La notte – tratto da Quando viene la notte di Irma Panova Maino

I suoi passi riecheggiavano sul fine acciottolato, la sua mente era in subbuglio, doveva svoltare a destra o a sinistra? Non ricordava più, voleva solo uscire da quel dedalo di viuzze, trovare un posto sicuro, un posto dove nascondersi, cacciare dalla mente le ombre che già da venti minuti la stavano inseguendo.
La nebbia le impediva di ragionare con chiarezza, la stessa nebbia che lei aveva sempre amato, quella notte le si era ritorta contro come un rasoio ben affilato, come quella lama che aveva visto spuntare nelle mani di quell’uomo che, sotto il portone di casa sua, l’aveva minacciata e lei girandosi sui tacchi era fuggita.
Dov’era adesso ?
Si era persa, non trovava più punti di riferimento, non sapeva dove doveva andare.
La mano la colse alla sprovvista, sudicia e maleodorante, sbucando dal nulla. Le tappava la bocca attirandola nel portone a fianco. E poi un dolore profondo, lancinante al fianco, mentre qualcosa trapassava il tessuto del suo abito, il tessuto della sua pelle e la sua carne, andando a conficcarsi sempre più profondamente dentro di lei.
Forse fu la paura, quell’ultimo guizzo che la fece torcere leggermente e non permise alla lama di colpirle il cuore, ma non fu abbastanza, quando lui la estrasse, l’orribile risucchio le diede la certezza che qualcosa si era rotto comunque.
Il sibilo che le uscì dalle labbra e l’improvviso sapore metallico che le riempì la bocca glielo confermarono.
La seconda coltellata raggiunse la prima, più o meno nello stesso punto. Iniziarono a tremarle le gambe, ciò nonostante tentò di ribellarsi, non voleva cedere totalmente al panico; cercò di voltarsi per fronteggiare l’assassino. La terza le perforò lo stomaco, sentì lo strappo alle viscere, mentre la lama affondava per la quarta volta trapassandole le ovaie. La quinta le lacerò la schiena, mentre le bucava un polmone. La sesta le arrivò mentre ormai giaceva a terra.
L’uomo la lasciò andare.
“Non dovevi scappare….”sussurrò.
Poi i suoi passi risuonarono sempre più lontani, sempre più attutiti dalla nebbia.
Sentiva freddo, sentiva la vita scivolarle via in quell’immensa pozza umida e appiccicosa che andava a formarsi al suo fianco, sentiva che niente avrebbe avuto più importanza in quel momento, tutto era stato così vano, così inutile e lei non si sentiva ancora pronta, non voleva che finisse così, ma la stanchezza e il sonno si stavano già impadronendo di lei.
Passò un’eternità.
Un qualcosa di umido le sfiorò il naso, come se un cane fosse venuto ad annusarla.
Un ringhio basso le alitò sul collo e l’ultima cosa che vide furono le zanne. Lunghe, lucide e luccicanti… zanne.