Flashback di Maria Capone

– Non stare troppo davanti allo specchio altrimenti passa l’angelo e rimani pietrificata così, per sempre.
Zia Giovanna ripeteva questa frase più volte al giorno. A quel tempo avevo appena otto anni e la vanità, secondo i vecchi canoni educativi, andava repressa. Per questo stesso motivo avevo imparato a guardarmi nello specchio sottecchi, di traverso. Mia madre era morta e vivevo con mia sorella Eleonora a casa di zia Giovanna. Mio padre faceva i turni da macchinista, lo vedevamo raramente, e mio fratello Carmelo, il ribelle, era stato mandato in collegio perché non lo voleva nessuno. Con la morte di mia madre, quindi, erano iniziate le paure. Quella dello specchio era soltanto una tra le altre, ma più che dello specchio in sé temevo di vedere materializzarsi quel riflesso indotto, un paio d’occhi d’angelo che si incrociavano con i miei. E pensare che sino a quel momento avevo considerato gli angeli come figure protettive e buone. A quel tempo ero una brava e bella bambina, dolce e paziente. Distribuivo ricette di cucina che conoscevo a memoria e avevo persino imparato a cucire e ricamare. Per “premio” mia zia mi aveva portato dal parrucchiere e anche lì, davanti ad uno specchio, un paio di grandi forbici avevano reciso la mia lunga treccia di capelli.
– Occorre troppo tempo per districarli e rimetterli in ordine. – si era scusata così con il parrucchiere. Non con me, ovviamente.
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– Eleonoraaaaaa, guarda qui! Dio, come faccio adesso? Proprio oggi che devo uscire per la prima volta con Marco! – strillai e gridai davanti allo specchio guardando schifata l’orribile bubbone posto sulla punta del naso.
– Calmati, vediamo che cosa si può fare – aveva risposto con più calma mia sorella dopo essersi attrezzata con pennelli, fondotinta e cipria.
– Perché proprio sul naso e non sulla fronte? Avrei potuto camuffarlo con qualche ciocca di capelli – gridai.
– Tu sei troppo curiosa, metti sempre il naso dappertutto e questi sono i risultati, goditeli adesso.
– Ma che dici? Che cosa c’entra adesso la mia curiosità con questo obbrobrio pullulante? – ribattei.
– Ecco, guardati. Va meglio adesso?
– No, non va proprio niente, si vede ancora! Basta, ho deciso, non esco più. Addio serata romantica, resterò chiusa in casa sin quando non scomparirà del tutto.

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Crashhhhhh
Saranno soltanto ridicole superstizioni? Il guaio peggiore era che ci credevo realmente e già iniziavo a contare i sette anni di disgrazie che mi avrebbero perseguitato.
Raccolsi i pezzi piangendo.
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Ho compito da poco cinquantenni e non credo più in molte. Considero gli angeli creature meravigliose che non ti pietrificano davanti ad uno specchio , non credo nelle superstizioni, considero i brufoli normali sfoghi di gioventù, non conto le rughe sul mio viso. Ho imparato a guardare la mia immagine nello specchio, a sorridermi, a farmi l’occhiolino, a prendermi in giro con simpatia. Non ho più paura.