Ballo in maschera di Allie Walker

Ballo in maschera di Allie Walker

Genere: Erotico/Sentimentale

Camille sorseggiò il suo terzo flute di spumantino brut mentre guardava Capitan Spaventa che chiacchierava amabilmente con Colombina. La ragazza ridacchiava, era chiaro che il Capitano le stava raccontando qualcosa di piccante e piacevole.
Ottimo. Quella sera tutti dovevano essere allegri, e dalla riuscita della festa dipendeva la sorte di tanti bambini abbandonati.
Sospirò guardandosi attorno. La grande sala era gremita, decorata come se fosse un set di un teatro della commedia dell’arte buffa. Gli organizzatori avevano fatto uno splendido lavoro; il cibo ottimo,fornito gratuitamente dal miglior catering della zona. Vino buono e spumante scorrevano a fiumi.
Si apprestavano a tirare a sorte la lotteria. Ogni invitato uomo era segnato su un cartoncino e tutti dovevano partecipare con un congruo versamento a favore della Onlus per cui era stata organizzata la serata, in cambio un ballo con una delle donne presenti, a scelta. Camille era annoiata e a disagio per questa scelta alla “cinquanta sfumature di grigio”, e c’era qualcosa nell’aria che ancora non riusciva a captare.
La sua inquietudine dipendeva anche dal peso dell’acconciatura che portava in testa, un parruccone biondo con riccioli che le cadevano sul collo e le irritavano la pelle. Imprecò contro la scelta del personaggio che le avevano assegnato, una sorta di dama veneziana, con un abito ingombrante e pesantissimo, stretta in vita da un corsetto che le sprimacciava i seni, che strabordavano pericolosamente dalla scollatura. A tratti le toglieva il fiato, tanto era stretto.
Si aggiustò per l’ennesima volta le tette, grattandosi.
“Sai che sei fenomenale, carissima?”
Camille si voltò verso la sua collega e amica, Amanda, vestita da Lady Oscar. Era bellissima. L’abito maschile le aderiva alla perfezione e ogni volta che si muoveva, gli uomini della sala non le toglievano lo sguardo di dosso.
“Che cosa Amanda?”
“Hai una calma che ti invidio. Se fossi io la candidata alla direzione della Onlus, correrei in giro come un’ossessa per controllare ogni cosa e chiacchierare con tutti.”
“La mia non è calma, è consapevolezza. Se non mi nominano direttore questa è la volta buona che mando a fanculo tutti quanti e mi licenzio.”
Amanda si avvicinò di più a Camille: “Hai visto quel tipo vestito da Pantalone? Qualcuno dovrebbe avvertirlo riguardo la calzamaglia. Dai, doveva proprio mettere così in mostra i propri attributi?”
Camille si mise a ridere: “E’ pericoloso dare un ballo in maschera. Uno psichiatra avrebbe terreno fertile per dei test riguardo la scelta dei costumi. Per quanto mi riguarda sono stata quasi obbligata e maledico quel poveretto di Malaguti che lo ha fatto apposta per guardarmi le tette.”
Amanda si voltò e la guardò con occhio critico: “Beh,sicuramente ha scelto l’abito adatto per mettere in mostra quel ben di Dio che ti porti addosso.”
Camille la guardò torva e la mandò al limbo. Le due erano completamente diverse, a cominciare dal carattere bizzarro e libertino della collega, ma la conosceva meglio di chiunque altro: “Ma che hai oggi? Io mi sento a disagio così in mostra.”
“Sei antiquata e ridicola. Nessuno ai nostri giorni dovrebbe vivere in un mausoleo di casa e, per giunta, da sola. Cristo! Invita qualcuno, datti da fare. Non si consuma niente li sotto. Possibile che nessun uomo sia giusto per te?”
Camille bevve un altro sorso di spumante. Avrebbe dovuto smettere, ma la sensazione di disagio era rimasta, aumentata anche, dopo quella breve conversazione. Forse era frustrata? Era parecchio tempo che non faceva sesso, ma i suoi ideali erano altri. Il lavoro al primo posto.
