I tre, no, i due porcellini

I tre, no, i due porcellini di Andrea Marinucci Foa

Dedicata agli amici del Cinema America sgomberato dalla speculazione edilizia.

“C’erano una volta tre fratelli porcellini. Timmi, il più giovane, amava perdere tempo gingillandosi con il suo flauto di legno e danzando sui prati. Tommi, il porcellino di mezzo, amava poltrire e guardare il cielo, imbrattando tele senza pensare all’avvenire. Il più anziano, Gimmi, era laborioso, previdente e…”

“Spilorcio!” urlò Timmi. “Metti via quel dannato diario e spiegami perché diavolo hai fatto congelare i beni da quell’avvoltoio del tuo avvocato!”
“Non ti permetterò di buttar via il patrimonio di famiglia con la tua attività hippy”, gli rispose Gimmi, alzandosi dalla sua poltrona. “In riva al fiume Meraviglia sorgerà la nostra bellissima new town. Dobbiamo concentrare gli investimenti in questo affare, che ci renderà miliardari! Quand’è che tu e tuo fratello vi renderete conto che con la cultura e l’arte non si mangia?”
“Il nonno non avrebbe mai voluto che si gettassero tonnellate di cemento sulla riva del fiume! E la galleria d’arte che voglio costruire non renderà né miliardi né milioni ma è quello che io voglio dalla vita!”
Timmi entrò nella stanza, sbattendo la porta. “Che diavolo è questa storia? Chi ti ha dato il permesso di bloccare i fondi della mia scuola di musica?”
“Eccone un altro!” Gimmi alzò gli occhi al cielo. “Allora, le cose stanno così, c’è una delibera che vi riconosce incapaci d’intendere e di volere e mi rende amministratore unico del patrimonio di famiglia. Ora, fuori dai piedi prima che chiami la polizia e vi faccia portare dentro!”
“Farò ricorso!” Tommi alzò il pugno, rosso in viso.
“E anche io!” minacciò Timmi.
Gimmi sorrise beffardo. “Ci vorranno decenni e per allora la new town sarà bella che finita!”

I due fratelli fecero ricorso, ma sei mesi più tardi la prima seduta venne annullata perché il giudice si era ammalato di una rara influenza tropicale. L’udienza venne rinviata di due anni. Intanto i lavori della new town andavano avanti: il cemento colava dappertutto e i mattoni si accumulavano in colline polverose. I due porcellini più giovani guardavano tristemente la terra ammalata, afflitti e stanchi, perché mentre la data del giudizio si avvicinava avevano dovuto sgobbare come muli per pagare il conto degli avvocati.
Quando il processo venne rinviato di quattro anni perché il giudice aveva contratto la scarlattina, Timmi e Tommi decisero di lasciar perdere le vie legali: avevano già dato ai loro avvocati tutto quello che erano riusciti a guadagnare e si erano pure indebitati fino al collo. Invece di darsi per vinti o di trasformare il fratello più grande in mortadella, andarono dal sindaco Wolf, che era stato eletto anche per il suo progetto ecologista.
“Metterò un vincolo ambientale” promise Wolf con un sorriso lupesco. “Non sia mai che si costruisca in riva al fiume!” E i giornali si riempirono di articoli che elogiavano il nobile sindaco e la sua strenua battaglia contro la speculazione, che intanto andava allegramente avanti, perché il vincolo aveva bisogno di novanta giorni per diventare effettivo e nel frattempo Gimmi aveva fatto ricorso.

“La legge è uguale per tutti quelli che hanno abbastanza soldi da comprarsela”, commentò Timmi amareggiato. “Chiamiamo i nostri amici poeti, pittori e musicisti e occupiamo la proprietà per impedire questo scempio!”
“Occupazione! Occupazione!” urlò entusiasta Tommi.
E fu così che tutti gli animali per bene dei dintorni costruirono case ecologiche di paglia e legno e diedero vita alla più grande manifestazione artistica che si fosse mai vista da quelle parti e per qualche mese il sole splendette, note e colori rallegrarono la triste riva. Ma gli avvoltoi volavano in cerchio sopra di loro.
I giornali che avevano ignorato l’occupazione cominciarono a parlare di terrorismo e illegalità, i politici a tramare nell’ombra. Alla fine i due porcellini vennero sgomberati con la forza insieme ai loro amici perdigiorno. La new town venne completata e messa a bilancio, garantendo affari d’oro a Gimmi. Spoglia e vuota, venne inaugurata in pompa magna tre volte, l’ultima delle quali sette giorni prima delle elezioni comunali.
Il sindaco Wolf e il porcellino Gimmi erano lì per tagliare il nastro alla presenza della stampa scodinzolante, quando il fiume, gonfiato dalla pioggia a monte e stretto in una morsa di cemento a valle, ruppe improvvisamente gli argini e seppellì tutto e tutti di acqua e fango.

Nella loro baita in montagna, Timmi e Tommi ricevettero la notizia della morte del fratello. Gli amici che erano con loro sui prati dell’allegra comunità hippy affermano che non abbiano gioito e che abbiano accolto l’enorme eredità senza montarsi la testa. Comunque sia, vissero per sempre felici e contenti.

Questa è un’opera di fantasia liberamente ispirata alla favola dei Tre Porcellini e alla nostra Italia malandata nel suo insieme. Qualsiasi riferimento a specifici fatti di cronaca e specifici personaggi pubblici è puramente casuale.

14 Risposte a “I tre, no, i due porcellini”

  1. attualissime le tematiche che vengono affrontate con la giusta dose di ironia

  2. Ah, che bei ricordi, anch’io avrei voluto fare l’artista, invece ero solo un porcellino, poi con l’età sono diventato un vecchio maiale, ma questa è un altra storia. Bella fiaba, la voto.

  3. voto questo testo ogni arte fatta con amore e passione è poesia 🙂

  4. Con la musica e tutte le arti il pane sulla tavola non porti, ma che mondo sarebbe senza gli artisti?

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