L’Evocazione di Luigi Bonzanini

Una cappa soffocante di umida calura incombeva sulla città quando, verso mezzogiorno, un taxi si fermò davanti all’ingresso del Teatro comunale e ne fu visto scendere l’impresario Cavalier Ilario Delli Ponti. Costui, un amabile e distinto vegliardo dai capelli d’argento sempre perfettamente curati, entrò a passi spediti nell’androne oscuro che dava accesso ai locali della direzione. Non si sentiva affatto al meglio della sua forma abituale: stravolto dal caldo stagnate che gli toglieva il respiro, il Cavaliere sospirò ripensando alla settimana di piacevole quiete trascorsa in montagna e troppo presto interrotta da una telefonata del suo segretario, tale Maestro Ludovico Angustia, che lo aveva informato d’un improvviso sciopero dell’orchestra indetto con motivazioni piuttosto oscure e capziose. Mentre saliva le scale che portavano al suo ufficio, il Cavalier Delli Ponti provò interiormente un convulso moto di stizza verso quei musicisti bizzosi e sempre scontenti che lo avevano costretto a lasciare il suo eremo montano per tornare ad impegolarsi in interminabili diatribe con i delegati sindacali.

” Ma in fondo, che cosa pretendono?! ” grugnì, mentre il suo fastidio aumentava man mano che saliva le scale;

” Sono pagati profumatamente ed invece di pensare a studiare a fondo gli spartiti s’aggrappano ad ogni cavillo per avanzare sempre nuove pretese! La frusta ci vorrebbe! Proprio la frusta!… Se potessi fare a modo mio, in un paio di giorni saprei metterli in riga! Zitti e quieti li farei stare, e guai a chi sbaglia una nota!… “

Proprio in quell’attimo, dal corridoio davanti a lui sbucò fuori, pallido e trafelato il suo segretario Ludovico Angustia: era sulla quarantina, con un’aria mesta da sagrestano frustrato; dietro due spesse lenti da miope sbarrava di continuo gli occhi ogni volta che rivolgeva la parola a qualcuno. Quel giorno pareva addirittura più inquieto e spaurito del solito.

” Cavaliere!… ” esordì sollevato, vedendo arrivare il suo superiore; ” Cavaliere, meno male che lei è tornato! Qui succedono cose strane!… “

” Si calmi, Angustia! Si calmi e si ricomponga! ” lo rimproverò Delli Ponti in tono rude e sbrigativo; ” Che sarà mai successo di così grave per costringermi ad interrompere le ferie?! Spero che avrà delle spiegazioni più che valide se non vuole ritrovarsi a spasso! “

” Cavaliere, le assicuro che la faccenda è seria!… ” La voce di Angustia tremava un po’ a causa dell’ultima velata minaccia del Cavaliere;

” Sarebbe meglio che lei scendesse in teatro a constatare di persona… “

“E che ci sarà mai da constatare?…”

” I professori d’orchestra!…”

” Che hanno combinato?… “

” Niente!…Ma da iersera sono tutti là… “

” Là dove?!… “

” Nel golfo mistico!… “

” E che c’è di strano?!…Non è quello il loro posto?!… “

” Ma loro vi hanno passato tutta la notte!… “

Un guizzo di intuizione illuminò la mente non troppo brillante del Cavaliere; in tono scandalizzato esclamò: ” Dunque, hanno occupato il teatro!…Ma che cosa rivendicano? “

” Niente. “

” Come niente! Per niente non si occupa un teatro!… ” La voce del Cavaliere s’era fatta gracchiante per il fastidio come ogni volta che non riusciva a comprendere bene un problema, il che accadeva piuttosto spesso.

” Dicono che stanno aspettando qualcuno…Non ho capito bene chi. “

” I delegati!…Voglio parlare coi delegati! Dovranno spiegarmi! Io quelli li denuncio tutti!… ” Il Cavaliere ora sbraitava a tutto spiano proprio in faccia all’assistente che, in preda al marasma, s’era fatto cinereo.