Grazie alla sua professione di avvocato, aveva raggiunto ben presto i vertici della Onlus e si preparava ad accogliere la decisione del consiglio per la sua candidatura di direttore.
Una sgomitata della collega la fece sobbalzare: “Oh, guarda quella! Non riesco a capire chi sia.”
Lo sguardo di Camille seguì il dito di Amanda e vide una Wonder Woman mezza nuda, attorniata da un capannello di ammiratori che stava cercando di ammaliare battendo le ciglia e ridendo in maniera esagerata e provocante.
“Penso sia la moglie di Malaguti. Ammazza che trasformazione!”
“Stai scherzando vero? Ma che caspita le è saltato in mente? Non ha praticamente lasciato nulla all’immaginazione.”
La moglie di Malaguti, in passato, era sempre stata una donnina che detestava farsi notare;di feste e cene ne avevano date tante e, ogni volta si era soffermata a guardarla, aveva notato la sua timidezza e vergogna. Camille non potè fare a meno di chiedersi come ci si sentisse a lasciarsi andare in quel modo, senza badare alle conseguenze. E Malaguti, il marito, glielo aveva permesso? Anche lui candidato alla direzione, forse aveva in mente di influenzare il consiglio con quella pantomima?
Lo maledisse ancora una volta.
“Credo che il marito sia un gran bamboccio…”proseguì Amanda. “Scommetto quello che vuoi che quando sono nella loro casa lei sia una despota e lo comandi a bacchetta, come tutti gli uomini sposati d’altronde…”
“Come hai fatto a divenire così cinica!”
“Non sono cinica. Sono realista. So quello che vogliono gli uomini e sfrutto le mie possibilità.” Disse sprimacciandosi i seni, ridendo.
“Credi che tutti gli uomini vogliano solo quello?”
Amanda scosse la testa, buttando i lunghi capelli dietro le spalle. Lei non aveva avuto bisogno di una parrucca, aveva già una folta chioma bionda e riccioluta di natura. “No. Non tutti. Ma i migliori sono già impegnati, come i parcheggi. E poi scusa, se dovessi scegliere un uomo con cui andare a coricarmi ogni notte per il resto della mia vita, prima vorrei provarlo. Tu compreresti mai un auto senza prima salirci sopra e sentire il rombo del motore, la spinta, gli affondi, la ripresa?”
“Su questo hai ragione, un auto non si può modificare, a meno che non serva per le corse. Ma un uomo… il rapporto con un uomo, se non fosse perfetto, potrebbe sempre migliorare.”
“Sei un’ingenua. Tu sbagli tutto. Hai mai sentito parlare di chimica? Se non c’è… non c’è.”
“Amanda, per cortesia, ti voglio bene, ci conosciamo da tanto tempo. Ma ora smettila, perché dovrei scegliere un uomo con cui andare a letto?”
“Ok. Adesso vado a cercare Pantalone, sotto quella calzamaglia ho scorto qualcosa di interessante… Fallo anche tu, scegline uno. Scopaci, stasera stessa!”
Camille scosse la testa seguendo con lo sguardo la collega, era sicura che l’avrebbe fatto sul serio, poi si spostò da dove era e tentò di raggiungere un consigliere. La sala era gremita all’inverosimile,sembrava che tutti urlassero per farsi sentire e il livello del frastuono era altissimo.
“Camille. Aspetta!”
Si voltò di scatto cercando di capire chi l’avesse chiamata. Un attimo dopo, la Fata Turchina, con tanto di bacchetta magica, arrivò di corsa.
“Giulia, accidenti! Sei meravigliosa.”
“Grazie, anche tu.”
Giulia era la segretaria del direttore uscente, che doveva lasciare la direzione per limiti di età, nonché moglie del sindaco del paese; aveva circa quarant’anni e si manteneva perfettamente, nonostante avesse avuto quattro figli, tutti vicinissimi.
