Euronight 234 di Andrea Mazzolini

Vita e sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere,
sfogliarli a caso è sognare.

Arthur Schopenhauer

Per un certo periodo di tempo mi è capitato di viaggiare molto tra Firenze e Roma per lavoro. Andavo a Roma al mattino presto e tornavo a casa la sera. Salvo un paio di eccezioni ho sempre utilizzato il treno. Sì, è vero, l’automobile ti svincola da rispettare orari precisi, ma per tutto il resto ho sempre preferito fare quella tratta in treno, è molto più riposante. Ti metti a sedere e ti rilassi, al mattino magari sfogli un quotidiano, alla sera leggi un libro, ascolti un po’ di musica con le cuffie, guardi il paesaggio, fai due chiacchiere oppure semplicemente chiudi gli occhi e stai tranquillo. Senza contare che arrivi diretto nel cuore di Roma (prima dell’invenzione dei navigatori satellitari mi era successo di smarrirmi nel traffico chiassoso della città eterna). Esistono differenti tipologie di treni che percorrono la linea Firenze-Roma. I più veloci sono i treni ad alta velocità, in genere sono puntuali, le toilette funzionano, ma sono anche decisamente più cari e li devi prenotare. In ogni modo io tornavo a Firenze sempre con un treno economico, un cosiddetto euronight, partenza Roma Termini, destinazione Monaco di Baviera, un convoglio che parte dalla capitale in serata, viaggia tutta la notte e arriva a destinazione all’alba del giorno dopo. Per questo motivo la maggior parte delle carrozze è costituita da vagoni letto. Al centro del treno si trova un vagone ristorante e ci sono infine un paio di carrozze normali, divise in scompartimenti da sei posti, situate una in testa e una in coda al convoglio. Era mia abitudine prendere posto sempre nella carrozza di testa.
Dev’essere stato un giorno di giugno, quando il sole tramonta molto tardi e il crepuscolo sembra interminabile. Il vagone era quasi vuoto, evidentemente non c’erano tanti tedeschi che tornavano a Monaco in quella stagione. Molti italiani non sanno neppure che possono utilizzare questo euronight per andare a Firenze o in altre stazioni. Mi ero sistemato in uno scompartimento vuoto, nel posto centrale, con la schiena rivolta alla direzione di marcia del treno, ho sempre preferito viaggiare all’indietro. Poco prima che la locomotiva si mettesse in movimento si affacciò una giovane donna dall’aspetto bellissimo dicendo qualcosa in tedesco. Si sa, non capisco un’acca di quella lingua e in quella circostanza, di fronte ad una donna tanto bella, mi pentii di non aver frequentato almeno un paio di lezioni. Più delle sue parole comunque furono eloquenti i suoi gesti, voleva sapere se quei posti erano occupati o se si poteva sedere. Risposi con un sorriso, indicando che si poteva sistemare dove preferiva. La aiutai a collocare il pesante bagaglio negli appositi spazi in alto sopra le teste, mi ringraziò gentilmente con un danke e con un sorriso e si mise a sedere davanti a me, a sinistra, accanto al finestrino; a differenza mia lei era rivolta nella direzione di marcia del treno: la cosa non mi dispiacque, così avrei di tanto in tanto potuto ammirarla. Si chiamava Irene, l’avevo letto sul suo bagaglio. Il cognome era impronunciabile, abitava in una qualche strasse a München. Mi chiesi come mai non avesse preso un posto nel vagone letto, una così bella ragazza, viaggiare di notte tutta sola… Il nome Irene era un nome tedesco? Non ne avevo idea, pensavo fosse comune solo in Italia o nei paesi ispanici. Come si chiamano le tedesche? Heidi, Angela, Isolde, Karin: su due piedi non mi venivano in mente altri nomi. Ma sì, forse il nome Irene era comune anche in Germania. E comunque il suo aspetto non aveva niente di teutonico. Sembrava italiana, mediterranea. Iniziò ad armeggiare con il suo telefono cellulare, immagino a scrivere e ricevere dei messaggi, ancor prima che il treno si decidesse a muoversi. Io invece non avevo nessuno a cui scrivere un sms; ero molto stanco, la giornata lavorativa era stata pesante e mi assopii con i primi movimenti della locomotiva.
Devo essermi svegliato dopo la stazione di Chiusi-Chianciano Terme, il paesaggio mi era così familiare, le mie amate colline toscane, disegnate da Dio e plasmate dall’uomo, gli olivi, le viti, i cipressi. Ho sempre pensato che non è certo un caso che il Rinascimento sia nato in questi luoghi. Brunelleschi, Masaccio, Donatello, Leonardo da Vinci, Botticelli, Michelangelo, tutti loro non avevano fatto altro con il loro genio e con le loro opere che rendere eterna la bellezza ispirata da queste terre. Ma un’altra forma d’arte, ben più stupefacente di tutto il Rinascimento messo assieme era davanti a me.
Irene, sei talmente bella che nemmeno Botticelli o Raffaello avrebbero potuto disegnarti così. Osservo i tuoi lineamenti gentili mentre muovi leggermente le labbra canticchiando la musica che ascolti nelle cuffie. I tuoi occhi che riflettono questi paesaggi, i tuoi capelli mossi dal vento del finestrino, le forme perfette del tuo seno sotto la camicetta. Irene, fammelo dire, tu non sei semplicemente una donna, tu sei un prodigio, un miracolo che canta, ti ascolto e rimango senza fiato. Tu sei un sentiero segreto alla fine del quale si trova inaspettato il mare. Irene, tu sei queste colline, sei l’aurora, sei l’universo svelato. Tu sei le nuvole che disegnano il cielo, le stelle che guidano il mondo; tu sei l’oceano che culla la terra, la notte che addormenta il giorno. Irene, tu sei la brezza fresca dell’alba, il sole rosso del tramonto; tu sei il profumo degli aranci, i colori riflessi di un lago alpino. Irene, tu sei il volo elegante degli aironi, la danza giocosa dei delfini, la corsa libera delle gazzelle; tu sei una distesa di girasoli, un prato di gerbere, un giardino di rose. Irene tu sei gioia sublime, tu sei tutto per me.
Ti osservo Irene, ma perché hai smesso di cantare? Cosa ti rattrista? Irene, perché un rigo di pianto solca il tuo viso? Irene, posso asciugare queste lacrime? Irene, cosa c’è che non va nella tua vita? Irene, io non ho molto da offrirti ma ti darei tutto quello che sono. Irene perché non andiamo a vivere insieme su queste colline di sole e di vento? Irene, Irene…
Il treno si fermò di colpo, per fortuna mi svegliai altrimenti sarei finito a Bologna, Verona o chi sa dove. Eravamo in Santa Maria Novella. Era stato tutto un sogno. Irene dormiva. Mi stropicciai gli occhi, presi la mia borsa per scendere. Mi voltai. Auf Wiedersehen Irene, addio mio sogno, le sussurrai mandandole un ultimo bacio.

4 Risposte a “Euronight 234 di Andrea Mazzolini”

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