Sepolta viva di Anna Cibotti

Era una specie di dormiveglia, lo stato in cui Ronda si trovava, mentre sentiva il suono attutito dei colpi ritmati prodotti dalla terra che pian piano la stava coprendo.
Ne percepiva appena l’odore.
Era una coltre umida che le si appiccicava addosso facendola rabbrividire di freddo e di terrore. La sua mente rifiutava il risveglio da quello stato di torpore, per non conoscere l’orrenda realtà. La terra cominciò ad avvolgerla come una coperta e se la sentì nella bocca, nel naso e bruciare negli occhi.
Cercò disperatamente di muovere le braccia e le mani cercando di togliersela di dosso. Le braccia erano di piombo sotto quello spesso lenzuolo umido e nero che pesava, pesava su di lei come un macigno.
Sepolta viva.
Questo le disse la mente i cui pensieri corsero in fretta. Non c’era tempo per dilungarsi in essi.
Rivide lui sorridente che le offriva il bicchiere pieno di frizzanti bollicine e l’ultima perfida carezza prima che perdesse i sensi.
Ancora viva per qualche attimo per farsi e fargli una promessa.
Il suo corpo nascosto sotto un cumulo di terra bagnata odorosa d’erba non ancora marcita, sarebbe stato cibo per i vermi, ma la sua energia avrebbe vissuto ancora e ancora. In ogni istante della vita di quel essere immondo che aveva creduto l’amasse, lei gli sarebbe rimasta accanto.
Per odiarlo.
Lui, avrebbe trovato ogni notte tracce di terra e saliva sulle sue lenzuola. Avrebbe sentito nelle orecchie il suo sospiro di morte.
In ogni momento del giorno lei era con lui. Un’ombra nera e fredda.
L’urlo che sentirono in strada i passanti, quella sera d’autunno inoltrato, mentre calpestavano le foglie gialle e accartocciate, immobili nell’aria senza vento, fu il suo grido di paura.
Un grido infinito che si portava dietro da mesi. Ora era uscito come una liberazione.
Per morire con lui.