Riflessi di Maurizio Antinori

Finalmente il viaggio è finito. Non che sia durato tanto, ma per Silvia andare in quel paese, Ortucchio, significa attraversare il muro dei ricordi, sfondare le barriere del tempo e, se possibile, giungere in un’altra dimensione.
E’ passato un anno, ma lei non si rassegna.
E’ come se tornare in quel paesino possa ridarle speranza.
La speranza di poter riavere quello che ormai ha perduto per sempre.
“per sempre…”. Ed un brivido freddo le corre lungo la schiena fino a farle venire la pelle d’oca.
“per sempre…”. E di nuovo, come ogni giorno, una lacrima le riga il suo bel viso con due occhi verdi che una volta avevano conosciuto la brillantezza dei riflessi dell’acqua rallegrata dai coralli, e che oggi non vanno oltre il verde di una giornata cupa e tempestosa.
“per sempre…”. Ovvero mai più.
Mai più avrebbe rivisto Valerio.
Per sempre sarebbe rimasta sola.

Dopo aver scaricato i bagagli Silvia apre tutte le porte della piccola casa fino al salone. Lì si guarda intorno e vede la foto di nozze che li ritrae, lei e Valerio, nel giorno del loro matrimonio carichi di emozioni e voglia di vivere. Insieme.
Lo sguardo di Silvia va istintivamente sulla fede che porta al dito mentre con l’altra mano va meccanicamente a toccarla come per rassicurarsi che ancora sia al suo posto.
Non ha voglia di disfare i bagagli.
Si stende sul letto e sente che la stanchezza sta prendendo il sopravvento. E lei la lascia fare scivolando pian piano in un sonno profondo dove i sogni le danno l’illusione di un’altra vita, almeno li, una vita insieme a lui..

Il giorno seguente Silvia va al cimitero con un fiore. Uno solo. Una rosa.
“non serve un mazzo di fiori” le disse Valerio una volta “la rosa è il fiore che più di tutti rappresenta l’amore e penso che un mazzo di rose sia eccessivo, falso… una… ne basta una perché una rosa è come una frase e non ne servono tante per dire ti amo… semplicemente ne basta una…”.

I pensieri si dissolvono nell’aria quando Silvia giunge davanti al cancello della terra consacrata per il riposo eterno dei morti.
Si guarda intorno. Il posto sarebbe fin troppo silenzioso non fosse per le cicale che riempiono lo spazio col loro caratteristico stridio.
Silvia entra nel cimitero e giunge alla tomba di Valerio. Prende il vaso dei fiori nel quale c’è una rosa ormai secca, cambia l’acqua e vi sistema la rosa fresca. Ripone dunque il vaso davanti alla tomba e rimane a fissarla qualche istante.
Improvvisamente avverte un freddo polare e comincia a respirare con difficoltà.
Avverte una presenza.
“c’è qualcuno” pensa. E si gira di scatto verso il cancello.
In quel mentre una figura sta attraversandolo in uscita.
“… oddio… sembra … ma… non è possibile…” una cascata di pensieri sta inondando la testa di Silvia. “… Valerio…” grida con una voce che non riconosce neanche lei.
La persona al cancello si ferma un attimo, ma non si volta. Poi riprende a camminare e se ne va.
Silvia si scuote e mentre si ripete che non è possibile si avvia di corsa verso il cancello. Appena fuori guarda in strada ma non c’è nessuno. Il suo sguardo si fa di ghiaccio però quando in terra vede una rosa…
Arrivata a casa Silvia prende il telefono e compone un numero.
“…mamma…?”. Cerca di controllare la voce. “ mamma che devo fare?… come posso andare avanti…? …sento, sento che non ce la posso fare….E’ come se… come se tutto fosse un sogno, è tutto così… intorpidito… come se mi dovessi svegliare da un momento all’altro…”. Mentre parla si dirige verso la finestra e guarda fuori.
Il paesino è tranquillo, proprio come se lo ricordava. Certi posti sono così, esistono da sempre, sembrano nati vecchi per morire vecchi e abbandonati. Ma finchè ci sono i vecchi che li abitano e i meno vecchi che lo ripopolano nei mesi estivi in attesa di diventare vecchi per viverci in pianta stabile, questi luoghi continueranno a vivere per sempre. Per sempre vecchi.
E mentre Silvia continua a parlare e nel tempo stesso a contemplare la strada di fronte alla finestra ecco che di nuovo lo vede. Di nuovo vede Valerio. Fuori. Nella via.