” Bando alle chiacchiere, ” concluse Delli Ponti; ” entro mezzora voglio i delegati nel mio ufficio!…E non stia lì impalato, Angustia! Si muova, li cerchi!… ” Con un gesto brusco scostò lo sventurato maestro Angustia ed entrò nel suo ufficio privato sbattendo la porta nel richiuderla, come per dimostrare che lì il padrone era sempre lui.

Appena entrato nel vestibolo, si accorse subito che qualcosa non andava: apparentemente ogni cosa era al suo solito posto, ma nell’aria stagnava un terribile fetore di marcio. Si sarebbe detto che l’ufficio fosse stato invaso dai miasmi fetidi d’una palude. Disgustato, il Cavalier Delli Ponti tolse dal taschino della giacca un fazzoletto di seta e lo portò al naso usandolo come filtro. Dedusse che si trattava senza dubbio di un guasto all’impianto igienico e s’avviò verso la porta del suo studio; qui ebbe una nuova sgradita sorpresa perché s’avvide che l’uscio era socchiuso e, se il suo olfatto non lo tradiva, il tanfo micidiale proveniva proprio dall’interno.

Senza por tempo in mezzo, spalancò la porta ed entrò, dopodiché restò per un lungo minuto immobile sulla soglia, con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati, a fissare inebetito l’incredibile scena che si rivelò al suo sguardo e della quale non riusciva in alcun modo a capacitarsi.

Un uomo vecchio ed allampanato, una specie di vagabondo cencioso infagottato in un lercio pastrano grigio, se ne stava placidamente sdraiato sulla sua poltrona e russava sonoramente poggiando i piedi calzati con luride scarpacce spaiate sul piano della sua lussuosa scrivania di mogano.

Come un sonnambulo, il Cavalier Delli Ponti avanzò nella stanza e subito si rese conto che il fetore mefitico proveniva proprio da quel laido individuo che evidentemente da parecchi mesi aveva smesso di frequentare la vasca da bagno. Cercando di vincere lo sbigottimento e la repulsione, Delli Ponti si fece forza e, con una voce che gli suonò curiosamente stridula, gridò: ” Ehi, lei!… Senta un po’!… Ma si svegli, accidenti!… “

Lo straccione continuò a russare beato; evidentemente aveva il sonno duro.

” Senta, buon uomo!… ” Il tono del Cavaliere si fece ancora più stentoreo; ” Dico a lei!…Voglio sapere che cosa ci fa nel mio studio privato!… “

Lo sconosciuto si decise finalmente a socchiudere gli occhi; per un attimo levò su dal petto una faccia segaligna e scura con la fronte nascosta da una frangia di capelli grigi, sudici e talmente lunghi da arrivare oltre il bordo del colletto; fissò di sbieco il cavaliere e subito ripiombò nel suo sopore mugugnando: ” No me romper los cojones!… “

” Ma insomma,” strillò l’impresario esasperato; ” Chi diavolo è lei?!… ” Il vecchio sbarrò gli occhi di colpo e si mise a fissare l’impresario con uno sguardo di ghiaccio che dava i brividi tanto era saturo di malignità.

” Ohohh, buenos dìas, Don ilario!… ” Gracchiò in tono sfottente; ” Qué sorpresa tan agradable!… “

Delli Ponti, livido in volto e con le mani tremanti per l’agitazione, puntò un dito minaccioso verso l’intruso e, sforzandosi di dominare il nervosismo, gli intimò: ” Lei se ne deve andare! Questo è un ufficio privato. Se non se ne va da solo, sarò costretto a chiamare la questura!… “

” No digas tonterìas, Don Ilario!… “

” E la prego inoltre di rivolgersi a me in italiano!… “

” Perdón, Don Ilario!…Yo ablo poco poco tua lingua. Tu devi tener paciencia!… “

Sfiancato dalla tensione, Delli Ponti s’appoggiò al bracciolo d’una seggiola. ” Ma insomma, si può sapere chi è lei?… “

L’altro schiuse la bocca in un sorriso ripugnante, mostrando una chiostra di denti rotti: ” Yo soy Guedè, el nuevo secretario!.. .”

