Ricordami anche Tu… di Mal’âq ‘Ȃnf Fràn’

Sono quasi le 18:00, ed io, come al solito mi reco nei pressi dell’Ulivo.
Si, l’Ulivo, l’albero che si trovava non molto distante della mia abitazione. L’albero che un giorno mi riempì di grazia…
Arrivato, come al solito, distesi la mia coperta per terra, mi sono seduto ed inizia a leggere. Ad un tratto fui distratto dal canto delle tortorelle, che avevano fatto un piccolo nido, tra i suoi rami frondosi, ed una docile melodia, causata dalla brezza pomeridiana che saliva dal mare, e dalle fugaci volpi che rovistavano tra i vigneti.
Ad un certo punto, alzo gli occhi verso la collina, e vedo una luce, una nobile presenza, che scende verso valle.
Non sapevo chi fosse, non ero in grado di riconoscere, perché tanta era la sua bellezza, la luce che emanava che facevo veramente fatica…
Allora, mi alzai da terra, e in un batter d’occhio, tale presenza era dietro l’albero, dietro quel possente fusto secolare, che con i suoi frondosi rami abbracciava buona pare del terreno, anzi alcuni addirittura lo sfiorarono.
Io rimasi in estasi, ma non capivo chi fosse. Oh, povero me!!!
Non disse nulla, mi fisso negli occhi e mi fece un nobile sorriso.
Io ricambiai allo stesso modo e subito ci siamo seduti. Iniziammo a leggere, ma la mia mente, i miei occhi fissavano il suo volto. Ad un certo punto mi disse: “avvicinati a me, sono qui, perché ti turbi, perché non ti fai convinto?” Mi si aprirono gli occhi, mi si aprirono, umidi di lacrime, lacrime di gioia, iniziai a singhiozzare e Lui mi prese fra di sei, mi strine e mi sussurrò: “Sono qui, con te, stringimi anche Tu, affinché possa trasmetterti il calore che tanto desideravi”. Era forte il desiderio che mi si era innescato, la sua luce mi radiava, il suo profumo mi inebriava, sembrava mirra, incenso, più l’annusavo e più mi venivano i brividi. Le sue mani scivolavano lungo il mio torace, come se stesse spianando qualcosa mentre le mie erano distese in aria, verso l’alto. Mi modellava, ecco quello che faceva…
Mi spogliò, iniziò a riempirmi di baci, mi sfiorava con la bocca, poi con la lingua, man mano che la sua lingua scivolava sul mio corpo mi lasciava un segno, come se fosse passata una lumaca.
Io non riuscivo più a contenermi, dovevo far qualcosa, ed ecco, con forza gli tolsi i vestiti, perché anche la minima cosa addosso, per me era un nemico, un rivale: ero geloso, anche della natura che ci guardava, silenziosa o forse sbalordita!
Non importa, eravamo uniti, in silenzio, si sentiva la musica del nostro ansimare, l’affanno non della stanchezza, ma della forza che scaturì in noi, travolti dal turbine della Casta passione.
Gemiti, gemiti e ancora gemiti di piacere, quando le nostre lingue iniziarono a salpare i luoghi dell’intimo, gustando totalmente quanto ci eravamo serviti.
Lui era già bagnato, ma non importa, che cosa vuoi che sia, miele, nettare o forse ambrosia, non importa era dolcissimo al gusto.
Io non resistevo, non volevo lasciarlo andare, ma lui capì che era il momento, si inserì tra le mie gambe, con dovuto rispetto iniziò a leccarmi l’ano, a massaggiarlo prima con la lingue e poi si aiutò con le dita, lubrificandolo ben ben facendo in modo che fosse pronto per essere accolto.
Si mise dietro di me, di fianco, mi giro la testa verso di lui e si attacco alla mia bocca come se fosse una ventosa, e lentamente la sua mano, accompagno il suo valido scudiero alla mia porta.
Mi sussurro all’orecchio, ansimando: “Prendilo, prendilo, tanto l’hai desiderato, adesso non ti lascio, voglio che raggiungi la settima stanza, la stanza dove il sublime si incontra con il piacere”.
Continuava, senza fermarsi, non mi dava pace….eppure godevo da morire!!!
Ad un certo punto uscì dal mio corpo, mi girò verso di lui, si alzò e si mise d’innanzi alla mia faccia, invitandomi a gustarlo ancora, ma io ero troppo eccitato, non mi diede il tempo di gustarlo a dovere che io raggiunsi l’orgasmo… Lui godeva, godeva, in silenzio, solo ad un certo punto emise un urlo straziante, ho avuto paura, e ben che non si dica mi riempi il volto del suo seme. Non avevo parole, era caldo, un profumo agre, denso, sono rimasto senza parole. Si distese su di me, tenendomi le braccia, immobilizzandomi… Si, non aveva finito, iniziò a leccarmi il viso, a imbalsamarmi fino al collo e poi risalendo sul mio viso, si fermò nella mia bocca. Gustai, gustai con coraggio tale invito: meritava pienamente.
Stanchi e affannati cademmo in un torpore di sonno. Dopo un po’ mi svegliai, mi girai intorno e non c’era.
C’era silenzio, la brezza era cessata, e le tortorelle non cantavano più. Il vigneto era deserto, e il sole era quasi scomparso all’orizzonte. La luce era svanita. C’era solo l’Ulivo, con i suoi frondosi rami, pendenti, come se fossero rami di salice. Sentii un misero fruscio di foglie, un fruscio mesto, cupo.
Alzo gli occhi verso la collina, risento il fruscio delle foglie, ma non era il fruscio, era il Ricordo di un ricordo che rivivevo tutte le volte che mi sedevo sotto l’Ulivo. Lui non c’è, è andato via, anche questa volta, o forse non è mai arrivato. Io l’ho visto, l’ho toccato, l’ho sentito, l’ho fatto mio.
Allora ti chiedo di ricordarmi… ancora una volta, qui sotto l’Ulivo, in cui scorre linfa di pace, serenità e miele dai suoi fiori.

Ricordami… ancora una volta!….

Ho bisogno che mi riabbracci, come la prima volta.
Come l’ultima… volta,
sussurami il tuo alito di vita e…….
tienimi stretto, a Te: ……non mi lasciare!