D’istinto chiude la conversazione al telefono senza dire una parola e, di corsa, va verso la porta d’ingresso dell’abitazione ma, nella fretta,inciampa nei bagagli che ancora aspettano di essere disfatti. L’incidente le fa perdere solo qualche secondo ma quando finalmente arriva in strada, di Valerio non c’è più traccia.

Le giornata sembra durare un’eternità.

Silvia guarda i bagagli. Poi l’orologio. Prende a leggere un libro. Poi controlla l’ora. Apre una valigia, ne guarda il contenuto, guarda l’ora e la richiude. Allora si cucina qualcosa mentre il ticchettio del vecchio orologio si fa sempre più insistente. Sempre più penetrante. Silvia sta per cedere. I suoi nervi sono ormai corde di violino tese allo spasimo quando il cellulare comincia a squillare.
Silvia ritrova il senso dello spazio e risponde al richiamo dell’apparecchio “pronto?…”
All’altro capo solo uno strano,soffocato rantolo.
“…pronto…”

Il mattino seguente, mentre esce di casa, Silvia ha di nuovo quella strana sensazione di essere osservata. Di nuovo si volta di scatto e di nuovo vede Valerio. Ma stavolta non è troppo lontano, è a pochi metri. E stavolta non sta camminando, è fermo all’angolo e la sta fissando.
“Valerio…” la voce di Silvia è un alito di fiato a malapena percettibile da lei stessa.
Valerio si volta e gira l’angolo.
“Valerio aspetta…” grida a piena voce Silvia mentre correndo volta l’angolo.
Gli occhi della ragazza guardano intorno. Sarà forse sparito di nuovo? No. Eccolo nei pressi di un altro incrocio che ancora la sta fissando. E appena gli sguardi si incrociano, subito lui si volta e gira per un’altra via. “Dove mi stai portando?…” si chiede Silvia decisa comunque a non mollarlo.
Non ci vuole tanto però a Silvia per capire dove è diretto Valerio.
Il cimitero.
Arrivata alla soglia del sacro terreno Silvia vede Valerio inginocchiato di fronte alla sua tomba.
Lo raggiunge. Si inginocchia anche lei. Si guardano.
L’intensità con cui lo fanno ha la forza di mille frasi. Non una lacrima, non una parola
E’ un istante che vale un’eternità.

E’ lui a rompere il silenzio “…quanto mi manchi.”
“Ma io…” ma lui non la fa finire.
“Perché, dimmi solo perché? Dov’è che ho sbagliato?”
Lo sguardo di Silvia si fa interrogativo, fa segno di no con la testa “…ma cosa? …no… cosa?”
Ma lui insiste “ avresti dovuto parlarmene. Ne dovevamo discutere … ma tu vuoi fare sempre di testa tua, vero? Sei sempre stata troppo orgogliosa…”
E mentre Valerio le parla Silvia capisce di colpo il senso di tutto quello che stava accadendo e, timidamente dice “Scusa … è stato… è stato un attimo, solo un attimo ed eccomi qui… a vederti forse per l’ultima volta… chissà se puoi sentirmi, vedermi… forse in questo momento siamo come riflessi in uno specchio d’acqua e quindi ora voglio sorriderti e voglio che tu ti ricorda di me con questo sorriso… per sempre…”
Il volto di Silvia si rasserena. Sorride.
E sono quello sguardo, e quel sorriso che rimarranno di lei, per Valerio e per tutti, immortalata su quella foto.
Su quella lapide.

Valerio si alza, si volta e se ne va. E il fantasma di Silvia lo vede andar via.