Quella notte al faro di Denis Cornacchia

Ricordo ancora il suo corpo appena unto di sabbia bagnata. Io sedevo accanto la lanterna, al di fuori della stanzetta, sul belvedere del faro a fumare l’ennesima sigaretta quando il tempo si prese una pausa… In sintonia con un tramonto di quelli particolarmente intensi di luce armoniosa, pronto a cullare i pensieri, si, proprio quelli che aprono le ali della fantasia, quella sera magica volgeva al termine, quando un lieve vento adagiò ai miei piedi il planare di un piccolo foglietto bianco. Strano dissi, fin qua su, cosa può mai arrivare dal basso, eppure c’è, ed è lì che mi guarda, dovrò pure assumermi la responsabilità di scoprire cosa c’è scritto. Rimasi immobile, lo sguardo riprese a tratti il tramonto ed il faro acceso, come una videata cerimoniale, pur se di scarsa ufficialità, per me fu un attimo sublime. Il mare faceva finta di non vedermi e se ne stava sereno a bassa voce. Decisi allora di metter mano a quella macchietta bianca davanti a me, accartocciando l’oggetto non identificato, lo strinsi nella mano e continuai a fumare indisturbato. In basso, la sabbia sembrava color oro sbiadito, ogni tanto presenze silenziose riempivano con gracili rumori quel manto maestoso. C’era una bella veduta dal sommo guardiano, poi un’occhiata lungo il fior d’acqua, poi un’altra e un’altra ancora e quando la sigaretta terminò, aprii il foglio, alternando lo sguardo con una strana figura all’orizzonte, ferma, si capiva che era una donna, con i capelli lunghi e neri, indossava un velo bianco trasparente e il costume azzurro mare. Lessi il foglietto ormai quasi consumato, c’era un numero di telefono. Pensai che le coincidenze rimanessero tali e che in fondo il paranormale fosse tutta un’altra scienza. Il tramonto stentava un piccolo bagliore, decisi allora di inviare un messaggio con il cellulare, ero curioso di sapere a chi appartenesse quel numero, e così feci. Nessuna risposta. Il vento tremò risvegliando le acque fin troppo accomodate; cercai di nuovo la donna dal manto bianco, ma nulla. Mi alzai tutto scricchiolante intenzionato a rientrare e scendere così dalla torre quando un ultimo sguardo verso il mare, mi regalò la dea dal manto bianco, era lì e guardava verso me. Rimanemmo forse per più di mezz’ora non ricordo, fermi fissi a guardarci, senza un cenno, un movimento che facesse intendere un primo approccio.
Di colpo il cellulare emanò il suono unico del messaggio: chi sei? Il cuore scelse di ballare più in fretta, era suo, quel foglietto era suo. Le risposi: sono il guardiano del faro, cosa ci fai lì tutta sola? Non rispose subito, si girò verso il mare e aggiustandosi i capelli gridò qualcosa che non riuscii a comprendere. Mandò un altro messaggio: io sono Roberta, sono nata in questo faro. Conosco le tue abitudini, so con quanta passione svolgi il tuo lavoro, ma soprattutto scopro ogni giorno che passa, il tuo amore per il mare. Interminabili attimi correvano in quella notte di luna piena. Decisi di scendere, ma qualcosa mi diceva di andare piano, di non correre sui scalini della chiocciola, come se non avessi nessuna meta da scegliere. Arrivai sulla spiaggia e finalmente era lì, di fronte a me, col sorriso sulle labbra e la mano tesa. Camminammo sulla sabbia umida per chilometri. Si parlava di noi, della vita e della storia del vecchio faro. Ricordo che lei mi prese per mano e stringendosi il mantello e a me, mi chiese: puoi amarmi? Non capivo più nulla, tutto troppo in fretta, eppure la stringevo a me, ascoltando lo stesso mare e respirando la stessa emozione. Arrivati al faro: è tardi, devo controllare la lanterna su alla torre e poi devo riposare, domani sarà una giornataccia per me, ci sono molti rientri al porto e devo segnalare il loro arrivo. La baciai e nel salutarci lei mi riprese la mano e mi seguì. Notte indimenticabile, nell’incertezza di esserci, mi sembrava tutto un sogno, eppure fu reale. Notte d’amore e di dubbi, non si trattò di fare la parte del maschio, c’era molto di più, forse amore a prima vista, forse l’unica verità fu amarci per una sola notte, forse nulla di tutto questo.
So con certezza che dormii per un’ora soltanto e che al risveglio mi ritrovai sulla spiaggia coperto da un velo bianco dal profumo di fragola. Salii sulla torre, questa volta correndo, controllai la lanterna ed uscii sul belvedere, accanto la porta in vetro, cicche di sigaretta sparse ed un mucchietto di carta bruciata. Mi girai verso il muro esterno della torre e proprio in direzione del mare c’era una scritta: Alfa e Omega – Roberta… per sempre. Frastornato, accesi l’ultima sigaretta rimasta e mi adagiai nello stesso punto della sera prima, assorto nei pensieri e stupito di essermi innamorato di un fantasma. Il manto bianco si disperse nel nulla, il mare s’infuriò ed il faro segnalò: pericolo.