“Hai visto mia sorella? L’ho cercata ovunque. L’unica cosa che riesco a pensare è che sia finita in uno sgabuzzino con quel fustacchione che era con lei, o meglio… vorrei tanto lo avesse fatto.”
“Non l’ho vista, ma dubito che si sia appartata da qualche parte”
Giulia sospirò in maniera drammatica: “Lo so, continuo a cercare di deviarla, di convincerla a lasciarsi andare… è così maledettamente noiosa, proprio come te. Potreste avere uno stuolo di uomini ai vostri piedi, invece sembrate due suore carmelitane dedite alla clausura. Mamma mia che spreco!”
Camille scosse la testa per la seconda volta quella sera: “Ma che avete tutti stasera? Sei la seconda persona che mi consiglia di fare sesso. E’ il vestito? O forse hanno messo qualcosa nello spumante e nel vino?”
Giulia battè con la bacchetta magica sulle unghie perfettamente laccate di turchino, come l’abito: “Hum.. credo sia l’atmosfera. I visi nascosti dietro le maschere, il fingere di essere qualcun altro, il mistero. Sento l’aria carica di elettricità. Potrei prendere mio marito e andare a nascondermi in qualche ripostiglio. Ma tu non te ne sei accorta? Pensa sono stata tentata da quello che ho intravisto sotto la calzamaglia di Pantalone. Se fossi sicura di non essere scoperta, probabilmente ci proverei io pure con quello, non dovessi trovare mio marito…” ridacchiò “Io non sono come voi.”
“Tu sei tutta matta. Io non faccio queste cose e tu non puoi.”
“Ehi, non incazzarti. Ma sei così pudica? Guarda che il sesso fa stare bene… E poi non scherzavo quando parlavo dello sgabuzzino… A meno che non fosse stato il cappotto con il pelo al collo appeso alla parete che emetteva dei gemiti languidi pochi minuti fa…”
“Credi davvero che fosse stata tua sorella?”
“Lo spero! Significa che almeno una volta nella sua vita si è concessa l’ebrezza di una follia.”
Per la terza volta Camille scrollò la testa e la salutò continuando la sua ricerca del consigliere.
Senza dire una parola con alcuno, attraversò la stanza, rischiando di travolgere un vassoio di leccornie appoggiato su un tavolo, il suo vestito era maledettamente ingombrante. La sua attenzione fu attratta da uno strano movimento su un corridoio di lato alla sala della festa. Pulcinella, tenendo per mano una Dama che non seppe riconoscere, stava aprendo una porta di uno stanzino che era adibito a spogliatoio e, dopo essersi guardato intorno per vedere se qualcuno li notasse, si infilarono dentro e chiuse la porta.
Allora era vero. Giulia aveva ragione. Arrossì al pensiero di quello che stava accadendo nello stanzino, ma era anche eccitante, pericoloso, folle. Qualcosa che lei non aveva mai fatto. E comunque non aveva mai incontrato nessuno che l’avrebbe portata in uno spogliatoio e lei non era il tipo di donna che avrebbe seguito chiunque.
O meglio… c’era stato solo un uomo nella sua vita, Marco, che avrebbe seguito in capo al mondo, ma a quel tempo, giovane e inesperta, non aveva capito che per lui, lei non significava nulla, era solo un giocattolo del momento. Lo aveva capito troppo tardi. Delusa da quella breve e intensa relazione, si era, poi, tenuta alla larga dagli uomini. Diceva a se stessa che stava bene anche da sola.
Guardò ancora lo spogliatoio, immersa nei propri pensieri.
“Congratulazioni Camille.”
Camillè sobbalzò, come fosse stata colta in flagrante. Poi si tranquillizzò, sicura che nessuno potesse indovinare cosa le passava per la testa.
“Credo che il consiglio abbia approvato la tua nomina. Un uccellino me lo ha cinguettato.”
Camille sorrise a Maria, la direttrice di uno degli orfanotrofi di cui si occupava la Onlus. Il suo costume da Bianca Neve le dava un aspetto diverso dal solito tailleur anonimo.
