Illusioni – tratto da Incontri Notturni di Irma Panova Maino

– Pubblicabile

L’atmosfera fra di loro si riempì di un’attesa erotica, parve addensarsi rendendo difficile ogni respiro e lei si accorse del proprio an-simare, quando fece eco con quello di lui.
Il viso dell’uomo apparve al di sopra della sua spalla e finalmente lei ebbe la certezza assoluta dell’identità di colui che in quel momento le stava torturando i sensi.
“Perché continui a sfuggirmi?” gli chiese cercando di controllare la propria voce. Lo vide ritrarsi e una delle sue mani, tornò a tormentarle l’orlo del perizoma.
“Non mi sento molto sfuggente in questo momento…” il tono divertito le procurò un altro brivido. Fu allora che si rese conto del cambiamento, di un fattore aggiuntivo, di quell’elemento che era mancato fra di loro fino a quel momento. Avvertì finalmente la sua eccitazione. Ed era caldo e duro contro la pelle dei suoi glutei.
Chiuse gli occhi, l’improvviso timore per ciò che avvertiva alle sue spalle la fece fremere.
Un’idea maligna le sfiorò la mente, solitamente uomini con un pene di quelle proporzioni erano totalmente incapaci di usarlo, limitavano la propria presunta bravura alle dimensioni, pensando erroneamente che bastassero solo quelle per dare piacere ad una donna. Sicuramente la fortunata non aveva bisogno di una sostanziale partecipazione del partner per raggiungere i propri scopi, con un attrezzo del genere poteva divertirsi da sola, ma Amanda era sempre rimasta alla fine delusa da cotanto ben di Dio, ritrovandosi a sperare in dimensioni più normali e gestite con più perizia.
Socchiuse le palpebre, predisponendo il proprio spirito all’attesa, il suo corpo assunse inconsciamente un atteggiamento di sfida, di quella che dice: avanti bello, fammi vedere cosa sei in grado di fare.
L’uomo parve leggerle nel pensiero, dandole una dimostrazione pratica della propria capacità di saper gestire la situazione. Le sue mani scivolarono al di sotto della sua gonna, dita delicate scostarono il sottile tessuto del perizoma e dita più esigenti cercarono la fonte di tanta umidità. Trovarono lei, la sua natura selvaggia, accuratamente mimetizzata da una sorta di civile modo di essere. Trovarono il calore del suo corpo, insinuandosi decise all’interno di esso, travolgendo ogni suo tentativo di rimanere indifferente.
“Stai ferma, non ti agitare troppo… a meno che tu non voglia far capire a tutti quello che ti sto facendo.” Amanda s’immobilizzò immediatamente, riportata alla realtà da quell’osservazione pungente, lui la stava prendendo in giro, la stuzzicava, la eccitava e la rimproverava se rispondeva al suo tocco. Si sentì quasi umiliata, ma la sensazione durò poco. Costernata dai propri pensieri, si rese conto del gioco che stava facendo lui, quel suo portarla sull’orlo della follia, per poi ricondurla improvvisamente al punto di partenza.
L’eccitazione crebbe, esplose dentro di lei, aumentando in modo considerevole la quantità di umido che le bagnava l’interno delle cosce.
Si mosse appena, desiderando le dita del suo amante più in profondità. Ma lui le fece scivolare fuori, lasciandole indugiare ancora qualche istante sulla superficie calda del suo sesso. Emise un gemito, una sorta di suono disperato parve impadronirsi del suo animo, non poteva lasciarla in quello stato, non poteva portarla sull’orlo del baratro per poi tirarsi indietro. Odiò se stessa, e odiò lui per averle provocato tutta quella frenesia, senza portarla alla soddisfazione più completa. Con un gesto di stizza fece per allontanarsi, ma le mani di lui l’afferrarono saldamente, riportandola indietro e mandandola a scontrarsi con il suo corpo marmoreo.
“Non ho ancora finito con te.” La gonna tornò a sollevarsi ed il perizoma venne nuovamente spostato. “Adesso sei pronta per me.” Il sussurro le arrivò all’orecchio, carico e denso come un temporale estivo.
Rimase immobile, incapace di reagire, come un coniglio di fronte ai fari di un auto, raggelata nell’istante in cui aveva avvertito la punta del suo pene scivolare lentamente dentro di lei. Non era preparata alla sua delicatezza, non era pronta al suo ondeggiare ritmico ed inesorabile, non si aspettava tanta dolcezza nelle mani che l’accarezzavano, mentre lui si spingeva sempre più in profondità dentro di lei. E lo sentì toccare il fondo, lì in piedi, in un’angolazione quasi impossibile per ogni altro essere umano, lui riuscì ad arrivare fino in fondo.
