La considerazione degli altri di Anna Cibotti

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La considerazione degli altri di Anna Cibotti

Genere: Psicologico/Horror

L’uomo rientrò a casa.
Al peso degli abiti bagnati dalla pioggia, si aggiunse quello che si portava dentro da troppo tempo.
La croce interiore quotidiana della sua consapevole nullità.
La solitudine dell’uomo invisibile.
La sua inettitudine e il suo aspetto dimesso, lo condannavano a un isolamento che lui stesso per primo, contribuiva a crearsi intorno.
Per gli altri non esisteva e lui anelava la loro considerazione.
Seduto sul letto disfatto si chiese come fare…
Qualche goccia di pioggia colando dai capelli si confuse con le lacrime che non riuscì a trattenere, e rimase fermo a fissare qualcosa davanti a sé.
Era lì, appesa a un chiodo che non aveva vinto la resistenza del muro rimanendo instabile , ma sufficientemente fisso a sostenerla.
Era una maschera di legno scolpita ad arte.
Rappresentava il viso marcato e fiero di un indiano pellerossa, solitario ospite sulla parete bianca di fronte al letto.
L’uomo continuava a fissarla come ipnotizzato fino a che non la sentì diventare tutt’uno con la sua faccia.
Ora i suoi piccoli occhi porcini e sfuggenti avevano un taglio deciso e uno sguardo penetrante.
Il naso aquilino, la bocca e il mento volitivi dell’indiano, coprivano i suoi flaccidi lineamenti.
E lui si vide allo specchio un altro uomo.
L’effetto maschera lo rese più sicuro e da quella sera non camminò più ingobbito e goffo, ma assunse una fierezza di portamento che gli altri non poterono non notare.
Ormai la sua faccia era quella… la sua maschera perfetta.
Ma un giorno l’incubo più terribile frantumò il suo sogno.
Vide nella faccia di un altro, la sua adorata maschera.
Tornò a casa disperato e si guardò allo specchio.
Si rivide l’ometto di una volta, alzò lo sguardo verso la sua icona… ma al suo posto c’era rimasto solo un chiodo arrugginito.
Corse fuori di casa.
Cercava l’uomo che gliela aveva rubata.
Pioveva a dirotto e lui sentiva delle voci confuse che lo infastidivano.
Lo vide da lontano e cominciò a gridare.
Lo raggiunse alle spalle.
L’altro si voltò appena in tempo per essere colpito e buttato a terra.
“Dammi la maschera… è mia!
Prese una pietra e gli sfondò la fronte.
Farneticava e tentava di togliergli la pelle, inutilmente.
Poi di colpo si fermò.
Quello che vide lo riempì di orrore.
Davanti a lui c’era una maschera sì… una poltiglia di carne e sangue, non la sua!
Una calma improvvisa gli distese i nervi.
Finalmente aveva fatto qualcosa per cui sarebbe stato considerato.
Un passante accorso per soccorrere l’infelice a terra, lui non lo vide nemmeno.
Vide una marea di gente, non un uomo solo, e lui in mezzo a loro con la sua bella faccia importante.
Una voce cominciò a sussurrargli all’orecchio parole stridule e indistinte.
“Silenzio!” mormorò fra sé e sé… “ascolta la pioggia!

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