“Ne sei sicura? Io ancora non so nulla. Stavo aspettando quella ridicola lotteria e mi sono defilata. Non voglio ballare con uno sconosciuto appiccicoso.”
“Sicurissima, sai che conosco bene i consiglieri.” Le sorrise congratulandosi ancora. “La festa sta riuscendo bene, mi sembra. La gente è allegra e partecipa. Gli organizzatori hanno avuto una buona idea a far coincidere la raccolta fondi con la nomina del nuovo direttore. Sono sicura tu saprai fare alla perfezione il tuo lavoro… Ma, a quando un uomo al tuo fianco?”
Camille le lanciò un’occhiataccia che fece cambiare subito espressione alla donna. Ne approfittò per congedarsi. “Mi scusi, mi stanno chiamando.” Invece si diresse verso la toilette, passando davanti allo spogliatoio. Udì una voce femminile, piena di desiderio. Ebbe una sorta d’invidia per quella donna che riusciva ad abbandonarsi al piacere con tanta facilità.
“Eh, no. Devo far qualcosa…” pensò. “ E se anche io beccassi uno sconosciuto e me lo portassi da parte per sentirmi di nuovo donna? Sarebbe solo uno sconosciuto, che male c’è?”
Quando tornò nella sala, si trovò a scrutare gli invitati e si rese conto che Giulia aveva pienamente ragione. L’aria era intrisa di sensualità. Le persone si toccavano, si sfioravano e non solo per caso. Poco più in là, Tarzan e Jane si stavano baciando, alla sua destra Batman e Catwoman, si strusciavano in un ballo sensualissimo. Intenta a guardarsi in giro, scorse un uomo vestito da Arlecchino, molto alto, una maschera in viso che copriva anche il naso, sulla bocca un rosso accesso di un rossetto usato ad arte su labbra perfette, la mascella con una leggera barba incolta.
Camille si soffermò a guardarlo e i loro sguardi si incrociarono per un istante che le sembrò un infinità. Gli occhi scuri che intravide avevano un luccichio ammaliante. Lui le sorrise, poi con un cenno della mano la invitò a seguirlo. Non se lo era sognato. Si diede più volte dell’idiota e dopo svariati rimbrotti contro se stessa, lo seguì al di fuori della pista dove gli ospiti ballavano.
Più si avvicinava e più diventava nervosa. Il respiro accelerò e il cuore cominciò a martellarle nel petto. Alcuni invitati la fermarono per congratularsi, ma niente e nessuno l’avrebbe trattenuta. Tutti sapevano della sua nuova posizione, probabilmente, meno lei. Ma non le interessava in quel momento, voleva conoscere quell’uomo, chi si celava li sotto? Una flebile voce le suggeriva di fermarsi prima che fosse troppo tardi. Divisa tra la paura e la situazione intrigante, continuò a camminare, seguendolo a debita distanza. Poteva sempre fare un passo indietro. E poi che paura doveva avere nello scambiare quattro chiacchiere?
L’uomo non doveva avere le stesse intenzioni di Camille, visto che uscì dalla sala e si incamminò verso il corridoio che portava alle scale. Non si guardò indietro per vedere se lo seguisse e Camille si chiese il perché di tanta sicurezza,
Salì le scale, dietro di lui, in silenzio. Quando lui entrò in uno degli uffici al piano di sopra, Camille rimase qualche minuto sul pianerottolo, indecisa se seguirlo o meno. Poi entrò anche lei.
Non era del tutto buio e non era un elemento negativo, anzi…
Inciampò in una sedia, rischiando di cadere e lui fu subito pronto a sorreggerla, abituatosi prima di lei all’oscurità della stanza. L’aspettava.
Un profondo respiro e si trovò con le labbra appoggiate a quelle dello sconosciuto. Lei emise un gemito, di accettazione, ma anche di stupore. Apprezzò il sapore di vino della bocca dell’uomo, che aveva approfondito il bacio infilandole la lingua in bocca. Lei aveva prontamente dischiuso la bocca, avida di lussuria. Gli accarezzò il torace e, improvvisamente audace, spinse la sua esplorazione più intimamente, al di sotto della cintura,accorgendosi che era eccitato e che lo diventava ogni minuto di più.
