Effetti collaterali di Luisa Cagnassi

Effetti collaterali di Luisa Cagnassi

Tema: La bugia e Il peso di esistere

All’età di dieci anni, paciosa bambina in preparazione all’esame di ammissione alla scuola media, allora non dell’obbligo, frequentavo corsi bisettimanali, istituiti dalla nostra insegnante. Naturalmente senza eccessivo entusiasmo.
Lungo il tragitto che ci accompagnava alla scuola, m’incontravo con una compagna e raggiungevamo insieme la classe.
Un pomeriggio, decisi di anticipare l’uscita, dietro a suo invito, per trascorrere a casa sua, una mezz’ora a giocare e ridere stupidamente, soprattutto divertendoci alle battute esilaranti del fratello, un paio di anni più grande.
Si sa, il tempo corre e, quando ti stai svagando, non te ne rendi conto.
<Non siamo costrette ad andare> disse all’improvviso Silvana <I miei non sarebbero d’accordo!> risposi io, educata a non mentire e a mantenere diligentemente gli impegni.
<Di cosa vi preoccupate? Divertitevi!> aggiunse la madre. Secondo lei, non essendo orario scolastico, l’assenza non necessitava di giustificazioni.
<Davvero? Allora rimango qui!> dichiarai convinta e felice.
Attesi l’orario consueto del rientro, salutai la bella compagnia e me ne tornai a casa serafica, come se nulla fosse cambiato.
Mi accolsero i nonni e mia madre, che era già quasi ora di cenare.
<Com’è andata oggi a scuola?> domandò il nonno. <Bene! Abbiamo ripassato e fatto qualche esercizio> mentii sfacciatamente, senza indugi. Mia madre mi osservava in modo strano e percepii una sensazione di disagio nuova.
Sedemmo a tavola e l’ansia, alimentata dall’insolito silenzio, che rimbombava dentro me in modo violento, saliva. Il cuore galoppava, come quello di un cavallo imbizzarrito.
Cominciai a tenere lo sguardo abbassato osservando, con la coda dell’occhio, i movimenti dei miei famigliari.
Improvvisamente, lo squillo del telefono, posto nell’ingresso adiacente la cucina, mi fece sobbalzare. Io, incaricata abituale alla gestione dell’apparecchio, andai a rispondere.
Era la mia maestra: <Come mai non ti sei presentata oggi alla lezione?> s’informò.
Ero in trappola, non sapevo come giustificarmi, ma trovai la strada: <Non sono stata bene. Avevo mal di pancia e nausea> inventai.
<Adesso come stai?> chiese ancora, più amabile del solito. <Bene, cioè meglio grazie!> la rassicurai. <Allora ci vediamo domani a scuola!> Ci salutammo e chiusi la conversazione.
<Chi era al telefono?> domandò il nonno. <La maestra, si era dimenticata di darmi i dati per un esercizio> improvvisai ancora. Fu un’esplosione improvvisa, che mi sorprese e travolse. Giunsero alle mie orecchie un insieme di improperi e usò un turpiloquio che mai avevo udito, mi sentivo un essere spregevole.
Sprofondavo attraverso il suo stato, sempre più giù, immersa nel rimorso e nella vergogna. <Da te non mi sarei mai aspettato una cosa simile. Mi hai deluso!> Vomitò quelle parole, distrutto dal mio tradimento. Dalla sfrontatezza maturata, dalla capacità di prenderlo in giro, non una, ma più volte. Menzogna su menzogna.
Si alzò da tavola senza aver toccato cibo, paonazzo di rabbia. Andò a letto per smaltire la collera. Era in uno stato veramente penoso, mi sarei presa a pugni io stessa.
Piansi calde lacrime, immersa nel pentimento. Il mio adorato nonno stava male a causa mia. Perché gli avevo causato quel dolore, quella delusione? Per una stupida bugia, per non aver trovato il coraggio di raccontare lo svolgersi dei fatti. Se gli avessi spiegato, non ci sarebbero stati problemi, avrebbe compreso. Sicuramente, pur non essendo d’accordo per la mia scelta, si sarebbe limitato a dirmi di non farlo più. Invece, oltre ad aver testato l’esperienza di mentire, avevo avuto la presunzione di non volerlo ammettere, aggravando il mio errore.
Mia madre e la nonna, mediarono abilmente, confortandomi senza merito tra l’altro, consapevoli di quanto ormai i sensi di colpa mi stessero devastando dentro.
Mi avvicinai al letto in lacrime: <Nonno, perdonami, sono stata una stupida!> Scendevano copiose le lacrime, mentre il suo silenzio mi feriva ancora, Gli passai una mano sul volto, al buio non l’avevo notato: era bagnato dal pianto.
<Ti giuro nonno, non mentirò mai più!> Mi strinse al suo petto, accarezzandomi i capelli.
< Mantieni la promessa sempre, ricordatelo!> aggiunse.
Lo pregai, ma non si volle alzare. Preferì restare lì, da solo, a smaltire la grande delusione che stupidamente gli avevo regalato.
Da quel giorno non sopporto le bugie, chi mente e distorce la verità in modo meschino.
