La polvere magica

La polvere magica di Ramona Di Ventura

Aurora si girava e rigirava nell’enorme letto, i biondi capelli sparpagliati sul cuscino. Le lenzuola di seta azzurra frusciavano sotto il suo corpo affusolato, tutte spiegazzate e ingarbugliate. Filippo non era rientrato nemmeno quella notte. Chissà quale letto stava scaldando. Chissà quale sgualdrinella da quattro soldi stava accarezzando. L’immagine di suo marito che baciava un’altra donna le fece rivoltare lo stomaco. La nausea, mista alla rabbia le rimestò le budella, fino a costringerla ad alzarsi dal letto, incapace di trattenere in corpo la magra cena consumata in solitudine. Corse in bagno e vomitò anche l’anima, inginocchiata sulle mattonelle di marmo rosa, la testa nel gabinetto di fine porcellana. Respirò a fondo, cercando di ignorare il sapore acido in bocca, la gola in fiamme e la testa che ronzava, come una vecchia radio rotta. Ormai era diventata quella la sua routine notturna. Non riusciva a dormire, se non qualche ora a ridosso dell’alba. Passava metà della notte a rivoltarsi nel letto e l’altra metà a rivoltarsi lo stomaco come un calzino sporco. Aveva gli occhi gonfi, cerchiati di nero, la pelle pallida e smunta, le labbra secche e screpolate. Le sue mani tremavano continuamente, come in preda a scosse elettriche.
Si alzò lentamente e si sciacquò la bocca, evitando con cura di guardarsi allo specchio. Tornò in camera, stringendosi le braccia attorno ai fianchi ossuti. Si avvicinò al tavolo da toletta. Esitò per qualche secondo, poi si decise ad aprire il primo cassetto. Frugò in un portagioie riccamente decorato, le dita scosse da spasmi incontrollabili. Dopo vari tentativi la trovò. Una bustina quadrata, piena di polvere bianca, le ammiccava tentatrice, tra le perle e i diamanti. La prese, la aprì e ne versò il contenuto su di uno specchio quadrato, appoggiato sul piano del mobile antico. Infilò di nuovo le mani nel cassetto e recuperò la carta di credito nascosta in fondo, avvolta in una banconota da 100 dollari. Benjamin Franklin la guardò con aria di disapprovazione, ma lei lo ignorò. Suddivise la polvere in cinque o sei strisce uguali, non senza fatica. Le mani le tremavano a tal punto che impiegò diversi minuti per completare l’operazione. Arrotolò la banconota e se l’avvicinò al naso. Divorò le prime tre strisce una dietro l’altra senza neanche alzare la testa. Nel giro di pochi secondi , un fuoco denso la invase con tale violenza da farla vacillare. Si aggrappò al bordo del tavolo e chiuse gli occhi. Le mani smisero di tremare e una sensazione di torpore sostituì il bruciore iniziale. Aurora finì la polvere magica e si rimise di nuovo a letto, incurante dei resti lasciati sullo specchio. Ci avrebbe pensato il mattino dopo, tanto Filippo non sarebbe tornato mai prima del suo risveglio. Erano passati anni dall’ultima volta che l’aveva svegliata con un bacio. Aurora si sdraiò supina, le mani appoggiate sotto il seno, i lunghi capelli allargati attorno alla testa. Le ombre scure sul suo viso erano quasi sparite e le labbra avevano ripreso colore. Così, con gli occhi chiusi, sembrava quasi bella e addormentata.

12 Risposte a “La polvere magica”

  1. Molto interessante… tutta la storia si spiega in una singola scena. Bello, lo voto.

  2. voto questo testo molto educativo anche a mio modesto parere

  3. Toccanti i pensieri di questa donna. E’ proprio così: dormire allontana i pensieri e la realtà.

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