“Non riesco a credere quello che sto facendo…”bisbigliò Camille.
Lui la zittì attirandola a se con decisione, finchè i loro corpi aderirono, nonostante l’abito ingombrante di lei. Strano cosa poteva fare un bacio e una maschera, pensò Camille. Si abbandonò fra le sue braccia quando lui iniziò a tormentarle la zona dietro l’orecchio, per poi scendere lentamente verso l’incavo dei seni.
Un rumore dietro la porta e lei si irrigidì, aprì la bocca per dire qualcosa, ma lui la bloccò: “Shhh” ammonendola. La baciò ancora e tutto il mondo fuori cessò di esistere. Le mani di lui armeggiarono con l’abito di lei sulla schiena e presto divenne un mucchietto ai suoi piedi. Sotto indossava solo il corsetto e un paio di slip minuscoli. Anche il corsetto divenne presto un ricordo e i seni furono subito coperti dalle mani di lui. Giocò con i capezzoli fra le dita, li mordicchiò per un tempo indefinito, li leccò ancora fino a scendere verso il ventre, soffermandosi sull’ombelico, mordicchiando la carne esposta.
Il cuore di Camille batteva all’impazzata, mentre lui insinuava la mano dentro l’orlo delle mutandine. Non aveva immaginato potesse essere così coinvolta con uno sconosciuto, non era nemmeno sicura volesse arrivare fino in fondo, ma così eccitata non si sarebbe fermata per nulla al mondo. Era da tempo che non si sentiva più in quel modo e aveva creduto che solo un uomo avrebbe potuto farla sentire così: le aveva tolto il fiato, le tremavano le ginocchia e un fuoco dentro di lei cresceva impetuoso.
Quell’uomo sembrava sapesse istintivamente cosa lei desiderava., cosa voleva e quello che le piaceva.. Avrebbe voluto guardarlo in viso, avrebbe voluto vederlo alla luce, invece quando sentì il suo respiro caldo sullo stomaco, dimenticò ogni suo volere.
Da quel momento in poi si preoccupò solo del piacere che le stava procurando con quel semplice tocco, sembravano mani esperte, tentò di soffocare i gemiti quando raggiunse il suo primo orgasmo, solo con il tocco di quelle mani che si erano insinuate a toccare la pelle di velluto tra le sue cosce.
Lui le diede il tempo di riprendersi e senza parlare, l’aiutò a distendersi sul pavimento. La baciò ancora e le lambì il corpo con la lingua, fino ad arrivare ad aprirle le cosce e intrufolarsi anche tra le pieghe delle labbra. Fu una lenta tortura che la portò di nuovo all’apice. Lui se ne accorse e smise di leccarla. Si distese sopra di lei e le spinse il cazzo fra le gambe. Si mosse contro il clitoride, continuando la dolce tortura. Di nuovo pronta per godere la penetrò e fu un amplesso furioso, entrambi avidi di arrivare alla fine. Una piacevole fine.
Camille continuò a stuzzicargli le labbra, finchè lo sentì mugolare. Solo allora si fermò, si ritrasse e respirò. Di colpo ebbe la consapevolezza del posto in cui si trovavano, un ufficio e fuori, al piano disotto, decine di persone che erano venute per una festa di beneficenza. Si alzarono da terra e si ricomposero senza parlare. Lei cercò di sistemarsi l’acconciatura e quando pensò di essere a posto, aprì la porta e uscì. Senza aspettare che lo sconosciuto facesse altrettanto, si diresse verso la toilette sullo stesso piano. Per fortuna non c’era nessuno. Lì si guardò allo specchio e tentò di capire quello che era successo e perché lo aveva fatto.