Per farsi bello agli occhi altrui, non ammettere un errore, una mancanza. O semplicemente per vezzo, sgradevole abitudine, tanto per godere del piacere personale di stravolgere gli equilibri del prossimo. Il mentitore non ha rispetto ne sentimento per gli altri. Egoista inguaribile.
La menzogna in sé m’indispettisce; mi annienta e disorienta, il solo pensiero di essere presa in giro. Interagire con qualcuno che mente, rende la comunicazione inutile, banale.
Un dialogo su basi traballanti, fondamenta che non reggerebbero al primo sospiro, al primo palpito, allo sguardo sfuggente. Sì, perché chi mente, ha gli occhi impenetrabili e schivi.
Sguscia viscido dal tuo cercare conferme, dal tuoi occhi penetranti. Una frazione di secondo, un attimo. Il suo sguardo sarà, in quel preciso istante, altrove.
Perché mentire? Non sarebbe meglio una verità, magari sgradevole, capace di chiarire concetti e sentimenti. Utile a spiegare azioni discutibili. Alibi, per apparire meglio di quello che si è? Un vezzo, per chi trova esilarante, prendersi gioco del prossimo. Esagerando, esternando doti inesistenti. Cercando glorie immeritate.
Distruggendo la reputazione di persone antagoniste. O semplicemente perché, denigrare i propri simili, ti fa sembrare migliore?
Costruire un’esistenza su di una bugia, è costruire un castello di carta. Le sovrapponi, attento. Bisogna essere abili a mantenerne l’equilibrio, a non far crollare tutto, al primo fiato.
Il bugiardo o non ha coscienza, quindi non avverte rimorso, oppure è insensibile all’ansia che lo logora, costringendolo a moltiplicare le menzogne all’infinito, nell’intento di convalidare la prima. Snocciolerà una catena di falsità mediocri.
Questo si collega al peso di esistere. Impensabile vivere con un peso costante sulla coscienza.
Tuttavia, mi rendo conto di quanto sia difficile affrontare tutti i percorsi esistenziali, ostentando sempre e solo la verità. Il proprio ego interiore non reggerebbe. Necessita di uno spazio, una parentesi, dove recuperare le forze e rilassarsi.
Ad esempio, come non mentire a un bambino, di fronte alle atrocità che ci circondano?
Il male è in agguato, divora gli ingenui e gli innocenti. Tu cerchi di proteggerlo, gli racconti una fiaba per “indorare la pillola”. Abituandolo poco a poco, attraverso un mondo immaginario e bugiardo, che i sogni più belli possono tramutarsi in avvenimenti anche drammatici.
In modo che scopra più tardi possibile, cosa siano l’ansia e l’angoscia che la vita ci fa incontrare durante il nostro viaggio.
Il buio più cupo delle anime malvagie è un’insidia continua. Mentiamo a noi stessi, per non pensarci, non credere al male che deturpa questo mondo, diversamente meraviglioso.
Menzogna gigantesca. La camuffiamo dietro a un sorriso, a una festa, un gioco, un’illusione.
Tuttavia, pare un paradosso, senza mentire, non potremmo sopravvivere.
Caparbiamente tentiamo di essere perfetti, sino a che, per saturazione, esplode il panico.
Ecco, questo è il male di vivere peggiore. Paura dilaniante, peggio della morte.
Ti distrugge, paralizzandoti è un qualcosa che non conosci, ti contorce l’animo e toglie la parola. Tremi incessantemente, vorresti urlare, ma ti si inchiodano le corde vocali. La lingua s’incolla al palato e non riesci neppure a deglutire. Uno stato terribile, ma menti comunque a te stesso e a chi hai vicino.
Hai il timore che la paura sia contagiosa e travolga chi ami. Celi lo stato devastante, lo rifiuti e te ne vergogni: è una debolezza che non vuoi ostentare.
Oppure mentendo tacitamente, speri di essere solo in preda a un incubo, illudendoti del suo dissolversi ai primi albori del giorno. Impari a gestire il nemico, lottando con te stesso.
Finalmente si placa, ritrovi la tua dimensione, riaffronti il quotidiano, torni a sorridere sereno.
Al mondo intero, a un fiore che sboccia, a un tramonto mozzafiato, un amore che nasce, a una melodia che ti avvolge: a un bimbo che sorride.
Proprio lo stesso cui hai mentito, perché non debba mai trovarsi faccia a faccia con questo attuale, inconcepibile, comune male di vivere devastante: a questo esistere caotico.

20 Risposte a “Effetti collaterali di Luisa Cagnassi”

  1. Brano interessante e , ben articolato e molto esplicativo, volendo ampliarlo ci si potrebbe ricavare un vero trattato “contro la menzogna”

  2. Voto questo testo.

    La bugia come stato psicologico personale e come tradimento del rapporto con gli altri, un’analisi molto profonda e interessante.

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