” Ma segretario di chi?!…”

” Ma de Don Andromalius, el nuevo empresario!… “

” Non dica idiozie! Qui c’è un solo impresario e sono io!…”

” Yo no soy mentiroso. Don Ilario, no te des tantos aires: ahora tú estás desocupado! “

Senza più preoccuparsi di reagire, Delli Ponti afferrò la cornetta del telefono che stava sul tavolo e prese a comporre sulla tastiera il numero d’emergenza della polizia. Di botto la mano gli si arrestò a metà del numero perché la cornetta non emetteva alcun suono; Delli Ponti ne trasse a sé il cavo e s’avvide che era stato troncato a metà. Ancora una volta rimase immobile e smarrito, senza sapere che fare. Poi, di colpo, batté con forza il pugno sul tavolo e strillò con la rabbia della disperazione: ” Fuori!…Vattene fuori! Lurido, sozzo farabutto!…Te ne devi andare!… “

Senza troppo scomporsi, il losco individuo si stiracchiò pigramente sulla poltrona, emise un rutto rumoroso ed infine, molto lentamente, si decise ad alzarsi mentre il vecchio impresario lo fissava strabuzzando gli occhi per la rabbia e la paura.

” Don Ilario, tú estás todo loco, pero yo soy amable e te lo agradezco mucho y espero volver a verte muy prónto! Me cago en tu madre!… ” Detto questo, lo straccione di nome Guedè raggiunse l’ampia finestra alle spalle del Cavaliere, la spalancò e con un balzo felino superò il balcone ritrovandosi ritto sul cornicione del palazzo, in mezzo ad una miriade di piccioni spaventati che subito spiccarono il volo nel Sole ardente che imperversava sulla piazza sottostante. Come in un incubo, Delli Ponti udì il disgraziato urlargli: ” Muchos saludos!!! “

Poi, con un’ultima smorfia, si gettò nel vuoto. Il Cavaliere si precipitò alla finestra in tempo per scorgere una strana esplosione di luce azzurra proprio sotto il cornicione; era sicuro che, sporgendosi un po’, avrebbe potuto vedere il cadavere spiaccicato sul lastricato trenta metri più sotto ma, con suo sommo sbalordimento, non vide assolutamente nulla: Guedè pareva essersi letteralmente volatilizzato nel cielo terso e senza nubi. Mezzo morto per lo spavento, Delli Ponti si scaraventò nel vestibolo in cerca d’aiuto perché sentiva d’essere prossimo ad uno svenimento; appena ne ebbe varcata la soglia, percepì qualcosa di grigio saettargli fra le gambe sfrecciando poi subito via sul pavimento. Il suo sguardo ansioso si fissò sulla moquette: una miriade di piccole sagome grigie zampettavano senza posa su di essa: erano topi; dozzine di grossi topi di fogna dai piccoli occhietti famelici che lo fissavano con odio. Spalancò urlando la porta che dava sul corridoio e cadde letteralmente fra le braccia del suo segretario Ludovico Angustia che proprio in quel momento stava per bussare.

” Per l’amor del Cielo, Angustia, salvami!…Qui l’inferno si sta scatenando!… “

Piuttosto perplesso, il segretario non seppe far di meglio che balbettare: ” Cavaliere, sono spiacente, ma i delegati sono irreperibili… Che debbo fare ora?… “

” Lascia perdere i delegati, imbecille, non vedi che siamo invasi dai topi!… E tu dov’eri poco fa, quando quel matto s’è gettato dalla mia finestra?!… “

La voce querula di Angustia tentò di placare il marasma dell’impresario: “Ma, veramente, qui non c’è nessun topo!… “

” Come no!  Guarda là dentro, fesso che non sei altro!… Sono dozzine!… ” Varcarono assieme la soglia del vestibolo, ma dei ratti non trovarono nemmeno l’ombra. L’impresario, in evidente stato confusionale, si lasciò cadere di peso su una seggiola.

