Estratto da “L’angolo delle fragole” di Rossana Roxie Lozzio

“Abbiamo dovuto indurre un coma farmacologico, signora Monti…”. Doveva essere uno di quei medici che gli gravitavano intorno a stare parlando, mentre cercava di capire come fosse possibile sentirsi in quello stato. Era come se stesse fluttuando nell’aria e avere l’intera visuale della stanza dove si trovavano sembrava così semplice… e poi, si sentiva così straordinariamente in pace con se stesso e con il resto del mondo! Così sereno, da non provare la benché minima paura, sentendo quei medici annunciare alle sue sorelle che il trauma cranico li aveva costretti a causargli farmacologicamente quello che definivano coma e che a lui sembrava uno stato meraviglioso composto di sole sensazioni benefiche e meravigliose. Desiderò non ascoltare più nulla ma fu attratto dalle espressioni affrante dipinte sui volti delle due sorelle, che invece stavano ascoltando il medico con trepidazione e si dispiacque per loro.
Avrebbe voluto poter comunicare a tutti che stava bene e che preoccuparsi per lui, in quel momento, sarebbe stato inutile e sciocco… ma non riusciva a convogliare niente di quanto stava pensando alle labbra che rimasero ostinatamente chiuse.
Si osservò dalla posizione in cui stava, senza capire dove fosse esattamente e cosa fosse a guardare il suo corpo e tutto quanto fosse in quella stanza. in sostituzione ai suoi occhi… altrettanto chiusi.
Comprese che costava troppa fatica costringersi ad usare il corpo e fluttuando nuovamente nell’aria, fu attratto da una luce abbagliante… una luce della quale doveva aver sentito parlare spesso, durante il suo percorso terreno ma che lo attrasse più del desiderio di rientrare nel corpo. L’attraversò, completamente a suo agio, fino a quando non gli parve di scorgere la figura di una persona venirgli incontro e fargli cenno di non continuare.
Non aveva voglia di fermarsi e non lo fece, fino a quando quella figura si delineò e si tramutò nell’immagine di quello che era stato il corpo terreno di Giulia. La sua Giulia… non ebbe alcun dubbio.
Gli fece nuovamente cenno di non proseguire e questa volta, le diede ascolto, ritrovandosela di fronte. Impalpabile ma bella… esattamente come la ricordava.
“Non sei qui per questo, hai ancora molto da fare laggiù…”. Gli comunicò, in quella sorta di ambiente ovattato e privo di qualsiasi rumore fastidioso, di dolore, di sensazioni sgradevoli. “Stai commettendo un errore dietro l’altro, Alessio… non ti si può lasciare solo!”. Aggiunse, in un amorevole rimprovero.
“Ma è così che mi sento, da quando ti ho perso… solo”. Sentenziò, abbandonandosi alla gioia che stava provando nel trovarsi in quel luogo, colmo solo della sua presenza.
“Devi tornare in quel letto e quando ti sveglieranno, dovrai tornare a combattere…”. Gli suggerì, con un’espressione soave. “Hai molto per cui continuare a vivere, una donna che ti ama quanto me, forse, di più… che ti accompagnerà fino al giorno in cui potrai varcare questa soglia e la figlia che ti ha dato, una bambina fantastica, che vi darà enormi soddisfazioni”.
“Non credo di volerlo”. Alessio sentiva che sarebbe stato tutto ciò che in quel momento non desiderava… che sarebbe stato doloroso, soprattutto, dopo averla ritrovata.
“Ma non dipende da te”. Gli rivelò, rincuorandolo con un sorriso che gli rammentò quanto gli fosse mancato insieme a tutte le cose vissute insieme. “Sappi che sono orgogliosa di quello che stai facendo con la tua musica ma che vorrei esserlo altrettanto, di te come persona… vorrei che fossi felice come meriti e che aprissi il tuo cuore a quella donna meravigliosa che hai fatto soffrire abbastanza. Non rendere vana la mia scomparsa… non mi deludere”.
“Non voglio deluderti, voglio restare qui con te”. Alessio si accorse che qualcosa stava mutando, in quella stranissima situazione e comprese immediatamente che si avviava verso la strada del ritorno, nonostante non lo desiderasse. “Giulia, non so più vivere…”.
“Devi vivere e prova a farlo, anche per me”. Sorrise, mentre l’immagine del suo volto ricominciava a sfumare e si allontanava, per rientrare a fare parte del mondo magnifico dal quale si era affacciata per tentare di aiutarlo ad affrontare quello che lo aspettava. “Dille che si sbaglia, se crede di non essere arrivata al tuo cuore… dille che soffrivi e che non sei riuscito a proteggerla dalle paure che ti toglievano il fiato! Amala senza riserve… e non avere paura”.
Non avere paura…, quelle ultime parole lo accompagnarono, mentre rientrava in quel corpo disteso nel letto da cui aveva creduto di staccarsi per sempre e quando comprese di non essersi mai veramente andato dalla stanza, fu attratto da qualcuno che non era stato presente qualche istante prima.
Accanto alle sue sorelle, al posto dei medici che aveva sentito discutere del suo coma, al di là dello stesso vetro che li separava dal letto nel quale giaceva, riconobbe Javier Miguel. Aveva un’espressione contrita dipinta sul viso e le mani ancora sporche del sangue che aveva perso quando aveva sbattuto la testa sulla ringhiera in fondo a quelle scale, in albergo, dato che lo aveva soccorso per primo.
Appariva sconvolto e gli fece compassione, mentre avvertiva le angosce dalle quali aveva creduto di potersi allontanare tornare a riappropriarsi di lui e desiderò di nuovo raggiungere la luce dalla quale Giulia, con il suo meraviglioso sorriso, lo aveva fatto uscire troppo in fretta.
“Andate a rifocillarvi, resto io…”. Javier Miguel si rivolse alle sorelle di Alessio, impietrite, dietro al vetro che li separava dalla camera sterile nella quale era stato portato il fratello, dopo le prime cure alla lesione riportata nel punto della testa che aveva picchiato durante la caduta. “Vi avviso subito, in caso di novità”. Loro si guardarono, prima di guardare lui, smarrite. “Non partirò, per ora”. Aggiunse, indicando loro il poliziotto che li aveva raggiunti in ospedale, al quale aveva raccontato come si erano svolti i fatti. “Avete sentito com’è andata, voglio sperare che mi crediate, è stato un incidente…”.
“Gli avrò detto mille volte di indossare scarpe più sicure…”. Mormorò, una di loro, emettendo un sospiro sonoro. “Saranno anche moderne ma sono pericolose…”.