Aveva l’aspetto di una donna che aveva appena fatto sesso! Macchie di rossetto dello sconosciuto ovunque, sul collo, sulla scollatura… La parrucca era talmente arruffata che sembrava avesse messo due dita nella presa della corrente. Rise della sua immagine riflessa, divertita fino alle lacrime. Cercò di riparare ai danni del trucco con dei fazzolettini e dell’acqua. Rise ancora, felice di averlo vissuto con uno sconosciuto, forse era riuscita a sbloccarsi. Perché di quello si trattava. Un blocco verso gli uomini dopo una grossa delusione.
Mentre lanciava un ultima occhiata alla sua immagine riflessa, notò che il corsetto non era del tutto allacciato sul seno, un fremito le corse lungo la schiena pensando alle mani di quell’uomo che le aveva tormentato i capezzoli.
Camille uscì dal bagno in fretta e si imbattè in una Cappuccetto Rosso leggermente alticcia, che sembrava avere un disperato bisogno del bagno.
Al pensiero di rivedere lo sconosciuto in giro per la sala, provò una tensione allo stomaco. Ma doveva scendere e farsi coraggio.
In fondo alle scale la sua collega, Amanda: “Dove sei stata? Ti cercano tutti. Hanno finito con la lotteria e devono dare la comunicazione del nuovo direttore. Cazzo! Ci sei riuscita, la direzione è tua!” Amanda le schioccò un bacio in fronte, abbracciandola.
“Ero in bagno.” Rispose sperando che l’amica non si accorgesse del rossore affiorato alle guance, ne sentiva le vampate.
“Ti sei dimenticata qualcosa…”
Camille si toccò il vestito, aveva dimenticato il sottogonna? O peggio ancora, gli slip in quell’ufficio?
“Caspita! Si vede?”
“Si vede cosa? C’è qualcosa che non mi dici,. Io mi riferivo alla maschera, non l’hai sul viso. Cosa stavi facendo in bagno? E con chi?”
“Niente, mi stavo solo aggiustando questa diavolo di acconciatura, niente altro.”
“Humm, non me la racconti giusta.”
“Smettila Amanda. Scusa ma adesso devo occuparmi di una questione importante, hai detto che mi stanno cercando…”
“Non andrai da nessuna parte fino a che non mi dici cosa hai combinato. Forza, sputa il rospo.”
Conoscendo la collega era inutile continuare a fingere fosse successo nulla: “Ero con un uomo. Ecco! L’ho detto… l’ho fatto! Contenta?”
“L’hai fatto? Non stai scherzando vero?” Gli occhi dietro la maschera di Amanda si spalancarono. “Oh, Gesù! Con tutta questa gente! Qui! Tu!”
Amanda emise un urletto, la gente intorno si girò a guardarle. Camille meditò se fosse il caso di scavarsi una piccola fossa e tuffarvisi dentro, moriva dalla vergogna.
“Dai raccontami…” Insistè Amanda.
“Vuoi smetterla di gridare e lasciarmi andare? Non vorrei finire sul giornale per uno scandalo erotico, ma per una candidatura a direttore, per cui lasciami passare e non rompere.”
“Almeno dimmi… è stato bello? Lo conosco? Lo conosci? Cazzo! Sono così orgogliosa di te…”
“Orgogliosa? Per essermi fatta uno sconosciuto in un ufficio. Dai finiscila. Fammi andare.”
Amanda seguì Camille fino al primo scalino che portava al palchetto della band, dove era stata chiamata e continuava a torturarla.
“Smettila di seguirmi Amanda. Non ti dirò altro.”
La nomina a direttore della Onlus fu come si era aspettata. Appena tutti furono in silenzio fu presentata agli ospiti e il direttore uscente le passò le consegne con una sorta di giuramento. Una sfarzosa recita assurda di parole lette da un foglio che le avevano passato entrando sul palco. Sarebbe stato meglio un semplice discorso e un ringraziamento.
Di fronte a lei tante maschere, una su tutte catturò la sua attenzione: Arlecchino.
Si era tolto la maschera dal viso e le sorrideva.
Lui.
Si, lui. Marco.

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