Desco fatale di Anna Cibotti

Desco fatale di Anna Cibotti

Genere: Fantastico/umoristico

… che gli dei perdonino i miscredenti!

Quella cena fu memorabile.
In paese se ne parlò per parecchio tempo, creando un gran scompiglio.
Riporto i fatti così come mi sono stati raccontati durante una visita a una zia malata che non vedevo da anni.
Fu un gesto di pietà imprevisto e improvviso, quello che mi spinse a rivederla per darle l’ultimo saluto.

La bellissima Afrodite, modella di giorno e spogliarellista di notte, tornò dalla città per passare il Natale con i suoi.
Quella mattina la videro tutti camminare per il centro del paese e dirigersi da Demetra, l’erborista.
Una tisana e alcune creme naturali, avrebbero contribuito a mantenere la sua seducente bellezza, e qualche altro intruglio non ben definito, a rendere afrodisiaci i cibi offerti agli… amici.
L’erboristeria profumava di spezie e di fiori orientali e Afrodite ne aspirò le essenze con voluttà.
Ma Demetra non era sola.
Accanto a lei, pallida come la luna, c’era Artemide, la veggente.
Parlava a bassa voce, misteriosa e grave nei gesti, della visione di una scena di caccia dove un giovane bellissimo, dopo aver sparato a quello che credeva fosse un cervo, si ritrovò stesa nella macchia una fanciulla ferita in cui lei vedeva se stessa.
Prendendola tra le braccia le promise che l’avrebbe curata e tenuta con sé per sempre.
A rompere l’incantesimo di quella atmosfera rarefatta e soave arrivò Atena, l’insegnante di filosofia.
Con la sua faccia seria di saggia e sapiente e i modi compassati, riportò tutte ad una dimensione reale. Era passata a portare un libro di medicina omeopatica richiestole da Demetra, interessata ad approfondire le sue conoscenze in quel campo e necessarie per la sua professione.
Afrodite, un po’ annoiata, propose di andare a bere un aperitivo.
“Si, passiamo da Dionisio per un buon bicchiere di vino frizzante”, ribadì Artemide.
Nell’osteria di Dionisio gli avventori non mancavano mai.
Ridanciano e un po’ alticcio, Dionisio le accolse con piacere, e in occasione della visita di Afrodite, dalla quale non staccava gli occhi di dosso, non solo offrì loro il vino, ma le invitò a cena per la sera stessa.
Entusiaste per la proposta, accettarono.
Dioniso non disse loro, però, che avrebbe invitato anche Ermes il giornalista, e quel rivoluzionario di Ares, impegnato politicamente e fomentatore di scioperi e rivolte operaie tutt’altro che pacifiche.
Afrodite, succinta e maliziosa, gradì la presenza dei due nuovi commensali, e in particolare quella di Ermes, a cui lanciò invitanti e allusivi segnali per tutta la serata
Demetra e Artemide, più spirituali, sedevano compunte e silenziose.
Ares cominciò a discutere con Ermes sui diritti negati delle masse, paventando un insurrezione dolorosa e criticando la negata visibilità della stampa verso quella problematica.
Atena, pacata e moderatrice, provò a intromettersi nella discussione fra i due e dopo qualche tentativo fallito, ci riuscì.
Afrodite continuava a muoversi languidamente e a guardare Ermes, irritata per la scarsa attenzione.
Dionisio intanto beveva e versava vino a iosa.
Demetra li guardava come se non li vedesse.
Mangiava e pensava a un campo di grano e papaveri ondeggianti al sole.
Dionisio fu un ospite perfetto ma… dimenticò di invitare Poseidone.
Costui era una forza della natura, un peso massimo col naso rincagnato e la passione della pesca.
Il mare era la sua casa, e d’inverno conteneva a fatica un’ irrefrenabile voglia di spaccare tutto.
Capitò per caso da Dionisio e quando vide la comitiva allegramente riunita, li guardò uno per uno e scoppiò a ridere.
La sua risata fu fragorosa come un tuono e contagiò tutti.
“L’ha presa bene… meno male!, pensò sollevato l’oste.

Poseidone non rimase però.
Finì un bicchiere di vino e se ne andò.
All’improvviso un boato precedette una forte scossa di terremoto.
Divampò un incendio e la casa dell’oste crollò.
Poseidone si allontanò senza voltarsi indietro a guardare.
Prese il cellulare e chiamò il becchino.
“Ade, vieni, ci sono sette morti che ti aspettano”
Ma Ade non trovò nessun corpo.
Quando i vigili spensero il fuoco, sotto le macerie non trovarono nessun cadavere.
“Immagina lo sconcerto dei paesani e quante dicerie e superstizioni serpeggiano da quel giorno”, mi dice la zia.
“Si dice in giro che ogni anno, proprio nel giorno della disgrazia, ci sia il passaggio in volo di un piccolo e strano tipo di uccelli. La gente pensa siano le anime di quei poveretti spariti nel nulla, ma Ade il becchino, continua a dire che non è possibile. Ripete ogni volta che chi va all’inferno rimane lì sotto per sempre. Sembra sicuro di quello che dice, ma sai… da quella volta, non è più lo stesso.”
Dove c’era la casa dell’oste, ora c’è un distributore e l’erboristeria ha una nuova gestione.
Mi incuriosisco ed entro per vedere.
Mi accoglie un ragazzo biondo e gentile nei modi, ma dagli occhi tristi.
E’ sicuramente un uomo ma… ha un’aggraziata sembianza femminile.

20 Risposte a “Desco fatale di Anna Cibotti”

  1. Voto questo testo per l’originalità e l’accostamento mitologico ben riuscito.

  2. Voto per questo testo.

    Originale, ironico, scritto bene, denota la conoscenza della mitologia e la capacità di renderla simpatica e avvincente.

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