New gods di Fabrizio Castellani

New gods di Fabrizio Castellani

Genere: Comico/Fantasy

-Vorrei saperlo da te Paola. Con parole tue. Perché lo hai fatto?
Aveva volutamente tenuto un tono conciliante, amichevole, per non farla sentire sotto pressione. Sapeva per esperienza quanto la ragazza che aveva davanti fosse già comprensibilmente nervosa, e un ulteriore stress certamente non avrebbe aiutato.
Anche con le mani tremanti, e il disagio di trovarsi in quel luogo buio e sconosciuto, la voce di lei usci però limpida.
-non avrebbe dovuto provarci, non avrebbe dovuto toccarla. Lo avevo avvisato. Ma non mi ha ascoltato. Non mi credeva capace.
Ade sospirò e aprì il fascicolo che teneva di fronte. Dette una veloce lettura alle poche pagine. Resoconti, fotografie e appunti raccontavano la storia di Paola. In quel fascicolo, davvero troppo leggero, c’era tutta la vita della giovane.
Una storia come tante, come troppe. La storia di una ragazza nata forse nel momento sbagliato, forse nel posto sbagliato. Una madre debole e remissiva, un padre violento. Paola era solamente l’ennesima anima fuori posto, messa là da quel dio superiore che risponde al nome di Fato, e sul quale nessuno ha potere.
Nei secoli lui, il signore degli inferi, quante di quelle anime aveva giudicato? Quante aveva salvato e quante invece condannato?
Troppe storie drammatiche, troppi dolori erano passati sotto i suoi occhi, e di colpo sentì addosso il peso di tutti i suoi anni. Era una sensazione che lo assaliva spesso ultimamente. Forse suo fratello aveva ragione: “forse è tempo” pensò.
Richiuse le carte e guardò la ragazza, che vestiva con un vecchio giubbotto di pelle nera, forse di finta pelle. Era sporco, e liso all’altezza dei polsini. Il nero scolorito in contrasto con la carnagione lattea del viso. ma affine agli occhi, due pozzi, scuri e tristi, con riflessi color del rame.
Si prese ancora qualche secondo, mentre lei sembrò farsi più piccola sulla sedia della sala interrogatori, poi parlò con voce autoritaria: -allora Paola. Ha picchiato tua madre, e questo lo so. Leggo qui che avevi assistito alla stessa scena decine di volte. Picchiava anche te, spesso. Cos’era diverso questa volta?
La ragazza si guardò la punta delle dita magre, con le unghie smaltate anch’esse di nero. Ade sapeva che non le stava effettivamente guardando, ma cercava dentro di sé le parole per raccontare, per spiegare. Quando lei alzò gli occhi lui seppe che era pronta, e si preparò ad ascoltarla con attenzione.
-non riuscivo più a sopportare. Tornare a casa ogni giorno e aspettare un pugno, o un calcio. E il giorno dopo nascondere i lividi con il fondo tinta. O anche peggio. Trovare mia madre a terra, una maschera di sangue, mezza morta. Costretta in casa per non far vedere ai vicini l’inferno dove abitavamo. Lo avevo avvisato. “ti ammazzerò. Alla prima occasione ti ammazzerò”, gli avevo detto. Aveva riso. E poi mi aveva colpita più forte. E ancora, e ancora…Tu sai cosa vuol dire avere un mostro come padre?
Ade trattenne a stento un sorriso, non sarebbe stato appropriato. Pensò per un minuscolo istante a una sera di tanti secoli prima. Crono non era certo stato un padre modello, e ucciderlo era stata una liberazione. Ma tra un Dio e l’Uomo ci sono morali diverse, e anche l’assassinio di un padre a volte può essere cosa giusta.
Il suo silenzio la incoraggiò a continuare.
-sono rientrata tardi. Speravo non ci fosse, o che fosse già a dormire. Invece era li, in cucina, ubriaco come sempre. Mia madre era a terra, in ginocchio. La teneva per i capelli mentre lei piangeva, implorava. Gli ho gridato di lasciarla, di smetterla. Ho preso il coltello e lui mi si è avventato contro. Mi ha messo le mani attorno al collo e ha stretto. Poi…poi non so. Non so cos’è successo dopo.
Ade aprì di nuovo il fascicolo. Estrasse una foto e la spostò di fronte alla ragazza, in modo che potesse guardarla.
La foto ritraeva Paola in cucina, stesa a terra, ferma in una posa innaturale.
-e successo che sei morta, Paola. Tuo padre ti ha strangolato- le disse indifferente.
-Morta? allora…allora è stato tutto inutile- rispose lei più stupita che spaventata.
-inutile? No. Non direi. Sei quasi riuscita. Il coltello è penetrato in profondità, causando un’emorragia. Tuo padre sta morendo lentamente giusto in questi minuti. Presto sarà qui. Quindi un risultato l’hai ottenuto. Un’ultima domanda: lo odiavi? Odiavi tuo padre?
-odiarlo? No. Non credo. Fa differenza?
-No. O forse si. Lo odiavi?
-No. Non lo odiavo. Era mio padre. Non potevo odiarlo.
-ma lo hai ucciso. Perché?
-perché…perché non era giusto. Un padre protegge i figli. Non li offende, non lo distrugge. Li deve proteggere. Educare. Mio padre non era un padre giusto.
Il silenzio scese nella stanza buia. Ade raccolse i fogli sparsi sul tavolo e richiuse il fascicolo. Aveva avuto la risposta che voleva.
-ti farò sapere- disse rivolgendosi alla ragazza. Un istante prima di uscire dalla sala parlò un’ultima volta: -se ti aiuta saperlo, credo che tu sia stata giusta. Una vita, la tua, per una vita, la sua. Si, sei stata giusta.