” È tutta colpa di questo maledetto caldo!.. ” farfugliò provando una vaga vergogna per essersi lasciato andare al panico davanti al suo subalterno. ” Ho avuto una serie di allucinazioni incredibilmente reali!… C’era uno straccione che puzzava come una fogna e parlava in spagnolo: diceva delle scemenze senza capo ne coda; pensa un po’: secondo lui l’impresario non sarei più io ma un certo Andromando… Androcefalo!… “

” Andromalius!… ” lo corresse Angustia, sbarrando gli occhi come gli succedeva sempre quando era agitato. Delli Ponti lo fissò, colto da un’improvvisa apprensione: ” Ma tu come fai a sapere quel nome?…Lo conosci, forse?… “

” Stanotte, in teatro, i musicisti lo invocavano a gran voce!… Io me ne sono andato perché m’è parso che le cose prendessero una piega pericolosa ma mentre uscivo li ho sentiti gridare in coro quel nome: ANDROMALIUS!… ANDROMALIUS… le assicuro, Cavaliere: erano grida da far accapponare la pelle!… “

” Ma oltre a chiamare ‘sto Andromalius, che altro facevano? “

” Non so; li ho visti soltanto sedersi in cerchio sul palcoscenico vuoto ed iniziare a gridare e dimenarsi, poi sono subito uscito. Però, quando già scendevo lungo la scalinata dell’ingresso principale, m’è parso di sentire qualcosa di simile ad un rombo di tuono provenire dal palcoscenico ed anche delle urla rauche, diverse dalle altre… Parevano i ruggiti di una belva. “

” Tutte scemenze!… ” lo interruppe Delli Ponti, che s’era un po’ calmato e già stava riacquistando l’abituale alterigia; ” Pure tu sei stato vittima del caldo!… In quanto a quei quattro cialtroni strimpellatori, ora vado giù io e gli faccio passare per sempre la voglia di fare le ammucchiate notturne nel mio teatro! “

Quando, circa venti minuti dopo, l’impresario Delli Ponti giunse in teatro e, attraversato il foyer a passi spediti, varcò la porta della platea la trovò immersa in una fitta oscurità. Soltanto le luci di due piccoli fari illuminavano il palcoscenico dove qualcuno con della vernice nera aveva disegnato sull’impiantito un’enorme stella a cinque punte al centro della quale era stato issato un grosso palo di legno circondato da fascine di rami secchi. Inoltre, dalle profondità del golfo mistico saliva il velato riverbero livido delle lampade elettriche che illuminavano i leggii degli strumentisti. In un silenzio di tomba, l’impresario avanzò fino al parapetto della grande fossa orchestrale e quando guardò giù, ancora una volta si convinse di essere in preda a un’allucinazione dei suoi nervi stressati: vide infatti i musicisti dell’orchestra, ognuno disciplinatamente seduto al suo posto, ma tutti assolutamente immobili e muti, con i volti pallidi e segnati dalla fatica della veglia, come colti da un incantesimo improvviso che li avesse pietrificati. Tentò di farsi notare ostentando qualche colpo di tosse, ma nessun volto si levò verso di lui ed il silenzio continuò a regnare glaciale. Non potendo ormai più tirarsi indietro, decise allora di giocare tutte le sue carte. Con tutta l’autorità che riuscì a trovare nel suo animo già scosso da troppe emozioni, esordì: ” Dunque, ci siete riusciti: avete fatto la vostra bravata!… Ed io che mi illudevo di avere a che fare con dei professionisti seri! Spero saprete fornirmi almeno delle spiegazioni convincenti prima di costringermi a licenziarvi tutti in blocco. Col vostro gesto insensato avete infangato il prestigio del nostro amato teatro ed ora…”

Proprio in quell’attimo, fra le luci spettrali dei leggii, un ignoto musicista s’alzò in piedi e lo apostrofò con una voce resa aspra dal rancore: ” Tu!…Tu solo hai infangato il prestigio del teatro!… “

Colto di sorpresa, Delli Ponti non riuscì a trovare una replica efficace; si limitò a balbettare: ” Come puoi dire questo! Senza di me non siete niente!… Io vi conosco tutti, così come conosco la vostra mediocrità: non valete uno zero! Siete vecchi ed imbolsiti. Dovreste essermi grati se, nonostante tutto, vi concedo ancora di guadagnarvi il pane che non meritate!… “

