L’incanto della sera di Maurizio Donte

Quando poso gli occhi sul lontano mare
e attendo che le vele rientrino nel porto,
il vento cala e lente nubi bianche
navigano in ciel, mutando forma.
Mentre s’allungano le ombre della sera,
l’incanto si raduna lentamente:
sorge poi improvviso all’orizzonte,
come vampa rosseggiante
che rapida s’accende, declina e muore:
subitaneo tramonto infiammato,
lunghe nubi trascolorate di viola,
stancamente adagiate
sull’ultimo confin del mondo.
Son qui, seduto, sotto l’arco della loggia,
e lontano odo sulla riva
franger l’eco dell’onda di risacca:
limpido concerto che il cuor consola
nel suo voluto esilio,
placido suon che concilia il sonno.
Volutamente obliai i ricordi estivi,
mentre nella volta del ciel
ad una ad una, silenti, s’accendono le stelle.
Profuma l’aria della notte
del dolce effluvio dei gelsomini in fiore
ed io ricordo, senza voler,
e con la man nell’aere,
qual musico, disegno meraviglie,
evocando il suon di concerti lontani.
Incanto della sera
dove lampeggiano i ricordi,
come fuochi nell’aria scura esplosi.
Ti vedo! Furioso vento s’agita nel cuore.
O tu…quando seduti a riva
prendesti la mia mano:
brevemente s’incontrano l’anime nostre
per poi fuggir lontano.
Ma il mio cuor non muta:
ostinato amor di Prometeo incatenato,
vincolato alla roccia
e pur proteso al ciel nel grido: t’amo!
L’eco rimbombante poi dissolve
nel rintocco di campane,
segnanti l’ora del riposo che s’appressa…
e, risuonando d’echi, riempie il silenzio
in cui la sera affonda.
Scende dal ciel l’incanto in possenti cori.
Sorge la luna dall’oriente
ed illumina la notte,
scintillando sulle onde del mare.
Vaga la mente stuporosa
in cerca di te, mia cara sposa…
l’incanto, l’incanto mi prende
quando sulla spalla piano,
lieve come raggio d’astro in ciel
posa la tua mano.