La bloccò contro il proprio inguine, imponendole un’immobilità soltanto apparente, perché dentro di lei avvertì chiaramente la pressione del suo membro contro le pareti della vagina. Chiuse nuovamente gli occhi, appoggiando la testa contro di lui.
“Lascia che sia io a muovermi per entrambi.” le sussurrò roco, smentendo in parte l’autocontrollo dimostrato fino a quel momento. Lo lasciò fare, lasciò che fosse il suo ritmo a travolgerli, lasciò che fossero i suoi fianchi a premere contro il suo corpo, lasciò che ancora una volta fossero le sue mani a toccarla, massaggiarla, stuzzicarla. Rimase immobile, sorprendendosi per la propria capacità di concentrazione, arrivando persino ad osservare le persone, vedendole finalmente oltre la coltre del proprio piacere.
Persa e presente allo stesso tempo. Completamente in preda ai propri sensi e totalmente presente a se stessa. Fu un amplesso lento, privo di un qualsiasi movimento brusco, dolce, sensuale, controllato fino allo spasimo.
Nessuno, guardandoli, avrebbe potuto immaginare fino a che punto il gioco erotico si era spinto, nessuno avrebbe potuto sostenere che il loro non fosse altro che uno stuzzicarsi al limite della decenza. Nessuno poteva capire quanto in realtà fossero travolti da sensazioni così sconvolgenti, quanto fossero prossimi all’orgasmo.
“Ti eccita sapere che potrebbero immaginare quello che sta succedendo sotto la tua gonna, vero ?” Le bisbigliò lui, cercando di re-spirare fra una parola e l’altra. “Ti eccita che ti guardino senza capire esattamente che stai godendo? … no… ferma. Non muoverti.”
Amanda stava impazzendo dietro a quel gioco, il suo corpo era teso come una corda di violino, percepiva il proprio orgasmo premere ai lati della sua coscienza e tentava ancora di trattenerlo, terrorizzata dall’idea di quello che avrebbe potuto fare, nel momento stesso in cui avrebbe finito per perdere il controllo. Il movimento di lui ipnotizzava tutto il suo corpo, le ondate di dolore si mischiavano alle sensazioni di piacere, quando arrivava a premere nella parte più profonda del suo essere, ma non si sarebbe mai sognata di dirgli di smettere, al contrario, non voleva che finisse, non voleva che quel momento di pura estasi avesse termine. Ma accadde, come tutte le cose, prima o poi avevano una fine. Avvertì l’inizio dell’orgasmo di lui nello stesso istante in cui percepì il proprio.
Sentì il sussultare del suo membro, nello stesso istante in cui le contrazioni delle proprie pareti interne si strinsero in modo spasmodico intorno al sesso di lui, avvolgendolo in continue ondate.
“Sei perfetta…” le aveva ancora sussurrato lui, senza smettere di stringerla contro di sé.
Ed era stato allora che aveva avvertito due punte acuminate sfiorarle la base del collo.
Si era irrigidita. L’estasi dei sensi le impediva di pensare lucidamente, di capire e-sattamente cosa fossero quelle due cose che avvertiva dure ed appuntite contro la pelle. L’istinto di sopravvivenza le impose di non muoversi, di ricacciare la paura primordiale della preda in balia del predatore, di mettere a tacere l’improvviso impulso di staccarsi da lui e di fuggire il più lontano possibile. Inspirò a pieni polmoni tornando improvvisamente lucida, in grado di mettere due pensieri insieme in modo coerente.
E solo in quel momento si rese conto di non averlo mai visto sotto la luce diretta del sole, in pieno giorno. Le volte in cui si erano incontrati, erano sempre state ore serali o comunque nel tardo pomeriggio, in giornate nuvolose.
Cos’erano realmente le cose acuminate che sfioravano la sua pelle esposta?
Denti?
Canini?
Era la sensazione del pericolo ad averla attratta così inesorabilmente verso di lui?
Il contatto cessò così come era iniziato, improvviso, senza che nulla facesse capire le reali intenzioni di lui, lo avvertì abbandonare il suo corpo, ritirarsi da lei con un sospiro.
Sentì nuovamente le sue mani ricomporle i vestiti, il corpo di lui, ormai lontano, la lasciava vuota e con la spiacevole sensazione di essersi persa qualcosa.
Seppe, senza nemmeno il bisogno di voltarsi, che se n’era andato.