dare un senso a ciò che vedeva se oscuravano la ragione con fatuo ardore o immenso dolore.
Scelse di non mangiare più le unghie, ma mangiava i pensieri, li divorava, trascurando i reali bisogni che un’anima potrebbe avere.
Non voleva chiedere aiuto, rimanendo rilegata a quel perimetro che era la sua stanza, la sua aria conosciuta e respirava dei suoi respiri.

Sonia a rispecchio del suo nome, sognava.
New York, Toronto, Sidney, ma anche Parigi, Berlino, Londra. Tutti posti segnati sulla sua mappa geografica, che durante gli anni di scuola aveva sempre ignorato.
Aveva scelto la libertà, l’aveva scelta prima che qualcuno potesse minacciarla.
Si era imposta di realizzare i suoi sogni, di inventare il suo destino, perché a non farlo avrebbe tradito gli anni passati ad aspettarlo.
Non smetteva di guardarli quei luoghi lontani, fino a plasmare immagini ordinarie in opere di perfetta armonia. E in armonia trovò nuovi occhi in cui viaggiare, perché anche senza muoversi, avrebbe camminato.

Giulia si strusciava sul soffitto sospesa nell’aria di non appartenenza al mondo. S’abbandonava al suo sguardo riflesso nello specchio vicino al letto, dicembre, un mese ancora da passare intero, angoscia che le stringeva la pelle, la gettava nel mondo dal quale lei cercava di fuggire, penetrata da pugnali di inutile realtà.
Presa a contare le ore prima di una nuova scia di luna pallida, cercava dolcezza con le mani sul suo corpo. Nelle lenzuola, attimi di estasi sfumata.
Creatura nuda che abbandonava la pelle a momenti di piacere auto inflitto per sentirsi ancora viva, per perdersi in orgasmi solitari, amandosi.

Soledad amava l’azzurro; il mare e il cielo.
Le piaceva avvicinarsi a diverse figure e se una la faceva stare male la sostituiva con un’altra.
Continuava ad affascinarsi di uomini che sceglievano di non amarla, cercando di conquistarsi l’amore di chi non avrebbe voluto offrirle niente.
Come sul foglio bianco dei poeti aggiungeva ali ai sogni.
Raccontava il mare, il suo mare, con tutti gli odori dei suoi umori, sparsi su un lenzuolo immenso, ma non lasciava traccia in quella sabbia, che resa l’anima, non conservava la sua presenza.

Potrei continuare. Ogni vita racconta la sua storia, la fa vivere nei respiri in cui l’eterno sposa l’attimo e fa nascere il destino. Quando s’esiste tutto è famigliare.
Le donne combattono, amano, si spaventano, soffrono, rinascono e lo fanno all’infinito.

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6 Risposte a “Presunte storie di Giuliana Guzzon”

  1. Voto per questo. Ha dipinto realtà diverse di donne diverse, ma al tempo stesso simili nella loro speciale condizione di “donne”. Davvero intenso 🙂

  2. Splendido spaccato di realtà diverse. Un puzzle in cui ogni pezzo rappresenta una personalità diversa. Brava! Voto per questo testo

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