Schiuma di Irma Panova Maino

Sento le bollicine schiudersi sulla superficie del derma, dandomi la sensazione carezzevole di essere sfiorata da mille mani. Mille dita compiacenti che mi toccano appena, rotolando lievi.
Microscopiche mani che si insinuano ovunque, rilasciando la fragranza dell’essenza racchiusa nella schiuma, profumando l’aria fino a coinvolgere i miei sensi in notti esotiche, ricche di piaceri infiniti.
Nuvole eteree che galleggiano sull’acqua coprendo ogni cosa, ogni imperfezione, ogni segno, ogni possibile anomalia, vera o presunta che sia.
Un mare infinito di bianco candore iridescente che scoppietta felice, cercando il contatto con la pelle, incollandosi a essa, sollecitandola, stuzzicandola, rendendola più sensibile.
E il desiderio per quella consistenza effimera diventa un bisogno acuto, quasi un’ossessiva ricerca di quella solidità che non c’è e che porta al sospiro, alla rassegnazione.
La schiuma scivola avanti e indietro seguendo l’ondeggiare del corpo, riempiendo gli spazi con il bianco occhieggiare delle bollicine minuscole, continuando a scoppiettare allegra, senza portare quella soddisfazione che l’animo anela.
Il soffio delicato le spinge via, facendole librare nell’aria per quell’attimo necessario affinché si vedano in tutta la loro magnifica mancanza di essenza, come fiocchi di neve che scendono lievi dalle coltri spesse e dense di nuvole cariche di suggestione.
Esco, decido di andarmene dalla massa che ancora mi attira a sé, lasciando che scie di denso candore scorrano lungo il corpo, continuando a sfiorarmi la pelle.
Per un momento rimango incantata, inseguendo la coda di queste piccole comete palpitanti godendomi ancora la sensazione che sanno procurami, senza altro pensiero che non sia vederle sciogliersi verso la propria distruzione.
E segretamente gioisco, crudele e malvagia, considerando che non hanno fatto altro che servirmi, procurandomi esattamente le sensazioni che ricercavo, persino la frustrazione.
Mi avete servito bene, piccole perle, avete compiuto il vostro dovere e ora liberatemi della vostra presenza, così che io non debba passare la prossima mezz’ora a liberare la vasca dalla vostra consistenza.
E mentre afferro con indifferenza l’asciugamano, ormai dimentica dell’oasi di piacere di cui ho appena goduto, uno sbuffo dispettoso, rimasto inaspettatamente aggrappato ai capelli, scivola sul viso, finendo direttamente nell’occhio.
La vendetta si compie con quell’unico inconsistente fiocco di schiuma. La rivalsa del niente contro colei che, ingrata, ha goduto senza dare.