Qualche ora più tardi Ade stava seduto nel suo studio, letteralmente sprofondato nella vecchia poltrona. La giornata era stata lunga, e sorseggiare un buon cognac di fronte al caminetto acceso per lui era da sempre un buon modo di trovare pace. A metà del secondo bicchiere finalmente si decise e prese il cellulare. Attese pochi istanti prima che una voce assonnata dall’altro capo rispondesse.
-ciao. Si sono io. Scusa l’ora, ma mi confondo sempre con il fuso orario- disse con un ghigno -Va bene, vengo anche io. Si ho trovato una sostituta temporanea…una ragazzina, una giusta. È morta ammazzata dal padre, ma è tosta. Ha anche il look adatto a fare la regina degli inferi. Si, si, una femmina…serviva un cambiamento qui sotto… ma che danni vuoi che faccia? Una vacanza mi ci vuole proprio, l’hai detto anche tu. Il tempo di istruirla Zeù, una settimana, dieci giorni al massimo…si si, avvisi tu Done? Lo sai com’è…se non ha tutto organizzato al minuto quello scatena un maremoto. Si fratello, sarà un piacere abbracciarti di nuovo. A presto. Salutami i ragazzi su all’Olimpo-
Mise giù il telefono e finalmente si concesse un sorriso. Solo all’idea di andare in vacanza si sentiva più rilassato.
-allora Cerbero, vieni a Tahiti con me o resti con la ragazzina?- disse rivolto al cane accucciato di fronte al caminetto.
A sentire il suo nome il vecchio beagle scosse tutte e tre le sue teste, agitò un po’ la coda, poi tornò a ronfare beatamente.

17 Risposte a “New gods di Fabrizio Castellani”

  1. Aggiungo: argomento duro e spinoso, trattato tuttavia con delicatezza che non scade mai nel banale. Chiusura leggera che strappa un sorriso. BRavo!

  2. Decisamente, voto questo testo! E’ bellissimo, coinvolgente, divertente e assieme fa riflettere… Mi è piaciuto moltissimo 🙂 complimenti

  3. bel testo, ironico nonostante la durezza dell’argomento. Voto

  4. Voto questo testo!
    È molto originale, come sempre sa essere Fabrizio!

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