La Tenebra di Irma Panova Maino

canstockphoto16054246Quanto può un animo buono scendere nell’oscurità senza rimanerne avvinto? Quanto può immergersi nella melma senza subire il peso del fango? E quanto a lungo resiste, restando fuori dal proprio elemento naturale?
Vi sono momenti nella vita in cui l’Essere si ribella, in cui l’oppressione diviene tale da costringere un’anima pura a cedere alle tenebre, lasciando che prendano il sopravvento su tutto ciò che ci circonda. Attimi in cui l’universo si capovolge e ciò che pareva lecito diviene aberrante e ciò che rasentava l’assurdità, appare improvvisamente logico. Situazioni che vengono stravolte e centrifugate in enormi frullatori, i quali spremono fuori anche gli ultimi residui di un’umanità perduta. Ed è allora che si odono le grida dello scontro e il clangore delle armi; il sopravvivere non è più un effimero ideale, ma una concreta realtà, peraltro traballante e incerta.
Come superare la notte, se non vi è altra alternativa che viverla fino in fondo? Come arrivare fino all’alba, se le sinapsi non rimandano altro che impulsi rabbiosi?
Non vi è ripensamento né tempo per il rimorso. La perfidia e l’intolleranza ci spingono avanti e avanti ancora, incuranti di quanto stiamo calpestando e di ciò che giace ai nostri piedi. I caduti e i feriti non si contano, non hanno importanza alcuna e non servono nemmeno per riempire i vuoti, ciò che conta è il momento, quell’istante che porta a volgere la palma del vincitore all’uno o all’altro, l’istante in cui si decreta chi salirà sul più alto gradino del podio.
Dunque cosa resta? Se non il biancheggiare delle ossa che cospargono i campi di battaglia, riportando solo l’odore della morte e i lamenti dei feriti? Il putridume delle viscere sparse e gli arti spezzati, insieme ai sogni spazzati via nel letargico disinteresse comune? Cosa, se non la certezza che in guerra nessuno esce vincitore e nessuno può realmente cantare vittoria?
La libertà ha un prezzo e il fio si paga, anche con il sangue. Non esiste compromesso e non vi sono patteggiamenti che possano durare nel tempo. Esiste solo la tenebra più cupa. L’oscurità che assorbe ogni minima luce, beffandosi di qualsiasi tentativo di resa.
Or dunque cantiamo l’inno alla gloria dell’inferno mentre, con le armi in pugno, portiamo noi stessi alla distruzione. Che senta il nemico il coro e l’assolo della voce del drago, mentre questi sputa fiamme infernali e l’odore del zolfo appesta l’aria togliendo il respiro. Che le orde si riversino nella piana, lasciando dietro di sé solo tizzoni ardenti e la desolazione di un tempo annientato.
Nel passato resta racchiusa la chiave del futuro. E le cicatrici resteranno, come mute testimoni, di una tenebra annunciata.