Su dall’orchestra si levò un mormorio di protesta; qualcuno, dal fondo, si levò a gridare: “Affamatore!… Schiavista!…”

Il musicista riuscì a ripristinare il silenzio, quindi si rivolse nuovamente all’impresario in tono duro e sferzante: ” Per cinque lustri siamo stati amministrati da molti impresari del tuo stampo: gente senza scrupoli che ci ha sfruttato fino all’osso, mortificando ogni nostra attesa musicale, condannandoci senza riguardi a macerarci nella noia infinita di insulse opere sconosciute, lasciandoci umiliare da direttori arroganti ed incapaci, mandandoci allo sbaraglio in concerti preparati troppo in fretta. Fra tutti costoro, tu sei stato comunque il peggiore! Con la tua becera dittatura, con la tua incapacità congenita e la tua totale ignoranza di cose musicali, sei riuscito là dove gli altri avevano fallito: per colpa tua, il teatro in cui per vent’anni abbiamo lavorato è ormai al limite del fallimento. Stando così le cose, stanotte abbiamo provveduto a contattare un nuovo impresario che ci ha garantito di riportare il teatro ai fasti d’un tempo e per quel che ci riguarda tu non rappresenti più niente. Sei finito! Non potrai fare altri danni!… “

A questo punto, vedendosi scoperto, Delli Ponti decise di tentare il gioco duro: sbottò dapprima in una risata plateale e poi, con velenoso sarcasmo, chiese: ” E dove lo troverete un altro impresario che si prenda la briga di badare a questo schifo di teatro di provincia?!… Dove sta, che lo voglio conoscere, questo paladino degli oppressi?!… “

Senza scomporsi, l’orchestrale gli rispose: ” Sta proprio dietro di te; voltati e vedrai Andromalius, giunto qui dalla contrada chiamata Gheenna; Signore di 99 Legioni e responsabile musicale della Regione Infera. Sarà lui il nostro nuovo impresario! “

Perplesso, il Cavaliere sentì dietro di sé dei passi felpati che s’avvicinavano mentre dal fondo della buia platea una voce bassa e roca salmodiava dei versi enigmatici: ” È furiosa la figlia di Anu, è furiosa! Su dalle forre della Notte si leva il suo clamore! In nome dell’Oscurità io sono venuto a voi; io, l’Angelo Nero della cupa melodia! 666 è il mio numero. Nelle profondità dell’abisso sono 666. Obbedite alle Tenebre!… Io sono 666… “

Come soggiogato da una formidabile forza magnetica, il Cavalier Delli Ponti non poté fare a meno di voltarsi e si trovò dinanzi un uomo alto e pallido ravvolto in un ampio mantello nero. Andromalius gli pose entrambe le mani sulle spalle e l’ex impresario si ritrovò suo malgrado in ginocchio davanti a quell’essere di cui non osava sostenere lo sguardo. La voce sussurrante del demone gli chiese: ” Sei pronto per il sacrificio?… “

Prossimo ormai ad un collasso nervoso, con le guance rigate da lacrime di disperazione, Delli Ponti riuscì appena a mormorare: ” Quale sacrificio?…Io non capisco!…Per piacere, non fatemi del male!… “

” I musicisti mi hanno evocato, ma perché io possa compiere la mia opera a loro favore è necessario un sacrificio umano; questa è la legge antica! Loro hanno designato te come vittima predestinata!… “

Non vi fu risposta perché a questo punto il Cavalier Delli Ponti era già crollato con la faccia a terra privo di sensi. Alcuni musicisti salirono in platea e provvidero a trasportarlo sul palcoscenico dove fu legato saldamente al palo dentro il pentacolo e ricoperto con fascine di rami secchi. Subito dopo arrivò qualcuno con una scatola di fiammiferi ed una tanica di benzina.

*

Recentemente ho assistito ad alcune rappresentazioni liriche veramente grandiose al vecchio Teatro Comunale. Non c’è che dire; da quando la gestione è cambiata, la qualità degli spettacoli è migliorata in modo sbalorditivo.

Se non ricordo male, la prima serata della stagione autunnale è stata inaugurata col Mefistofele di Boito: una vera apoteosi.