Tacchi a spillo di Irma Panova Maino

Ricordo bene il mio primo paio di scarpe con i tacchi a spillo da dodici centimetri. Bellissime, in morbidissima pelle color tortora, un classico decolleté con tanto di fiocchetto in punta. Le ricordo come se fosse ieri, perché mi vennero regalate al compimento dei miei diciotto anni. Le mie primissime scarpe con tacco da urlo, fatto apposta per essere conficcato nel collo del piede del primo pirla che mi avrebbe rotto le scatole.
Dunque, fin qui tutto normale? Beh, la premessa lo è già poco, ma vi assicuro che il resto lo è ancora meno.
Quella bimbetta nella foto, infilata in un paio di scarpe grandi quanto lei, sono io. Io che, a un anno di vita, già tentavo di arrampicarmi dentro le scarpe di mia madre, prendendo l’ascensore per riuscire a scalarle e anche se si vede poco, benché la punta lo lasci presagire, quelle scarpe avevano un tacco notevole.
Quindi la mia ossessione per i tacchi a spillo si è manifestata subito ed è proseguita in modo praticamente maniacale nel corso del tempo; persino ora, quando in realtà l’età consiglierebbe qualcosa di decisamente più comodo e consono, non riesco a fare a meno di soffermarmi davanti alla scarpiera, infilandomi le mie paia preferite.
Ne ho di tutti i tipi e colori, classiche nere con laccetto alla caviglia, zebrate e leopardate per i momenti di follia estrema, blu da abbinare ai completi in occasione di matrimoni, battesimi e funerali; color crema, verdi, azzurre, beige, marroni… non c’è modello che non abbia trovato posto nelle ordinate file e non vi è colore che non possa essere abbinato con un qualsiasi capo di vestiario.
Tuttavia, vi sono quelle rosse e quelle bianche che ancora oggi mi procurano un eccesso di salivazione
Rosse… avete presente cosa sono un paio di decolleté rosse, in raso lucido? Come risaltano meravigliosamente ai piedi, come sottolineano la caviglia?
Ogni volta che vi lascio scivolare un piede all’interno, sentendo la morbidezza del tessuto, avverto brividi di piacere serpeggiarmi per la schiena; nel momento stesso in cui il piede s’inarca, portando il corpo a tendersi verso l’alto, è come spiccare il volo, come protendersi verso le mani del proprio amante, con la certezza di trovare il piacere.
Rosso come passione e sangue, come i morsi che ti lascio sulla pelle e i graffi che ti solcano le natiche, mentre ti accarezzo le gambe con quel raso morbido e setoso… come potrebbe non essere eccitante un’immagine simile?
Sospiro al solo pensiero e rinverdisco i fasti della mia gioventù, quando, cacciatrice nata, preparavo le mie armi e “l’attrezzatura” per catturare la preda ignara.
E poi bianche… le scarpe bianche hanno sempre avuto un fascino per me particolare. Quando ancora pensavo che d’estate dovessi ridurre la mia pelle allo stesso colore (e probabilmente anche alla stessa consistenza) di un arrosto dimenticato nel forno ben oltre la cottura, quel candore risaltava sui miei piedi come la neve sul carbone.
Allora l’abbigliamento diventava rigorosamente nero e, nelle tenebre, quelle scarpe che parevano animate di vita propria, diventavano il simbolo concreto di me. Del mio essere ciò che ero.
Tuttavia tacchi a spillo.
Una scarpa, per scatenare la mia libidine, deve avere i tacchi che all’altezza del suolo si riducono alla stessa grandezza della capocchia di una puntina da disegno.
Scarpe da indossare già sapendo che per tutto il tempo in cui le avrai ai piedi, non dovrai fare altro che passare da una sedia a un divanetto e da un divanetto a una sedia.
È impensabile camminare, o passeggiare, o andarsene da qualche parte a passo spedito. Soprattutto è da pazzi indossarle quando già si sa che per raggiungere il primo divanetto o la prima sedia, si dovrà affrontare un percorso che farebbe impallidire il più tenace dei marines.
I sanpietrini… chiunque li abbia inventati non ha considerato la trappola mortale che sarebbero diventati a seguito dell’invenzione del tacco a spillo. Se c’è anche una sola possibilità che la scarpa s’incastri fra due pietre, è quasi matematicamente certo che accadrà, questo nella migliore delle ipotesi, mentre nella peggiore butterete via il paio. Ma dal momento che i sanpietrini non erano sufficienti per renderci tutte delle scalze e scialbe femminucce in ciabatte, la stessa mente perversa (e se non quella, sicuramente un erede con gli stessi geni affetti da crudeltà sociopatica) ha creato le grate della metropolitana. E in aggiunta, giusto perché l’incastro del tacco non era abbastanza, il movimento stesso della metro crea un ulteriore disagio. Solo Marilyn Monroe poteva trovarlo divertente. Dunque, è questa la mia ossessione viscerale per i tacchi a spillo, questa la mia perversione maniacale che mi porta ad averne una scarpiera piena, che ogni anno si arricchisce di un pezzo nuovo.